venerdì 14 ottobre 2011

tutto questo finirà: sì, no, forse



So di averlo scritto solo pochi giorni fa. “Qualcosa è cambiato”; ma il quid è proprio in quel “qualcosa”. Che purtroppo non è tutto, non è subito, non è definitivamente.

Stamattina, poco prima di alzarmi, ho appoggiato le mani su di me, poco sopra la pancia; e sentire ancora in evidenza le costole mi ha dato un sottile senso di piacere. Così come quando, ieri mattina, la commessa del negozio nonostante il vestitino aderente che stavo provando non si era accorta che fossimo in due.

Inutile fingere: come mi ha detto la dottoressa T., con un misto di preoccupazione  e smarrimento, in fin dei conti il mio pensiero è che, una volta partorito, possa tornare quella di prima. Sottopeso. Soprattutto, la mia preoccupazione attuale è la speranza che il senso di fame che provo adesso svanisca come per miracolo. Zot! Di nuovo capace di ignorare mugugni di stomaco e di mangiare decentemente una volta al giorno (perché si può, vero?!).

Certo, sarebbe una bella favola poter mangiare come adesso, fare meno movimento di quanto facessi prima, e pesare quanto prima. Ma nemmeno Olivia di Braccio di Ferro ci riuscirebbe (tanto che, in effetti, l’avete mai vista mangiare? Non dico uno degli hamburger di Poldo, ma neanche un barattolo dei portentosi spinaci). Intendiamoci, lo scrivo con una soddisfazione a tratti vestita di sensi di colpa per la piccolina: non che adesso riesca a mangiare quanto sarebbe adeguato, neppure per una persona “singola”, ma certo è più – anzi, molto più – di quanto mangiassi prima.

E, soprattutto, forse (questo sì, lo ammetto) sono più frequenti i momenti in cui sono moderatamente serena sedendomi a tavola o – ebbene, ammetto pure questo – ora esistono esperienze prima inconcepibili come decidere di entrare in una gelateria da sola e uscirne con un cono. Alle creme, ovviamente: perché se bisogna trasgredire meglio farlo fino in fondo.

Difficile da scrivere; difficile da capire persino per me che lo vivo. Eppure ci sono una serie infinita di contraddizioni evidenti e marcate che nella logica normale sono inconcepibili e che anche io, se mi ci fermo un attimo, riconosco come modi di agire idioti. Ma sono così, e come i  pensieri non si possono controllare: esistono e basta. Come l’irrefrenabile desiderio di dolci che, adesso, mi sto concedendo con una certa frequenza sostituendoli (cosa che, comunque, faccio sempre) a un più sano e meno calorico piatto di pasta (ma davvero la gente la mangia anche ogni giorno?? Non bastano 30 grammi, massimo 35, una volta al mese?).

Non ci sono parole per spiegare quanto mi senta in colpa per quello/quanto sto mangiando e quanto, al contempo, ne sia felice/soddisfatta: è come riscoprire gusti che non conoscevo più, cibi che neanche ricordavo esistessero, sapori di cui mi ero completamente scordata e che fatico a individuare. E’ come essere tornata bambina: la Nutella abbondantemente spalmata sulle fette biscottate (integrali, però!), i biscottini con il cioccolato, quelli più light (ma comunque penzi) allo yogurt, persino il succo di frutta alla pesca, vero tuffo nei pomeriggi dell’infanzia. Ma è come un sogno, che credo (spero?) si interromperà allo scadere dei nove mesi. Da un lato non vedo l’ora che accada, dall’altro vorrei che questo “Paese di bengodi” si prolungasse all’infinito.

Dipende solo da me, dite? Già, è vero: ma vi pare poco?

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