lunedì 17 ottobre 2011

secondo post: aiutatemi, vi prego, a capire



Lo so: non si è capito molto del cortocircuito di ieri. Con gran presunzione immagino ci sia qualcuno che sta leggendo o leggerà il mio blog quindi, con un sentimento che dalla presunzione scivola verso il delirio di onnipotenza, fingerò di essere il Papa parlando al plurale: rivolgendomi cioè ai fantomatici lettori per aiutarmi a capire.

Perché, giuro, non ho capito cosa/dove ho sbagliato.

Tra ieri e stanotte ho meditato di chiudere il blog perché il primo pensiero è stato di aver fatto male ad aprirlo. In questo poco tempo, se tante sono state le voci divertite che mi hanno spronata a continuare, altre sono state pugnalate, vere stilettate al cuore che mi hanno tanto ferita perchè provenienti da persone molto care e, soprattutto, che non credevo potessero reagire in questo modo dato che conoscono me e la mia vita da anni (decenni, in realtà).

Ma poi ho deciso di continuare: come ho imparato nel tempo, se una cosa ti fa stare bene è giusto proseguirla. E il blog mi ha fatto riscoprire quanto mi piaccia scrivere.

Allora ho pensato di scusarmi pubblicamente con chi si è risentito. Ma anche in questo caso non mi è parsa una grande idea. Sono stata accusata di egoismo, di considerarmi al centro del mondo.  Con il rischio di sembrare supponente, dico: stupidaggini. Il blog è mio, è come un diario personale che ho deciso di condividere con gli altri. Sono io che lo scrivo ed è ovvio, naturale, incontestabile che ne sia la protagonista con i miei pensieri, sentimenti ed emozioni.

D’altro canto il blog nasce da un desiderio: smetterla di fingere. L’unica a SPiazzarsi (ma il termine più adeguato sarebbe un altro, che inizia con le medesime due lettere) sono io, che ho deciso di raccontare il mio disturbo alimentare (ecco: l’ho scritto apertamente) non per farmi compatire ma perché sono stufa di nascondere una parte così importante e invadente di me, che ha plasmato il mio modo d’essere al punto da non essere più in grado di distinguerlo dalla vera “ragazza con i calzettoni”: una ragazza che, ora, sta diventando mamma ed è incredibilmente spaventata da questa esperienza e dalla piega (in quotidiano aggiornamento) che sta prendendo il disturbo.

Perché quindi, ditemi, se sono i miei pensieri quelli che scrivo devo sentirmi sotto accusa?

Ma soprattutto: perché devo sentirmi sotto accusa se non conosco i pensieri degli altri?

Oltre al desiderio di outing, il blog nasce infatti anche dallo smarrimento che, ultimamente, provo di fronte a certe situazioni. Sono al centro dell’universo? Forse è vero: ma lo siamo tutti e nessuno. Provate a pensare quante volte vi aprite con gli amici: siamo delle isole, delle barche che navigano in solitaria ma che pretendono l’appoggio e la comprensione altrui. Come possiamo sapere se gli altri si offendono, risentono o intristiscono per certe parole se non si raccontano? Siamo tutti manchevoli di qualcosa verso gli amici perché diamo per scontato che sappiano cosa stiamo vivendo e soprattutto come lo stiamo vivendo: senza, però, avere il coraggio di confessarci.

Che sia egocentrica forse è vero: perché se esco con amici/amiche, sento il bisogno di andar oltre all’ultimo gossip sul matto di turno o sul commento alla soap preferita riempiendo certi silenzi della conversazione raccontandomi. E’ una cosa che faccio da poco e di cui, tendenzialmente, mi pento subito dopo: perché temo di essermi esposta troppo. Sbaglierò, ma concepisco l’amicizia come un do ut des: certo, non si può forzare nessuno ad aprirsi, ma se io lo faccio è per fiducia nell’altro e vedere che l’altro non ricambia… beh, per me significa che non ha pari fiducia in me. E poi, magari non sempre, magari non come gli altri si aspetterebbero: ma in genere cerco di capire le motivazioni altrui, di giustificare certi comportamenti che interpreto come torti nei miei confronti; e raramente scopro che gli altri stanno facendo lo stesso con me.

Terza cosa cui ho pensato ieri (dopo mollo, giuro!). Da qualche tempo sto pensando di scrivere, di scrivere seriamente, sempre su un aspetto autobiografico: e mi chiedo cosa succederebbe in quel caso. Prendiamo sempre come esempio i libri di mamme blogger. Raramente vi ho letto i nomi dei personaggi che ruotano attorno alla protagonista ma sicuramente le persone coinvolte si riconoscono nelle descrizioni: come fanno le scrittrici a proseguire la loro quotidianità? Cambiano città a ogni libro, a ogni post che pubblicano?

Se agli altri pensieri scatenati dal turbine emotivo di ieri ho trovato una riposta, a questo ancora no.
E quindi il mio manoscritto è ancora fermo alle prime pagine.


Nessun commento:

Posta un commento