domenica 8 dicembre 2019

bilancio


In questi mesi, le rare volte in cui ho scritto mi sono dedicata alla memoria di quella fantastica esperienza che è stata Londra e nemmeno sono riuscita a concludere il racconto.
Qualche giorno fa ho pensato che forse sarebbe più interessante e utile per me narrare il presente: più utile in nome di quella sorta di psicoanalisi che diventa la scrittura.
E così eccomi qui, alle 5.28 di un lunedì mattina, a riprendere i fili di questo periodo. Impossibile restare a dormire ancora, sul divano, in mezzo a un gatto nero e due bimbe di cui una ha inondato il letto proprio e quello della sorella in una scena tipo esorcista. E poi ci si è messa pure l'altra: dopo, però, essersi ricordata di non aver studiato per la verifica di inglese di oggi. Ecco, siccome è già capitato che dicesse di aver mal di pancia per prendersi una pausa poi individuata come tale, stanotte non le ho creduto subito, finchè non ho dovuto metterle davanti al volo una bacinella.
Insomma, una delle difficoltà del periodo è data dalla scuola e tutto l'ambaradan pomeridiano per conciliare compiti e attività che, obiettivamente, sono tante. Si comincia il lunedì con hip hop per la Princi, che martedì ha mezz'ora di teoria dopo che la Pulci ha ginnastica. Mercoledì la Princi ha chitarra, giovedì di nuovo ginnastica per la Pulci, venerdì altro hip hop e domenica mattina catechismo più Messa.
Personalmente sto sclerando: mi sembra di essere impegnata solo nel fare e disfare zainetti. Comprensibile che la pressione sia tanta per la Princi che, però, non ha ancora capito quanto più facile e veloce sarebbe se si concentrasse nel fare i compiti proprio come sembra fare a scuola. Dove, hanno detto le maestre, è molto brava, scrupolosa, educata. Forse troppo. Confesso di averla esortata, qualche giorno fa a esserlo meno in aula e più a casa, dove da qualche tempo sembra dominata da una sindrome premestruale ininterrotta che l'ha trasformata anzitempo in una cocciuta, scorbutica, maleducata e mai appagata adolescente. Come spiegare, poi, il brivido che mi ha percorso la schiena alle parole delle maestre? Ho ipotizzato che fossero le stesse lodi che si sentiva rivolgere mia mamma ai colloqui e ho tremato al pensiero di quanto mi sia costato dopo e, soprattutto, del fatto che questa sconfinata bravura a un certo punto, ancora non individuato, si sia inceppata facendomi diventare ciò che sono: una fallita, percezione che purtroppo non è ristretta a questo momento. Terrore che accada anche a lei; anche a loro.
La Pulci, dal canto suo, sta cercando pure lei ossessive attenzioni impegnandosi per imparare a scrivere con una serietà che fortunatamente dura meno di un'ora a tentativo mentre, anche per lei, sarebbe più auspicabile un miglioramento nei rapporti umani. Quale stupore ho provato al colloquio con le maestre, convinta che mi dicessero quanto sia brava con la mia replica “ma a casa non è proprio così” mentre invece mi hanno parlato della sua incapacità a verbalizzare le difficoltà nei rapporti con le compagne che riversa poi in disegni mal colorati!? Lei, che sembra tanto forte caratterialmente e che spesso pensiamo si stia forgiando nel continuo confronto/scontro con la sorella diventa invece la più remissiva e timida delle bambine in contesti esterni.
Dal canto mio, negli ultimi mesi mi sento totalmente inadeguata. Non riesco più a giocare con loro e penso a quanto fosse più semplice quando me le tenevo attaccate, sul divano, a leggere libri su libri. Talvolta mi chiedo che esempio sto dando con il mio comportamento, ben più incisivo di tante parole: sicuramente non è positivo vedere l'affanno in cui verso fra orari di lavoro pittoreschi, tentativi falliti di pulire casa, spesa, un ritaglio personale consistente nell'ora di palestra e occhiaie persistenti. E, soprattutto, con la costante altalena di sensazioni di non fare abbastanza per loro o non fare abbastanza per me.
Molte sarebbero le cose da aggiustare: ci vuole pazienza, voglia, ci vuole coraggio. E invece mi sento piuttosto provata da un anno che non ci ha risparmiato sotto vari punti di vista.
Ma, continuo a ripetermi per crederci davvero: era un anno dispari, e a me gli anni dispari non piacciono.

lunedì 21 ottobre 2019

Londra 3: l'olfatto

Una… nave di fish & chips da Bubba Gump
Quando ho chiesto aiuto a Lui, Princi e Pulci sugli odori di Londra la risposta è stata in coro: “PATATINE FRITTE”. Inutile dire che ne abbiamo abusato negli undici giorni trascorsi all'ombra del Big Ben (che, ndr, era in fase di restauro). Praticamente accompagnavano ogni piatto che abbiamo preso, anche perchè – amettiamolo – abbiamo usufruito soprattutto delle grandi catene nel vano tentativo di salvaguardare il portafoglio: da Pizza Hut a Five guys, da Honest Burger a Bubba Gump. Però, nonostante fossimo anche stufi di vederle, ogni volta che erano nel piatto le abbiamo finite.
Fra gli odori, la Pulci ha menzionato pure quello di KETCHUP che lei percepiva nel panino che mangiava a colazione, riempiendolo di bacon: l'olfatto forse fingeva ciò che lei desiderava, per cui l'odore di ketchup non è accreditato seppur fosse possibile che magari aleggiasse nell'aria vista l'accoppiata dolce-salato che animava il buffet della colazione, il buffet più spaventosamente ricco di quelli visti finora. Nella hall dell'Holiday Inn di Hammersmith (l'albergo in cui abbiamo alloggiato fra i due week end trascorsi da casa degli zii A & J) così come in quella dell'Holiday Inn di Stanstead dove abbiamo passato l'ultima notte su suolo britannico, la tavola si apriva con la fiera del colesterolo: bacon, uova strapazzate talmente rassodate da poterci giocare a baseball, salsicce, fagioli.
Un caramel macchiato pomeridiano da Starbucks
Poi tutto il reparto dolce, con mini muffin di due tipi, croissant, pane bianco e integrale da scaldare nel forno elettrico e farcire con marmellate, nutella, miele, burro, margarina..., frutta, succhi di frutta, cereali, porridge da preparare nel microonde, macchina del caffè/tè/cioccolata da selezionare in autonomia e una splendida vetrina con yogurt al cucchiaio e salsa di frutti di bosco, senza dubbio il mio preferito. Personalmente, dopo tale colazione saltavo il pranzo mentre gli altri spesso si sono accontentati di una pizza al volo o simili mangiati comunque alle due di pomeriggio. Una delle nostre attività preferite era poi sbirciare nei piatti e nei tavoli altrui per vedere cosa consumassero: e siamo rimasti impressionati dalla Lady di mezza età accompagnata dalla figlia e da me subito ribattezzata Signora fagiolo perchè con il croissant faceva la zuppetta nella salsa di fagioli...NO COMMENT
Squirrel di Regent's Park
Secondo Lui uno degli odori più penetranti era quello dello SMOG. Sarà che mi piacciono le grandi metropoli, ma non l'ho percepito così forte, forse completamente intontita dallo stesso inquinamento o piuttosto dalla passione per Londra e dall'estasi per questa vacanza. In verità credo che a contrastarlo contribuiscano i numerosi e rigogliosi parchi che punteggiano ogni quartiere: curati come non mai, adatti a famiglie, bambini e pic nic, a dispetto delle ordinanze anti bivacco di cui si sente parlare in Italia. Alcuni di questi, ci spiegava un'amica, sono privati nel senso che appartengono a tutti i residenti dei palazzi che circondano il parco stesso, aperto in alcuni casi una volta all'anno per una manifestazione simili a Giardini Aperti.
Dulcis in fundo, un odore non percepito: quello di SUDORE. Era pieno agosto ma con i 22° di media quotidiani impossibile sentire spiacevoli scie o vedere ascelle pezzate, a meno che non fossero quelle degli artisti di strada sul lungo Tamigi. Un punto a favore per il frescolino britannico a cui, tuttavia, continuo a preferire la calura estiva italiana.

venerdì 6 settembre 2019

Londra 2: il tatto

Oggi non sarebbe il giorno adatto per scrivere.
O meglio: vista la mia odierna insofferenza verso le bimbe, la fatica fatta per ignorare i loro capricci, per fingere di non sentire i continui «Mamma, giochi con noi?/Mammaaaa, la Pulci mi fa questo/Mammaaaa, la Princi mi fa quest'altro»...
Non mi sono mai sentita chiamare tanto come in questo periodo: sarà che al lavoro ultimamente gli orari sono densi e un po' astrusi, motivo per cui le belve si sentono trascurate (giustamente? ingiustamente?) facendo impennare il senso di colpa mentre io sono più stanca e quindi irritabile. Valori proporzionali.
Eppure se non scrivo oggi, giorata di mammitudine sotto i tacchi, chissà quando lo potrò fare; quindi, proseguendo il resonconto del viaggio a Londra passiamo al prossimo senso.

IL TATTO
  • Partiamo dicendo che tutto ciò che le belve potevano toccare lo hanno toccato, anche ciò che sarebbe stato meglio evitare: per esempio, un giorno la Pulci ha avuto la superba idea di strisciare la parete della stazione del metrò ritraendone una mano color carbone che avrebbe necessitato qualche giorno di quarantena. La cosa è invece stata risolta in perfetto stile mamma londinese-easy con una salvietta umidificata accompagnata (in perfetto stile mamma italiana) a un roboante «Macosatièvenutoinmente??????».
    Touchscreen al British Museum
  • Cose da toccare a Londra ce ne sono parecchie, soprattutto nei musei: ed è uno splendido modo di attirare le famiglie (diciamo la verità: incentivate sopratutto dall'ingresso gratuito) e catturare l'attenzione dei più piccoli. Le esperienze tattili abbondano al Science Museum (www.sciencemuseum.org.uk), adatto anche a non vedenti e ipovedenti per la possibilità di toccare e cercare di riconoscere vari campioni di materiale appesi alla parete. Non mancano, accanto a questo esperimento sensoriale (reso difficile forse dalla nostra incapacità di toccare senza osservare), numerosi giochi che pensati per stimolare la consapevolezza ecologica: fatto piuttosto curioso in una città che non conosce ancora la raccolta differenziata. Giochi educativi come touch screen o educatori del museo che propongono mini laboratori (anche in lingue diverse dall'inglese) si trovano al Natural History Museum (www.nhm.ac.uk) dove però l'esperienza più sbalorditiva per i bimbi rimane il tirannosauro che si muove e “ruggisce”.
    Il vulcano spiegato ai bambini
    Al British Museum (www.britishmuseum.org) parecchio tempo lo abbiamo invece trascorso davanti a un maxi schermo su cui ruotare, “sezionare” e spogliare della pelle la
    mummia sistemata nella vetrina poco distante: e credo purtroppo che l'originale si stato notato da pochi dei bambini che si prendevano a pugni per monopolizzare il touch screen. Un post a parte lo meriterebbe l'esperienza multisensoriale (che ha terrorizzato la Princi) proposta dal Natural History Museum: in una stanza è stato ricostruito un negozio giapponese dper far rivivere i tragici momenti di un terremoto attraverso le immagini reali trasmesse in loop dagli schermi posizionati all'interno di questo “bunker” insieme ai rumori e al rullio del pavimento.
    Un morbidoso compagno di viaggio

  • Un'esperienza tattile particolare e morbidosa l'abbiamo provata il penultimo giorno, quando insieme agli zii siamo andati a Little Venice e Camden Town partendo però dalla visita alla stazione di Paddington: qui, a parte la panchina lungo il binario su cui è riprodotto il ritratto dell'orso alle prese con l'immancabile panino alla marmellata, si trova una statua di vellutino azzurro che è stata una delle esperienze più apprezzate dalla Pulci per la sua morbidezza. Da provare!
    Gatto che viaggia con Amazon
  • Esperienze tattili più personali sono state quelle vissute in famiglia: la soffice moquette delle camere nella casa degli zii A & J (dove abbiamo trascorso i week end); gli “hugs” frequentemente scambiati con gli zii; il contatto fra i piedi nudi e l'erba di St. James' Park e Regent's Park, il lungo pelo nero di Mally, la/il gatta/o che sbuca di tanto in tanto nel giardinetto degli zii per elemosinare qualche crocchetta in cambio di fusa: e in quei giorni, di crocchette e coccole ne ha avute in abbondanza data anche l'astinenza da mici di cui tutti e quattro abbiamo sofferto. Ma pure le belve hanno avuto una buona dose di solletico, giochi, baci e abbracci: ne hanno fatto una scorta che spero possa essere di conforto in queste settimane di rientro alla normalità.

sabato 24 agosto 2019

Londra 1: la vista

Alla faccia del bagaglio a mano
L'avevamo attesa da mesi, ne avevamo fantasticato per settimane e ora la vacanza a Londra è già un ricordo. Una settimana fa a quest'ora stavamo per approdare alla stazione di Paddington e di lì a Little Venice. Sono stati undici giorni che rimarranno, in forma di frammenti, nei ricordi adulti della Princi e della Pulci. E la prima è a posto per almeno tre anni quanto a spunti per formulare pensierini per la scuola.
È stata una vacanza che voglio raccontare usando i cinque sensi; ma è soprattutto stata una vacanza di emozioni, scoperte e novità. Lo sono tutte le vacanze, è vero: ma le emozioni, le scoperte e le novità hanno riguardato la famiglia, permettendomi di rinsaldare, rinverdire, sperimentare una sorellanza che si è cementata di pari passo con il cementarsi e l'azzuffarsi della sorellanza fra le due belve. 

Ci pensavo oggi camminando da sola: è giusto che imponiamo loro di scegliere al ristorante un piatto che vada bene a entrambe, di accordarsi su quale bibita ordinare al bar o di scambiarsi i vestiti perchè tanto vestono la stessa taglia e non riesco a ricordare di chi sia la maglietta che ho preso nell'armadio? Giusto non so, normale credo di sì; per noi è la regola: condividere. E oggi, alla mia veneranda età, con le esperienze vissute, so che avrei voluto e che mi avrebbe fatto un gran bene avere sempre con me qualcuno con cui condividere il panino, la casa di Barbie, le difficoltà, i momenti gioiosi.
Ma sto divagando e vista la quantità di cose che vorrei scrivere le divagazioni sono pericolose. Non escludo di dedicare a Londra (con annessi e connessi sentimenti e commenti) diversi post.
Iniziamo dalla VISTA
  • Andando e tornando da Londra ho visto in aeroporto adulti, bambini, anziani muoversi fra check in e terminal con la stessa sicura determinazione con cui una casalinga ormai giunta alla cassa si infila senza incertezze nella corsia del supermercato dove con gesto consapevole afferra il barattolo di maionese (ndr: ho scritto casalinga solo perchè statisticamente è la persona che meglio si districa nelle liste della spesa).
  • Nella tube
    Ho visto metropolitane rigurgitanti allargarsi per permettere agli ultimi ritardatari di “squish in it” come ammoniva l'altoparlante in una pausa dal ridondante “mind the gap” di cui conservo memoria ormai più che ventennale.
  • Ho visto una città tentacolare, avvolgente e avvincente, caotica e moderna prendersi frequenti pause negli infiniti parchi disseminati al suo interno. Parchi in cui è possibile noleggiare una sdraio, fare un pic nic senza incorrere in sanzioni (anche perchè da sanzionare sarebbe semmai la carenza di cestini per i rifiuti e la totale assenza di raccolta differenziata ovunque), vedere i bambini arrampicarsi fin sull'albero maestro di una nave o sguazzare in costume fra le fontanelle nelle immense aree verdi che punteggiano come giganteschi nei il pieno centro.
  • Ad Hyde Park, il parco giochi intitolato alla principessa Diana
    Ho visto genitori di tre, quattro figli e più comportarsi come Dotto con i sette nani: tutti in fila dietro a me, please. E questi, sporchi di cioccolato, spettinati, pur prodigandosi nella dolcissima cantilena “Mummy, mummy”, non facevano altro che sorridere e seguirli, seppure a distanza superiore da quella tollerabile dalla mamma italiana media.
  • Ho visto mamme con passeggini ciclopici ben vestite e truccate chiedendomi dove trovassero il tempo di farlo dato il neonato che trasportavano e mamme assolutamente scoordinate nell'abbigliamento che non avevano mancato di preparare frutta, carote a bastoncino, dolci rigorosamente impacchettati in simil tupperware di ogni forma, dimensione e colore.
  • Ho visto fiumi di persone e mi ci sono tuffata dentro con gli stessi occhi curiosi dell'adolescenza: se servisse specificare che erano di ogni religione, colore, nazionalità, dovrei anche specificare che ognuno era vestito in modo diverso.
  • Ho visto persone indaffarate, con tazze di cartone in mano, cibo di mille tipi che sgranocchiavano aggirandosi in ogni dove e a qualunque ora mentre altre persone ai margini del marciapiede avevano perlopiù smesso di chiedere un aiuto. Come il ragazzo castano, fra i venti e i trent'anni, che dormiva rannicchiato con mezza coperta lisa buttata sul fianco senza schifarsi del fatto che, accanto al suo viso, ci fosse un ampio rigurgito.
  • Ho visto due bimbe curiose perfettamente a loro agio fra metropolitane, treni, una lingua che non conoscevano ma di cui hanno imparato qualche parola (quelle utili: squirrel, commode), musei interattivi e strade dello shopping. E intanto pensavo, mi auguravo, che tutto questo un giorno possa essere la loro quotidianità, che riescano a superare il desiderio di starci vicine per poter costruire la loro vita altrove. Ovviamente, se questo sarà il loro desiderio.
  • Esperimento di caramel macchiato condiviso
    E, a questo proposito, ho (ri)visto una delle città dove, ragazzina, sognavo di vivere da adulta. Non so a far cosa, ma sapevo che ci sarei andata. E il fatto di esserci andata, sì, ma solo da turista ha sporcato quelle undici giornate con il senso di fallimento per un sogno irrealizzato.

sabato 25 maggio 2019

calze-anno

Solo pochi giorni fa mi sono resa conto di non scrivere da tantissimo e di aver glissato anche il compleanno della Pulci.
Poverina. Bistrattata anche sul blog da questa mamma che ultimamente sta annaspando.
A far la mamma.
A far la moglie.
A fare la figlia.
A lavorare.
A pulire casa.
A concentrarsi.
A trovare la propria strada. Come direbbe il clan di “Amici miei”, trovare la propria strada «(...) a --- anni sonati!»: assurdo, mi rendo conto.
Per quanto riguarda la Pulci, spero di riuscire a recuperare non con uno ma duecento post solo su di lei: se ne meriterebbe anche più tanto è buffa, dolce, spontanea.
Oggi però riprendo a scrivere perchè, a proposito di compleanni, tra poco sarà il mio. E c'è poco da dire: nonostante finga disinteresse, mi riprometta di farlo passare sotto silenzio, cerchi di minimizzarne l'importanza, in realtà per il mio compleanno farei suonare la fanfara.
A dispetto dell'età ormai oltremodo adulta, per me il compleanno è ancora quello trascorso in cortile a giocare con gli amici.
Quello in cui la mamma mi da il buongiorno facendomi trovare un vasetto con una rosa appena colta da uno dei cespugli del nostro giardino.
In cui aiuto la mamma a riempire i panini al latte.
Corro, gioco a nascondino, calcio e pallavolo dal primo pomeriggio a sera, senza soste che non siano quelle per bere o mangiare la torta.
Quello in cui ci mettiamo in posa quando si spengono le candeline e la mamma scatta altre foto bloccandoci dai nostri giochi.
Per me il compleanno è festa.
È stare tutti insieme e adesso siamo ancora più di sempre perchè si sono ricomposti tutti i pezzi di una famiglia sempre più vasta e pazza, sono tornati amici del passato, si sono aggiunti nuovi amici nostri e delle bimbe.
E poi adesso il compleanno è il “Sabato del villaggio”: preparare tante cose, dare spazio alla mia voglia di prendermi cura degli altri coccolandoli anche nella vista con stuzzichini ben disposti, cercare di indovinare chi sarà il primo ad arrivare e l'ultimo ad andarsene.
Ma è pure “La sera del dì di festa”: chiusa la porta, il momento di risistemare aiuta a metabolizzare emozioni, parole, visi, espressioni per impacchettarle e sistemarle in un cassettino da aprire all'occorrenza.
Il mio compleanno, ma anche quello di chi mi circonda, è un evento da preparare con anticipo e attenzione: anche in questo caso, un sintomo di quel prendersi cura di me che soprattutto ultimamente faccio tanto di rado.
E allora lasciatemi tuffare in questi ultimi preparativi e nell'organizzazione della vera giornata del compleanno insieme alle mie piccole: un pregio delle elezioni di quest'anno è che la Princi sarà a casa da scuola e quindi mi tengo anche la Pulci e ho intenzione di passare metà giornata solo con e per loro. Solo con e per noi. Come non succede da troppo tempo.
E di sera allarghiamo la cerchia, ma di poco: Lui e la mamma-nonna. E, ovviamente, una bella pizza.

mercoledì 6 febbraio 2019

Auguri Princi

Il 31 gennaio è iniziato così..
Quest'anno sono arrivata in ritardo con te per il post.
Con te, a dire il vero, arrivo in ritardo su tutto: capire i nomi dei cantanti e i titoli delle canzoni che non riesco a decifrare nel tuo slang di italiano/inglese/spagnolo/principese; capire quando sei stanca e stai per scoppiare; vedere quanto velocemente sei cresciuta e stai ancora crescendo: me lo dicono più spesso i tuoi vestiti rispetto ai miei occhi, quando ti infilo a pressione in un paio di pantaloni che sembrano comprati a Venezia con l'acqua alta.
Le prime visite: nonna e bisnonna
Tu sei la nostra prima prova: quella per cui abbiamo tremato quando il termometro è arrivato a 37.2, abbiamo temuto la broncopolmonite a un minimo colpo di tosse, la cucciola che ha buttato all'aria ritmi di vita collaudati per buttarci in un caos improgrammabile che mi faceva vivere in uno stato di zombitudine costante, la bambola su cui abbiamo imparato a mettere i pannolini. E ancora ricordo la notte in cui ho allertato la nostra compagna di stanza perchè lanciasse un 911 alle puericultrici in modo che qualcuno venisse a spiegarmi da dove cominciare per riportarti nella culla pulita come poco prima.
Insieme a Billy...

Eri così piccola, rosa e profumata: hanno scritto che avevi una sfumatura itterica ma secondo me non ti avevano vista bene. Ogni giorno riguardo la foto nella cornice sopra il tuo letto: la bocca a cuoricino è rimasta identica, la dolcezza pure.
Quando non riesco a capirti e ci scontriamo (se succede ora, che sarà di noi fra sei-sette anni??) inspiegabilmente sembra cancellarsi l'amore che ho per te e dimentico che sei tu, diversa da me seppur troppo pericolosamente simile; soprattutto, dimentico che sei una persona già autonoma, che ho sperato diventasse presto indipendente ma ora che ti fai la doccia e ti vesti da sola vorrei tornare a quando ti mettevo sul fasciatoio e ti preparavo per portarti alla lezione di massaggio dove mi sono sentita dire che non serviva dirmi di sorriderti perchè già lo facevo e forse non me ne accorgevo, presa com'ero dal fare la cosa giusta. Vorrei tornare a quando ti portavo in piscina. O quando ti caricavo in auto per costringerti ad accompagnarmi nello shopping. O quando ti leggevo pagine e pagine e penso che ora per farti leggere sudo quanto se non più di quando percorrevo chilometri con te in braccio e tua sorella nel pancione per farti addormentare.
E adesso con Degas! 
Infinite sono le decisioni sbagliate e altrettante quelle giuste che abbiamo preso per te. Da quando ci sei mi sono resa conto che le prospettiva cambia in un attimo: nell'attimo in cui ti ho visto per la prima volta ho imparato, non immediatamente ma giorno dopo giorno, a mettere i tuoi bisogni, le tue paure, la tua fame e la tua sete, i tuoi sogni e desideri prima dei miei.
Giusto? Sbagliato? Non lo so, ma se ho agito così era nella sdrucciolevole consapevolezza di farlo per il tuo e mio bene.
Adesso sto cercando di recuperare un po' di bisogni, sogni, spazi anche per me: giusto? Sbagliato? Un giorno credo che sia un bene anche per te, il momento dopo penso di no.
Gli auguri dei tuoi amici
Spero perdonerai scivoloni, mancanza di coccole, il non saper trovare la parola giusta o il modo giusto di starti vicino.
Spero perdonerai se tutto è stato fatto sempre con il cuore e con la presunzione che fosse il tuo bene.
Auguri Princi.
Già troppo grande: a volte dici che vorresti non crescere e spero che i miei occhi non tradiscano il fatto che lo desiderei pure io.