domenica 14 marzo 2021

Zona rossa, ma siamo neri

 

22 aprile 2020  

Ecco, ci siamo: per mesi, qui in casa, abbiamo ironizzato su maestre e compagni che preannunciavano un imminente chiusura delle scuole. Sono così spuntati personaggi come “la nonna di Conte”, “il nipote di Conte”, pronti a proclamare il ripristino della dad prima ancora dell'emanazione dell'ennesimo decreto.

Ma nonostante abbiamo sempre cercato di non creare allarmismi su un nuovo lockdown, lui si è ripresentato. Esattamente come un anno fa, perchè le differenze sono talmente minime da risultare impercettibili. Almeno a livello pratico, perchè a quello emotivo sono enormi.

A guardare adesso indietro nel tempo, a un anno fa, siamo stati troppo creduloni.

A febbraio, nonostante sul bancone della biglietteria fosse comparso il gel detergente e avessimo cosparso tutto il museo di avvisi sulla necessità di utilizzarlo e mantenere le distanze, continuavo a essere convinta che fosse solo una semplice influenza e che la situazione in Cina fosse precipitata perchè il virus si fosse diffuso in zone rurali dalla condizione igienico-sanitaria precaria o per il sovraffollamento e l'inquinamento delle metropoli. 

Uno dei prossimi passatempi delle Belve...
Poi, il lockdown, con cui abbiamo tutti creduto si potesse risolvere ogni cosa, che l'estate con il miglioramento dei contagi potesse diffondere il suo solare ottimismo e che ne saremmo stati ormai fuori per sempre: che tutto sarebbe andato bene. Perchè questo è lo slogan che ha accompagnato la nostra solitudine domestica: andrà tutto bene. Mi è venuta la pelle d'oca quando ho dovuto farlo scrivere come compito per casa alla Princi. Mi sembrava una nuova edizione di “Ne resterà soltanto uno” (cit. Highlander). Adesso, chissà che slogan virale ci inventeremo.

Ma qualcosa di positivo questo periodo ce l'ha portato?

Mentre la tolleranza, la pazienza e la comprensione di tutti stanno scolorendo in parallelo all'infiammarsi dei colori di cui si tinge la Penisola forse, dico forse, ci ha insegnato la consapevolezza di ciò che ci manca ed è più importante per noi.

E lo ha fatto togliendoci la possibilità di scelta.

Non possiamo scegliere se vedere un amico o lo zio né se uscire a cena.

Non possiamo scegliere se andare dall'estetista a fare un massaggio o la pedicure.

Non possiamo scegliere se mettere il rossetto rosso o rosa perchè tanto non si vede.

Non possiamo scegliere su fare una gita al mare, in montagna o a vedere quella mostra che tanto ci piacerebbe.

Non possiamo scegliere con calma cosa comprare al supermercato né in quale supermercato andare o se acquistare il pane sottocasa, la frutta al mercato, il latte da una parte e la carne oltreconfine.

Non possiamo indugiare per ore in libreria alla ricerca del libro perfetto, quello che ti cattura attraverso la copertina e continua a farlo quando ne leggi la sintesi.

Intanto oggi, così

E poi, non siamo padroni del nostro tempo: ce lo siamo ritrovato fra le mani tutto in una volta, tutti insieme. Un po' è bello, ma adesso continueremo a cantare dai balconi, sfornare pagnotte e crostate ogni giorno, piantare zucchine e pomodori, fare gli aperitivi su zoom?

Ho tenuto botta per molto tempo: non sono affatto una persona positiva, ma ho apprezzato il fatto di stare a casa, conoscere le mie bimbe recuperando ciò che avevo perso, cercare di rincuorarle quando elencavano ciò che mancava e cercando di non farglielo mancare.

Ma ora ora sarebbe anche il momento che questo virus mollasse la presa.

Che ci facesse capire come vincerlo e come prevenire possibili, nuovi virus che ci saranno in futuro. Perchè ci saranno, ma non saremo preparati così come non lo siamo stati adesso, a un anno dalla prima comparsa.

Domani comincerà la nostra nuova zona rossa: due settimane e poi? Cambierà davvero qualcosa?

No, non sono più molto ottimista nemmeno quel tanto che servirebbe per tranquillizzare le bimbe.

Due certezze: pulizie e allenamento

Adesso sono impegnata a incrociare le dita per ricordarmi i passaggi per connetterci con le maestre, cercando di non pensare al corso che mai riuscirò a seguire perchè ci sarà la dad o ai post che non ce la farò a scrivere perchè le giornate se ne andranno cercando di decifrare i compiti.

E spero solo di non avere troppe giornate come quella di oggi, in cui mi sono trascinata come un bradipo fino a poco fa per la troppa stanchezza seguita a due giorni di mal di stomaco e una giornata di mal di testa.

Non ci credo alle due settimane e poi tutto normale.

Ma forse, in fondo in fondo, ci speriamo un po' tutti: perchè non si è mai troppo grandi per credere alle favole.


venerdì 5 marzo 2021

 

Lei non si prenderà
 i momenti divertenti

Una cara amica stamattina mi ha scritto di avermi pensato, quando ha sentito il monologo di Antonella Ferrari (https://bit.ly/3bj7lGJ). Mi ha scritto che, senza urlare, da SuperMamma avrei potuto esprimere gli stessi pensieri.

Ho guardato lo spezzone poco fa, da sola.

Ho pianto.

Non quando ha elencato le visite, gli esami, le analisi fatte, che in parte ho condiviso nel mio ancor breve percorso.

Ho pianto quando ha detto, senza urlarlo, «Io non sono la Sclerosi multipla».

Ma lo chiedo ogni giorno, che rapporto ho con lei.

Lei è in me, non è me: perché Eliana non finisce dove comincia a farsi sentire l’alluce muto.

Lei è in me, ma non nella mia testa: cioè, sì, ma non nei miei pensieri. Cioè sì, è anche lì, ma non in tutti.

Lei è in me quando mi sento stanca, ma penso che devo stirare, o preparare la cena, o leggere il libro della buonanotte e mi alzo, con le gambe stanche e pesanti.

Lei non si prenderà i momenti con loro

Lei è nei miei pensieri quando mi preoccupo perché ho promesso di accompagnare le bambine al parco e se poi devo andare in bagno cosa faccio?

Lei è in me quando guardo i rotoli di carta igienica esaurirsi e penso che è stata in gran parte colpa mia, per le migliaia di volte in cui, in un pomeriggio, sono dovuta correre per dar retta a quei disturbi di stomaco scritti negli effetti indesiderati del Tec E poi esaurisco anche il detergente intimo perché l’odore che lasciano le pastiglie nel mio corpo è nauseante e non solo nel mio corpo: non se ne va neanche se pulisco e ripulisco il water mille volte.

Lei è in me quando ho mal di testa, ma non è così forte da prendersela tutta e allora quando la Pulci mi chiede «Come stai mamma?» posso ancora risponderle «Abbastanza bene. E tu?».

Lei è in me quando mi sento spossata di primo mattino, ma la metto da parte perché devo allenarmi: quella mezz’ora tutta per me, con il gatto che sonnecchia sul divano alle mie spalle, è l’unica certezza che ho da quando è iniziata la pandemia e non me la lascerò portar via da questa cosa tentacolare.

Lei è in me e ultimamente si sta però prendendo anche parti importanti di me: quando non riesco a trovare la forza per rispondere con calma e sorridendo alle mille domande delle Belve, quando mi chiedono di giocare e preferisco buttarmi sul divano.

Ma poi, in questo caso, sarà lei o sarà lui, questo virus che ha iniziato a sfibrarmi facendomi centellinare quel poco di atteggiamento positivo che mi è rimasto?

In ogni caso, no: non avrei saputo e potuto esprimere gli stessi pensieri di Antonella. Semplicemente perché finora non avevo ancora pensato di essere stufa e di aver visto, negli ultimi due anni, troppi ospedali. E non lo potrei comunque dire, perché ci sono persone che vivono con lei da più tempo e in modo più assorbente di quanto non stia accadendo a me.

Però lo confesso in silenzio: sono stufa comunque.