martedì 11 ottobre 2011

11 ottobre 2011: Questione di genere



Non c’è dubbio: è una questione di genere. Da quando ho aperto il blog ho pensato molto - sollecitata anche da alcuni commenti – e sono giunta alla conclusione che, se qualcuno anni fa ha detto che le donne vengono da Venere e gli uomini da Marte, un motivo c’è.

Ed è questo. Quando frequentavamo il corso prematrimoniale, il parroco per spiegare i diversi modi di amare e pensare di uomini e donne è risalito alla fondamentale differenza biologica che ci distingue e da cui, evidentemente, tutto discende. Predisposte per lo “sdoppiamento” discendente dalla maternità, le donne sono  cromosomicamente inclini a pensare per due.

Ora, quando sollecito Lui a dirmi cosa pensa in questo periodo (sì: mi è stato anche detto che nei post lo escludo troppo) le risposte sono state:

1)    Sei tu che sei più coinvolta, la senti muoversi, vedi dei cambiamenti su di te che posso solo cercare di capire da ciò che mi dici;

2)   Pensi mai a come sarà la piccola? No, perché io me la immagino quando salterà nel lettone, ti aiuterà in cucina, giocherà con i gatti …

Ovviamente questa è la sintesi di ciò che mi dice (ma il numero delle parole usate tutto sommato non differisce molto dalla realtà) e quanto al punto 2 diciamo che la mia immaginazione si ferma a molto prima della sua, limitandosi ai primi cambi di pannolini, a come/dove la sistemerò in soggiorno, a quando non ci farà dormire la notte, ma pure a quando la spupazzerò in giro nelle prime giornate di sole, ai primi sorrisi, piantini … e sì: anche a come sarà tenere a freno le due belve perché non se la lecchino da capo a piedi!

Insomma: credo che se per avere un bimbo bisogna essere in due, questo è perché ci sono lati della personalità maschile e femminile che si smussano vicendevolmente e sono reciprocamente indispensabili ma in qualche modo “non comunicanti”.
Per una mamma sarà difficile spiegare a un papà come si sente nei mesi dell’attesa, sia a livello fisico che psicologico ed emotivo, così come sarà difficile convincerlo del perchè, pur con 40 gradi all’ombra, sia necessario portar dietro il maglioncino, fare il bagnetto in un determinato modo e non in un altro o partire da casa con un corredo di oggetti che spazia dal triplo ciuccio ai cinque cambi completi di vestiti.

Allo stesso modo per un papà sarà arduo convincere la mamma che se anche il pupo strilla cinque minuti le sue corde vocali rimarranno integre, se anche cade e si sbuccia il ginocchio poi riuscirà – a vent’anni – ad andare incontro alla commissione di laurea per stringere la mano ai professori, o che l’assistente sociale non passerà davanti a loro proprio nell’attimo in cui si è sporcato per bollarli come genitori degeneri.

Ma tant’è: lo saprò dire e scrivere con maggiore certezza fra qualche mese, ma credo che siano proprio queste divergenze e punti di vista opposti a far crescere il bambino e la coppia (sempre che voglia farlo).

P.s.: il mio riferimento al maschile e femminile non esclude un assunto in cui credo fermamente. Sono cioè convinta che anche una coppia omosessuale sia perfettamente in grado di assolvere nel migliore dei modi al compito di genitori, anzi: proprio perché strenuamente voluta e cercata, penso che in molti casi la genitorialità  venga assolta con un affetto e una dedizione infinitamente maggiori rispetto a una coppia etero.

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