giovedì 13 ottobre 2011

bimbo o pancia?



In modo piuttosto rude e inatteso, soprattutto perché si tratta di persona che mi conosce da anni, sono stata accusata di egoismo per ciò che ho scritto nei primi post.

Senza dubbio è vero, ma non il motivo: o meglio, lo è anche il motivo ma non le cause per cui lo sono e/o lo sono stata.

L’accusa era data dal fatto che parlando della gravidanza avessi ripetutamente scritto “pancia”. Un paio di considerazioni semiserie in merito, che tirano in ballo il mio sentire personale, quello che (credo) è il sentire anche di altre mamme (in fieri o che già lo sono), e quello che – come sempre – si è indotti a pensare dai commenti degli altri (spesso, ovviamente, sconosciuti fino al momento in cui non hanno più potuto frenarsi decidendo che fosse proprio il caso di partecipare alla tua attesa).

1.     Come ho scritto ieri, qualcosa in me è cambiato quando ho sentito la pulcina muoversi: un evento che è andato pressoché di pari passo con l’arrotondarsi della pancia (e qui non posso far a meno di scriverlo), anzi, talvolta con il suo deformarsi per i grand jetè che ogni tanto abbozza nel suo palcoscenico acquatico. Fino a poche settimane fa, lo giuro, era impossibile riferirsi a lei in modo diverso che “pancia” (aridaje!) anche se questa non aveva ancora preso la tipica forma da “ovetto portatile e sospeso” che si associa alla gravidanza

2.    A prescindere da ciò che uno/una pensi a proposito del momento in cui comincia la vita di un essere umano, è indubitabile che sapere “cosa” ci sia dentro di te (bimbo/a) faccia scattare un diverso modo di percepirlo/a: se non altro perché - almeno nel mio caso - è stato solo in quel momento che, oltre a pensarla con connotati più precisi, ho iniziato a comprarle qualcosa (ed è effettivamente esaltante, anche se più che per me, sta diventando esaltante per la nonna M.: ma questo sarà argomento di altro post)

3.    In effetti, più che di pancia non saprei neanche io di cosa si dovrebbe parlare nei primi mesi: finchè non sono tornata dalle vacanze, lo giuro, la pancia non c’era (testimoni le foto in costume su fb). Però i cambiamenti del corpo sì: e allora, a costo di sembrare spietata e senza cuore, come fai ad amare sinceramente, schiettamente “qualcosa” che senti solo quando, una volta al mese, la ginecologa attiva l’audio all’ecografo e che, per il momento, sembra avere l’unica e – per lui/lei – divertita funzione di farti perdere un’ora davanti all’armadio spalancato a cercare qualcosa che non stringa? Perché comunque i chili, come certo è normale (e pare auspicabile), aumentano ma - almeno a me - sembravano solamente “ingrassatura” : con l’ansia di farmi vedere da qualcuno che potesse pensare (o dirmi, visto che il tatto è la dote principale delle persone, stavolta soprattutto di quelle che già si conoscono) “Oddio, com’è ingrassata!”

4.    Indipendentemente da come si vivano questi fisiologici e naturali mutamenti (ma naturalità non combacia con immediata accettazione), una delle frasi più gradite dalle persone che già hanno avuto la notizia del pupo in arrivo è “La pancia cresce?”. Ora: anche in questo caso dovrebbe trattarsi di fatto ovvio e naturale, quindi perché chiederlo? E poi: piuttosto che porre una domanda del genere, non sarebbe più urbano domandare “Come stai?” o, se proprio si vuole ignorare la mamma (spesso scambiata per incubatrice ambulante e termoautonoma), “Come sta il …” inserendo al posto dei puntini uno degli infiniti nomignoli che spesso vengono coniati al momento per indicare il bimbo.

Insomma: così come la gravidanza è un fatto naturale, lo è anche parlare di pancia; non per questo, però, è bello, corretto, piacevole. Per tutte ma soprattutto per chi, quella pancia, ha cercato fino a qualche mese prima di piallarla in ogni modo: consentito o meno.

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