|
Visto
che sei muto, ti faccio parlare con i colori
|
Lunedì
9 novembre 2020.
Se
Zeno Cosini nel più famoso romanzo di Italo Svevo scriveva sul
calendario U. S. per indicare il giorno in cui aveva fumato quella
che pensava sarebbe stata l'Ultima Sigaretta, I. T. è ciò che
potrei segnare io come data da ricordare: Inizio
Terapia.
Ma
non so se voglio proprio ricordare.
Certo,
da giovedì – giorno in cui ho visto la neurologa – a ieri il
pensiero è stato costante, come se invece di ingurgitare la pillola
stessi aspettando di scartare un regalo. Nonostante questo, ho deciso
di rimandare all'inizio della nuova settimana: perchè giovedì sono
tornata troppo tardi per poter reperire le pastiglie alla farmacia
dell'ospedale, perchè «Nè di venere nè di marte non si sposa e
non si parte». Poi c'era il week end, l'ultimo di libertà totale:
meglio goderselo.
A
quanto mi ha detto, la dottoressa ha optato per una cura abbastanza
decisa in conseguenza del fatto che la risonanza di luglio ha
rivelato tre lesioni alla colonna: troppo importanti, secondo lei,
per intervenire in modo blando. Quindi da adesso ed entro un mese mi
cuccherò mattina e sera 240 mg di benessere. Come mi ha
accuratamente spiegato la dottoressa e come recita il sito Aism, gli
effetti collaterali del dimetilfumarato sono «rossore
e vampate di calore e disturbi gastrointestinali (come diarrea,
nausea e dolore addominale superiore). [...]
Il
farmaco può ridurre il numero dei globuli bianchi nel sangue
(linfociti)».
Per
me che già normalmente, durante l'inverno, sono soggetta a sbalzi di
temperatura con rossori che neanche una bottiglia di Lambrusco
provocherebbe, direi che è una manna.
Comunque
d'ora in poi stringerò amicizia con il personale della farmacia
ospedaliera e del centro prelievi, dove dovrò andare ogni tre mesi
per i controlli. A giugno prossima visita neurologica e, a fine
maggio, prossima risonanza: credo ci starò un giorno intero visto
che dovranno esaminare cervello e colonna. Chissà se ci sarà di
nuovo Doc. Lunedì invece, per chiudere il percorso di day
hospital, avrò il colloquio con la psicologa, nonostante non
è che ne senta proprio il bisogno.
Tranne...
Tranne
ieri sera, durante e dopo l'allenamento casalingo. Gli squat
erano intervallati da «mamma, come si
scrive...?/mamma, posso guardare sul cellulare una cosa?»,
il tutto finalizzato alla stesura della letterina a Babbo Natale.
Lui era nella camera delle bambine, trasformata in sede distaccata
dell'ufficio ora che è in smart working.
E
io, dentro di me, urlavo a AM. Che però non rispondeva.
Gli
urlavo senza gridare, perchè tanto non può sentire nè rispondere.
Ma
farmi incazzare sì, e tanto.
Perchè
non lo sento, perchè non capisco se ho l'avampiede
completamente appoggiato o no, non mi rendo conto se il piede sia
dritto o storto, se non lo guardo posso pensare che nemmeno sia
appoggiato al tavolino, che mi serve come appoggio per i bulgarian
squat.
Cammino
scalza e sento una gommapiuma sotto il piede.
E
lui resta muto.
E
io mi incazzo sempre di più, perchè penso che magari cammino male e
non me ne rendo conto.
E
qualcuno dovrebbe dirmelo.
E
invece non lo dice nessuno, quindi chissà.
E
io allora continuo a camminare, camminare: anche stamattina ho
lasciato l'auto davanti alla scuola delle Belve, sono tornata a casa
a piedi e tra un'ora ripartirò per andarle a prendere all'uscita.
Non
è niente di grave, mi ripeto: riesco comunque a fare tutto ciò
che voglio e, buoni propositi a parte, nel bugiardino delle pastiglie
non si dice nulla al riguardo di una birra ogni tanto.
Però
è vero: sono incazzata.
Impaurita.
Felice:
felice che ci siano gli scazzi quotidiani - dei compiti, del
lavoro che non c'è, dei sogni irrealizzati, della spesa da fare, il
gatto orbo da accudire (sì, anche questa abbiamo avuto sabato) –
per non pensare e non ascoltare quello stronzo di AM che sarà
anche muto ma se vuole si fa sentire.
Per
fortuna, dopo la preoccupazione per come Babbo Natale potrà glissare
il coprifuoco delle 22 per consegnare regolarmente i regali (li
spedirà con Amazon, hanno detto) c'è stata la
diatriba del dente: l'incisivo che sventola solitario al
centro dell'arcata superiore della Pulci da ormai diversi mesi, senza
che lei si decida a dondolarlo in modo energico e senza permettere a
noi di staccarlo. Ci abbiamo provato per tre quarti d'ora. Poi il
caso è stato momentaneamente archiviato.
Ma
intanto il pensiero è passato dall'alluce al dente, complice anche
la pastiglia che nel frattempo avevo preso e che forse invece di
scendere è salita.