sabato 26 maggio 2012

auguri sì, ma per cosa?!


Un post al volo, in questo fine settimana frenetico, isterico, stancante. Pazzo, insomma. Ultimamente sono stata costretta ad abbandonare il blog perché risucchiata dagli impegni di lavoro: che, poi, di due dei tre lavori che ho fatto in contemporanea, in pratica sono stata io a pagare per farli. Ma vabbè: pare che sia il nuovo trend del mercato.

Poi ci si è messa la pallina che pare non essersi ancora ripresa totalmente dallo scombussolamento provocato dal vaccino: è vero, lo abbiamo fatto a inizio mese, ma da quella volta gli orari della pappa e quelli della nanna non sono più gli stessi. Per cui, se alcuni giorni prima dell’iniezione aveva iniziato a svegliarsi una sola volta per notte e a mangiare ogni quattro ore durante il giorno, ora invece si sveglia di nuovo due volte: e parrà strano, ma già mi ero abituata al nuovo andazzo per cui alzarmi una volta in più è diventato massacrante. E, dulcis in fundo, ha improvvisi scoppi di pianto che suggeriscono continuamente alla nonna-bisnonna di rivolgersi al pediatra. Sarebbe meglio al dr. House, ha suggerito un’amica; sarebbe meglio a un esorcista, ammettiamo il papi e io. Comunque, a dimostrazione che il vaccino l'ha flashata c'è il fatto che ride e si tranquillizza quando le si canta la sigla de "I soliti idioti": preoccupante più di tutto il resto.

In buona sostanza: sono a pezzi.

Non solo fisicamente, ma pure moralmente/psichicamente. Mi accorgo che i fine settimana, unici momenti in cui potrei godermi Lui e la pallina con un po’ di calma, sono intrattabile e soprattutto sono intrattabile con Lui. Della serie: gli rispondo male anche se sono incavolata con altri e anche quelle volte in cui potrei evitare di esprimere dei commenti su cose che non mi vanno (ma che certo non sono determinanti), all’improvviso mi ascolto mentre dalla mia bocca escono proprio le parole che ho cercato di tenere a freno. E chissenefrega poi se mi scuso. Cioè: Lui abbozza ma io non mi sopporto. E questo è il punto: come spiegare a Lui – che è il mio punch ball prediletto – che non ce l’ho con lui ma con me? Perché continuo ad aver fame e vorrei non averne; continuo a desiderare dolci e vorrei non farlo; continuo a non sentirmi in forma e non lo sono.

In tutto questo, c’è di mezzo anche il mio compleanno. Domani. Per fortuna lavoro.

Per fortuna, sì: così mi libero dal pensiero di cosa faremo, del “chissà cosa Lui ha pensato per me” e delle aspettative legate a questa giornata. Per fortuna lavoro e così magari non sentirò il telefono squillare o gli sms arrivare. Perché da qualche anno il giorno del mio compleanno non lo sopporto proprio. Vorrei saltarlo a piè pari: forse proprio perché ho sempre delle attese che fingo di non avere ma che, di solito, restano deluse. Mi danno persino fastidio gli auguri. Secondo Lui da quest’anno sarà diverso perché c’è la Princi. Non lo so. Intanto son felice di essere impegnata e, anzi, quasi mi spiace di esserlo solo dal pomeriggio in poi.

Intanto, anche se non li sopporto, auguri mammaconicalzettoni. Perchè forse un po’ te li meriti.

domenica 13 maggio 2012

lettera a una bimba appena nata


Oggi mi sembra il giorno perfetto per scrivere finalmente questo post. Un post a cui sto pensando da più di tre mesi: da prima, cioè, che arrivasse la Princi e che andassimo in ospedale per aspettarla anche se poi è stato proprio lì che, per ingannare il tempo nell’attesa che iniziasse il “vero” travaglio, ho iniziato a fermare qualche emozione sul mio libretto rosso. Poi, però, i giorni (i mesi!) sono passati: ma credo sia stato meglio così, perché solo ora so e sento cose che prima ignoravo.

E così, cara Princi, anche se oggi è la festa della mamma, in attesa delle letterine che (spero) mi scriverai, voglio scriverti io una lettera. Perché se sono mamma e oggi posso sentire la strana atmosfera di questo giorno è solo grazie al tuo arrivo.

Ho smontato e rimontato frasi nella mia testa alla ricerca delle migliori parole da dedicarti. Non avendole appuntate tutte, partirò confessandoti il mio scetticismo al momento di scegliere il nome più adatto a te. Poi però quell’abbinamento con il cognome che tanto mi pareva inopportuno, mi è sembrato in realtà di buon auspicio per augurarti di essere sempre e pienamente la regista della tua vita.

Come ogni mamma vorrei augurarti una strada felice e senza scossoni; ma, non potendo assicurartela o sperare che il mondo possa interrompere il male solo perché ci sei tu a illuminarlo con i tuoi occhioni, cercherò “semplicemente” di insegnarti a vivere le difficoltà come opportunità e momenti di crescita, ostacoli da superare e guardare poi con la soddisfazione di esserteli lasciati alle spalle. Vorrei che potessi vivere sempre nell’armonia che hai portato nelle nostre famiglie, trasformate dal tuo arrivo e rese completamente inermi di fronte alla tua dolcezza.

Vorrei che il tempo si fermasse adesso, a uno dei tanti momenti in cui sorridi, a una delle tante mattine in cui ti sento mugolare dal lettino e appena apro la porta mi rispondi arricciando il nasino e aprendo la tua bocca sdentata scavando graziose fossette sulle guance. Ma vorrei anche far scorrere l’orologio al momento in cui aprirai le braccia per stringermele al collo e ricambiare così quella marea di baci che ogni giorno, ogni ora, ti schiocco in ogni dove.

Vorrei che sapessi e ricordassi sempre quale gioia ci ha dato sapere del tuo arrivo inaspettato, miracoloso: un regalo capace di chiudere un periodo scuro che ora non sembra neppure di aver vissuto. E vorrei che sapessi e ricordassi sempre quanto ci sembra impossibile, oggi, aver vissuto tanto tempo senza di te: anche quando frigni e piangi disperatamente facendomi piangere con te per il senso di inadeguatezza che provo di fronte a quello che ancora non so riconoscere con chiarezza come capriccio o bisogno.

Vorrei che sapessi e sentissi sempre l’amore che provo nei tuoi confronti, fatto della paura di sbagliare, della gioia di averti vicina, del bisogno – a volte – di esserti lontana. Vorrei sapessi che ce la sto mettendo e ce la metterò tutta nel volerti bene nel modo più adatto a te ma che, inevitabilmente, sbaglierò in questo: perché magari ti starò troppo appiccicata mentre tu avrai bisogno dei tuoi spazi, o magari vorrai che ti parli di più mentre cercherò di non essere invasiva. Ma poi ci sarà un punto in cui ci incontreremo, uno spazio e un tempo in cui non potremo fare a meno l’una dell’altra.

Per me è già così: perché non solo mi metterei a piangere quando piangi tu, ma lo faccio anche quando mi sorridi. Perché mi sembra impossibile che tu “sia mia” e che le mie giornate possano dipendere totalmente da un tuo sorriso.

giovedì 10 maggio 2012

di lavori, palline e sensi di colpa


Rieccomi. Non sono sparita nuovamente nel nulla, anzi. Diciamo che, dall’ultimo post, ho cercato piuttosto di applicare quello che ho scritto. E così sono stata risucchiata da piccoli impegni di lavoro. Che hanno però implicato dei simil-traslochi della pallina e di parte dell’ambaradan necessario dalla mamma-nonna. Insomma: lavoro con super lavoro e con lavoro appaltato (alla mamma-nonna). E con sensi di colpa: che, pare, vengano espulsi contemporaneamente alla placenta. Ma per chi “soffriva” di sensi di colpa precedenti la situazione è ancor peggiore.

Così, se questa settimana la immaginavo piena di impegni “pallineschi” (incontri sull’omeopatia per pargoli, incontri di primo soccorso, lezione di massaggini, lezione in piscina) in realtà il tutto si è trasformato in corso d’opera in appuntamenti di lavoro, conferenze stampa, i suddetti traslochi ed effettivamente poco tempo dedicato a lei. E giù colpi di cilicio (anche notturni) perché la trascuro e la tratto come un fagottino che trascorre più tempo in auto di quanto non ne passi fra le mie braccia. Oddio: su quest’ultimo punto c’è un’abbondante compensazione da parte del papà (forzatamente, visto che all’ora di cena scatta il frignaggio-time, alias papite) e della mamma-nonna.

Però forse è il caso di fermarsi/fermarmi. E forse, a tal proposito, lei è un alibi alla mia stanchezza infinita degli ultimi giorni quando, grazie al vaccino, siamo tornati alle poppate ogni tre ore pure la notte quando ormai mi ero abituata a una sola alzata verso le 4 e, con la luce del sole, a pasti ogni 4, anche 5 ore. Ma ora il timer sembra riorientersi lentamente. Però io non tanto. E così continuo a chiedermi (senza, ovviamente, trovare una soluzione al dubbio amletico) se lei sia contenta delle trasferte quotidiane dalla mamma-nonna e di essersi imbattuta, in questi ultimi giorni, in centinaia di visi nuovi e tutti ansiosi di conoscerla.

Ma c’è dell’altro. Ovviamente il senso di colpa non riguarda solo la princi ma pure Lui, con cui ormai ci si scambiano battute solo sulla giornata della pallina e dei felini per assicurarci che non abbiano ancora sbafato il canarino della vicina: già, abbiam scoperto che il gatto Billy ha una passione per l’emulazione di gatto Silvestro. E, dulcis in fundo, sensi di colpa per la casa: con una montagna di panni da stirare di altezza inqualificabile, un aspirapolvere che pur muovendosi quasi quotidianamente lo fa quasi solo perché così la princi sta tranquilla (vabbè: due piccioni con una fava) e uno strato pesante di polvere unita a peli di micio su tutte le superfici domestiche.


Insomma: per gli appassionati di “Un posto al sole” servirebbe proprio una Teresa. Anzi: a questo proposito qualche mattina fa Lui si è alzato da colazione lasciando tutto sul tavolo mentre io stavo facendo fare colazione alla pallina. Al che, avendo appena assistito alla puntata in cui Roberto Ferri liquida la storica e precisissima governante, sono sbottata: «Ehi: guarda che anche noi abbiamo licenziato Teresa». E il rimprovero ha ottenuto i suoi frutti: ma non illudiamoci: da quel giorno ad andare a posto (cioè nella lavastoviglie) è solo la tazza della mattina.

lunedì 7 maggio 2012

pronti...via!


Eccoci. Almeno: proviamoci. Anzi: sono già in ritardo di una settimana e più.

Due venerdì fa sono stata un po’ bacchettata (in parte a ragione, in parte no) per il mio recente lavoro e Lui ci ha messo il carico da novanta. E se nell’immediato avrei avuto voglia di mollare tutto e ritirarmi (non solo dal lavoro ma, enfaticamente, da tutto: forse risento ancora nella depressione post parto), pensandoci un po’ su la sua lavata di capo mi ha aperto gli occhi.
E così ho detto basta. ho deciso che è il momento di riprendere in mano la situazione, di ricominciare la vita anche se il punto in cui si è interrotta non è quello che si potrebbe pensare, cioè i tre mesi dalla nascita della mia “Sofia bellissima” (uno dei tanti appellativi con cui la chiamo), ma sono … beh, diciamo quindici anni.


Sono quindici anni che mi trincero dietro il pensiero di quanto, come, cosa, perché e soprattutto se mangiare piuttosto che affrontare la vita vera, fatta di alti e bassi che per me, finora, sono stati (e continuano purtroppo a essere) il sinonimo di sconfitte pronte a sgretolare quella patina di perfezionismo che mi porto addosso.


Per non farla lunga, il mio pensiero – focalizzato sul lavoro – è quello di fare qualcosa. Basta aspettare. Rimettiamoci in campo, cogliendo tutte le occasioni che mi capitano e magari cercandone e/o creandone qualcuna. Perché finora negli ultimi tempi ho detto troppo spesso che non ho un lavoro e magari averne uno ma, a essere sinceri, poco ho fatto per trovarlo. E così mi sono appoggiata a Lui che, magari in modo brusco ma efficace, me l’ha fatto notare. Quindi adesso il piano è, a parte riprendere progetti e lavori a stambecco finora affrontati, il piano è – dicevo – quello di dedicare qualche ora ogni giorno (o quasi) alla scrittura, del blog ma se ci riesco non solo di quello.

Perché è scrivere che mi piace fare ed è scrivere ciò che, al momento, posso fare: certo con l’aiuto delle nonne. E se questo in realtà un po’ mi sbalestra perché non sono abituata a farmi aiutare (perché mi sembra di sfruttarle) devo convincermi che è per il bene di tutti. Anche di fronte ai sensi di colpa che, più spesso, non sono per il fatto di “abbandonare” la pallina ad altre mani ma piuttosto sono sensi di colpa perché non mi sento in colpa nell’ “abbandonarla”. Poi, alla fine della fiera (o forse tanto per darsi un alibi ulteriore) diciamo che fa bene sia a lei che a me staccarci un po’ e che comunque due ore al giorno forse tutti i giorni o forse no non sono proprio una tragedia. Credo crescerà bene lo stesso; anzi, ne sono certa.

Detto questo: rimettiamoci in pista. E spero di andare avanti con le amiche/fan di sempre e con tante altre nuove amiche.

Ma ora la principessa reclama: pasciuta e cambiata, merita (e io con lei) una passeggiata.