mercoledì 26 ottobre 2011

il peso di certe giornate

 

Oggi è una giornata un po’ così, non solo dal punto di vista meteorologico. Riprendendo uno sketch coniato insieme a un mio ex collega, il mio umore è decisamente “GNE GNE”.

E purtroppo so a cosa è dovuto: tra qualche ora ho la visita mensile dalla ginecologa. Senz’altro il primo pensiero di tutti potrebbe essere “Ecco una brava mamma che si preoccupa per la sua creatura”. E in effetti sarebbe normale se fossi preoccupata della normale crescita della bimba.

E invece no.

Ho semplicemente paura della bilancia. E la prossima settimana, dato che andrò dalla dietista, dovrò sottopormi nuovamente a questa terribile pratica in cui mi pare di perdere fattezze umane per assumere quelle di un vitello.

Una sequenza di preoccupazioni stupide ma che non riesco ad arginare mi sta tormentando da qualche giorno, sollecitata anche dal fatto che due persone, a poca  distanza l’una dall’altra, hanno sostituito un forse troppo asettico e impersonale “Come stai?” con un più colorito e accorato “Quanto sei aumentata?”.

E così ecco cosa mi passa per la testa:

1.     All’ultima visita la ginecologa mi aveva detto che, essendo finalmente (??) arrivata a quello che dovrebbe essere il mio peso normale, pur dovendomi preparare psicologicamente a un aumento di 12/15 kg – comunque per me accettabile visto il sottopeso da cui sono partita –, forse d’ora in poi sarei aumentata un po’ di meno: sarà veramente così? No, perché se non è così temo proprio di perdere quel margine di equilibrio che ancora mi resta.

2.    Senz’altro la “magia” prospettata dalla dottoressa non si verificherà: certo, con tutto quello che mangio (una pizza intera a cena dopo aver mangiato anche la colazione e il pranzo; due club sandwich con patatine compensati da sole verdure a cena) ma soprattutto la festa dell’altro giorno … oddio!

3.    E poi domani c’è un’altra festa, e venerdì un invito a uscire con gli amici (finalmente l’invito è arrivato!), e poi chissà, dato che ci sono il week end e il martedì di festa: troppe, decisamente troppe occasioni in cui potrei perdere il controllo e in cui dovrò, necessariamente, limitare quello che mangerò nel resto della giornata.

Lo confesso (e forse l’ho già scritto): non so se sia felice o meno di poter, una volta avuta la bimba, tornare a fingere di mangiare come facevo prima. So di sbagliare i miei parametri di riferimento: anziché confrontarmi con quanto e come ho mangiato in questi ultimi anni, dovrei tendere a ciò che mangiavo ai tempi della mensa universitaria dove, per proteggermi da possibili intossicazioni o gusti discutibili, ordinavo sì la pasta in bianco, ma il quantitativo era pari a quello che ora consumo in un anno. Ho un po’ nostalgia di quei tempi, ma pure dei tempi in cui, approfittando della qualifica di studentessa e poi dottoranda squattrinata, risparmiavo sul pranzo prendendo qualcosa alle macchinette o portandomi da casa una mela e un pacchetto di crackers.

Però, a parte il problema cibo, in queste ore altri pensieri mi si sono affacciati alla mente. O meglio: ricordi che mi stanno facendo riflettere su come cambierà la mia/nostra vita tra tre mesi.

Mi rivedo nelle missioni di studio a Ferrara, Firenze e Venezia (e vabbè: anche se la detesto, in questo ragionamento inserisco pure la laguna),
 
 
dove avrei voluto poi tornare con Lui per fargli rivivere alcuni momenti di quelle esperienze in solitaria portandolo per musei e locali; ripenso alle nostre vacanze e giornate in giro per mostre e mi chiedo se ci saranno ancora; visualizzo l’elenco delle cose che avrei voluto fare da sola (in primis una gita a Milano per incontrare un’amica che pazientemente, in questi mesi, si è barcamentata fra i miei “arrivo” e “adesso no”) o con mamma e nonna (una rimpatriata fra parenti a Pisa e dintorni). Comincio a sentire la mancanza dell’aerobica e cerco di immaginare quanto sarà diverso andare in giro per centri commerciali o per quanto tempo non frequenterò cinema e teatro.

Troppo egoista? Dovrei solo pensare al fagottino in arrivo?

Mi spiace, non ce la faccio: sono una persona che umanamente, sapendo di andare incontro a un cambiamento capitale della propria vita (e solo con le “tappe” più importanti ci è data la possibilità di fantasticare sul futuro), si interroga sui cambiamenti che si succederanno.

Scusate lo sfogo ma, come diceva Italo Svevo, la scrittura è un metodo di igiene personale e ne ho approfittato per vedere di calmarmi un po’.

Ma c’è un’altra, ultimissima cosa. Ho atteso questo pomeriggio con trepidazione: è più di un mese che non vedo la bimba e sono proprio curiosa di sapere com’è diventata. Sono sicura che fra qualche ora, quando avrò visto il faccino di quella pallina che ogni sera e notte si rotola nel campo di calcio che ha attrezzato dentro di me, tutte le paturnie spariranno.

Anche perché Lui sarà lì con noi.
 


p.s: eh sì, povera piccolina: anche a te toccherà sottoporti alla tortura fin dall’inizio: interessante metafora del peso della vita …

2 commenti:

  1. Oh, Eliana...
    Io non credo tu possa intuire con quale soddisfazione profonda io legga costantemente il tuo blog. E non, come si potrebbe semplicisticamente immaginare, per la gioia leggermente velata di verde crudeltà, nel vederti dibattere nel pantano dei mille dubbi, nostalgie e ansie che prendono una donna alla soglia del suo debutto in qualità di mamma. Ammetto che è interessante scorgere anche questo aspetto e convincersi, ancora una volta, che i pensieri mille volte sfiorati del "Non sarà più come prima" e "Chissà se riuscirò ancora a farlo" non erano solo mie personali, egoistiche elucubrazioni, ma ciò che mi affascina sopra ogni cosa è questa forma maniacale del mettere nero su bianco le proprie sensazioni di questi momenti e farlo con un marcato spirito di autoironia, con amore per quel miracolo sempre nuovo che prende forma ogni giorno dentro di sè, ma senza cadute in sentimentalismi scontati. Deve esserci qualcosa di fisico, oltre alla naturale propensione alla grafomania. Devono esserci, da qualche parte dentro di noi degli "ormoni giornalisti" che rivendicano il diritto ad essere ascoltati e letti in quello che si profila come il miglior "scoop" della loro vita. Leggerti mi ricorda in modo impressionante l'atteggiamento avuto nel corso di entrambe le gravidanze: non ho mai scritto tanto come in quelle due occasioni e rileggermi oggi, a distanza, mi da' talvolta un senso di sgomento: c'era qualcosa in quella scrittura, un valore aggiunto, una dote, un fascino che temo non possa ripetersi, che sia andato perduto.
    ma non volevo parlare di me. Volevo solo dirti che sei in gamba e mi piace davvero molto lo spirito con cui affronti questa gravidanza: stai sicura che Lei, la principessa, sta seguendo e ascoltando le tue esilaranti performance con tutti i suoi sensi acuiti e non può che provare ammirazione per questa mamma, sì con i calzettoni, ma non per questo meno super. E, a proposito, niente sarà più lo stesso, non illuderti, ma tutto sarà più intenso, ingigantito da quell'emozione profonda, quella commozione intensa che per un attimo, quando sarà il momento, ti lascerà intravedere il senso di tutto. Oh, accidenti, sono caduta nel sentimentale, e non era mia intenzione, quindi la finisco qui, ma non so se avrò più occasione di scriverti qualcosa di così lungo e ora " sentivo" di volerlo fare.
    Un abbraccio,
    silvia d'onofrio

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  2. Oh grazie cara Silvia! quando ho visto di avere un commento da "anonimo" ho temuto che fosse qualcuno pronto a darmi una zappata perchè non scrivo quanto sono felice, serena, tranquilla, emotivamente a mille...come ci si attenderebbe in questa occasione e in mille altre (laurea, matrimonio, convivenza...) che, essendo cambiamenti, mi hanno invece destabilizzata.
    Magari il nostro cuore e la nostra mente seguissero quel "vademecum dei sentimenti e delle reazioni" che tutti sono pronti a spiattellarti in faccia e che, se non segui, significa che sei un essere indegno!
    Ringrazio invece di aver trovato il tuo commento, sensibile, dolce ed emozionante come immaginavo e capace di illuminarmi veramente la giornata.
    Un abbraccio

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