lunedì 27 aprile 2020

ritorno

Passeggiata oltre i 500 metri,
stamattina
Come ho scritto ieri, ciò che diciamo, pensiamo e scriviamo in questo periodo si assomiglia. Potrebbe essere consolante e suonare come ulteriore dimostrazione (per chi ne abbisognasse) del fatto che siamo tutti semplicemente, ugualmente, innegabilmente uomini, senza distinzioni.

Così oggi leggo un articolo di Paolo Rumiz preoccupato della propria capacità di tornare alla normalità. Preoccupazione oltremodo legittima, perchè credo che molti, in questo isolamento, ci sono stati bene.
Ci sono stata bene.
Tanto che ora che si comincia a ventilare l'ipotesi di una riapertura dei musei a metà maggio, sento un sottile velo d'ansia pervadermi, subito pronto a mutarsi in malumore.

Un'altra delle riflessioni che ho letto riguarda il fatto che, avendo più tempo a disposizione, le persone possono essere entrate in pieno contatto con le scelte della propria vita, le abbiano sondate, abbiano verificato la classifica dei propri valori e abbiano così meditato di cambiare: qualcosa o l'intera esistenza.
Riflessioni
Ecco: a me personalmente non serve avere più tempo a disposizione per pensare perchè ogni giorno, dal momento in cui apro gli occhi fino alì quello in cui mi addormento, quella che un'amica aveva identificato come “una radiolina nel cervello” è sempre accesa, senza riposo e con batteria misteriosamente ricaricabile. E non è neppure un mistero la mia costante insoddisfazione.
Ora: non so per gli altri, ma per me due mesi non sono stati sufficienti.
Sufficienti per riordinare casa e pulirne angoli inesplorati, tirare fuori libri sepolti nei cartoni del trasloco da tre anni, attaccare e commentare nell'album le foto di un anno fa, pulire l'auto, leggere tutti i libri (o anche uno solo) che so di aver acquistato in tempi più o meno recenti perchè sentivo di non poterne fare a meno, studiare per prepararmi alla ripresa, iscrivermi e seguire corsi di informatica on line. Due mesi, a dirla tutta, non sono bastati neanche per stappare le bottiglie di Moët Et Chandon che riposano nel frigo, in attesa dell'occasione giusta.

La domanda è, allora: cosa ho fatto, visto che anche i momenti di ozio sono stati molto risicati.
La mamma.
La mamma presente. O almeno ci ho provato, perchè mi sono anche spesso sentita dire: «Ma non stai con me/Non giochi con me». Sicuramente è vero: non ho giocato molto, in questo è indubbiamente più bravo Lui che regredisce ai tempi dell'infanzia divertendosi senza freni quando le insegue per casa, costruisce insieme a loro progetti o riesce a mettere insieme pezzi di cartone sfidando le normali leggi della fisica per il solo gusto di soddisfare la fantasia delle bimbe.

Molte saranno le cose che mi mancheranno quando si tornerà alla normalità, perchè non potrò sottrarmi al rientro nonostante stia pensando, cercando e mi stia interrogando su cosa fare.
Certo non mi mancherà la didattica on line, anche se pare ormai un'acquisizione pure per il futuro, nè il tempo trascorso arrabbiandomi per i compiti.
Mi mancherà però cercare di insegnare qualcosa alle Belve, qualcosa di intangibile così come di utile e pratico: essere più ordinate, piegare la biancheria, far la treccia alla Barbie. Due mesi non sono comunque bastati neppure per questo: pare che i bambini di oggi, abilissimi nell'avviare Netflix (cosa che invece io non ho imparato a fare) non riescano a destreggiarsi in queste banalità, così come non ci arrivino a pensare che se stai distante dal piatto, ti rovesci tutto il sugo addosso. Le tovaglie lo dimostrano.
Mi mancherà sentirmi dire «Voglio stare con te», frase ripetuta un centinaio di volte al giorno nonostante la forzata prossimità. Così come «Sei la migliore»: non ci credo molto e solitamente rispondo con un mezzo mugugno, ma è bello sapere che per mezzo secondo lo abbiano pensato davvero.
Mi mancheranno i continui abbracci con piedi della Pulci: un abbraccio stile koala, eventualmente utile anche nel caso in cui ci si voglia allenare con un po' di zavorra addosso.
Forse mi mancheranno anche i costanti remix della Princi, che canta tutto il giorno canzoni in inglese-principessizzato componendo improbabili ritornelli senza senso.
Mi mancherà vederle affiatate complottare per chiedere la merenda, se possono mangiare il gelato o vedere i cartoni.
Mi mancherà perdermi nei loro occhi, grandi, profondi, penetranti.
Mi mancheranno le domande di vita della Princi, i baci schioccanti della Pulci.
Mi mancherà avere il tempo di cucinare, organizzare apericena casalinghi, pensare a piccole cose piacevoli per tutti.
Mi mancherà, in sostanza, la vita da casalinga, da Nonna Papera, da mamma che corre spinta da un'ansia che non è quella oggettiva dei preparativi per andare a scuola e dei mille impegni fuori casa.
Mi mancherà sentir sussurrare la Pulci: «Mi piaci da morire. E mi piace anche papà. E anche Sofi. E tutta la famiglia».
Anche a me.
#iorestoacasa
#migodolebimbeprimachecrescano
#riflessionidaquarantena
#PaoloRumiz
#ritornoallanormalità

domenica 26 aprile 2020

dove vorrei andare durante la quarantena

Compiti creativi: 
robottini di riciclo
Alla fine, ciò che tutti scriviamo, pensiamo, diciamo in questo periodo si assomiglia molto.
Stamattina ho letto un bell'articolo di Riccardo Luna sui sogni dopo la quarantena. E questo mi ha fatto riflettere: dove andrei DURANTE la quarantena? No, non ho sbagliato: non intendo dopo, ma proprio durante.
In questi giorni mi piacerebbe andare la mattina in cucina all'alba (come normalmente accade) senza sentire il ticchettio del countdown per l'arrivo delle belve a interrompere l'unico momento di sana solitudine della giornata: quello in cui mi riconnetto con il mondo poco per volta e solo dopo aver fatto colazione.
Vorrei andare nella camera al piano di sopra, quella che sarebbe dovuta essere il mio studio ed è invece diventata l' “office” per lo smart working di Lui. Vorrei salirci per finire di riordinare i libri, i soprammobili, le foto di una vita fa parlandone alle bimbe e perdendomi con loro nei ricordi, in quella che ero e sognavo sarei diventata. Dopodichè, credo aprirei la finestra e proverei un volo d'angelo.
Vorrei stare sul divano a guardare un film che decido io, senza addormentarmi davanti alla tv o leggere un libro mentre la Princi fa i compiti, da sola.
Vorrei andare in bagno senza che qualcuno spalanchi la porta (anche se comunque a casa nostra è sempre aperta) o stare sotto la doccia senza che la Princi venga a cercarmi con il cellulare in mano perchè la maestra deve parlare con me nonostante il papà sia proprio lì di fronte a lei.
Vorrei entrare in salotto all'ora di cena e trovare apparecchiato.
Alzarmi la mattina e non trovare la sabbia della lettiera sparsa ovunque.
Camminare nell'ingresso e in salotto senza la paura di mettere il piede sul coperchio di una delle mille scatole di plastica dove dovrebbero stare i giochi e senza far lo slalom fra lego di varie dimensioni, matite, pennarelli, ritagli di cartoncino (mai fatti tanti lavoretti per la scuola come in questo periodo) e il passeggino.
Però, obiettivamente, alcuni di questi più che luoghi fisici sono spazi di pace pre bimbi, persi molto prima del virus. Che poi sono superati, per numero e importanza, dalle situazioni e dai momenti cui non rinuncerei mai e che ho vissuto proprio durante la quarantena.
Ma questo è un altro post.
Comunque, per la cronaca, a proposito dei lavoretti, ce ne fossero stati altrettanti da fare quando ero io a scuola, che si sappia: non avrei superato la seconda elementare.
  1. #iorestoacasa
  2. #cosedafare
  3. #spazidoveandare
  4. #compitionline
  5. #quarantena
  6. #cosafare
  7. #lavorettiperscuola
  8. #migodolebimbeprimachecrescano

mercoledì 22 aprile 2020

virus nella testa

 A passeggio (nel raggio di 500 metri)
con le nostre nuove mascherine
Che dopo non saremo migliori me lo confermano notizie come quella che ho appena letto. Un'infermiera lucchese, che quotidianamente ingoia lacrime prima di entrare nel reparto malattie infettive in cui opera, si trova nella buca delle lettere un biglietto in cui i condomini la “ringraziano” per «il Covid che tutti i giorni ci porti in corte». Come direbbe la Princi, lo scrivono sarcasticamente. Mi vengono i brividi.
O come l'altra, che ho letto ieri, di un padre che ha ucciso la figlia di 3 anni, cercato di far lo stesso con il maggiore di 12 e poi ha tentato il suicidio lanciandosi in un pozzo. Al di là del fatto che, come diceva il mio professore di religione alle superiori (un sacerdote) chi vuol suicidarsi ci riesce sempre, la motivazione per questa follia è la perdita temporanea di lavoro causata dal virus.
E poi: qui in città, la polizia ha multato i genitori che avevano infranto il muro dei 500 metri di distanza dalla propria abitazione per recuperare il proprio bambino che si era allontanato giocando.
Infine: grazie al virus (e questa volta, non sarcasticamente) il sindaco di una città vicina avrà un facile e oggettivo (??) pretesto per allontanare i lavoratori stranieri e lasciare il cantiere agli autoctoni.

Ne deduco che:
  1. il razzismo varcherà le soglie della “semplice” e per me incomprensibilmente assurda ghettizzazione di chi ha la pelle di un colore diverso o viene da un Paese lontano. Comincerà a riguardare il tuo vicino, bianco, con cognome e tratti somatici italiani (quali sarebbero, poi?) perchè ha un lavoro e tu no, o perchè ha continuato a lavorare e tu no, o perchè durante la quarantena ha avuto a disposizione un giardino per far correre i figli, o addirittura è riuscito a farli studiare perchè aveva pc per lo smart working in salotto, tablet in cucina, stampante e persino connessione internet sempre attiva.
  2. Si scoprirà che metà dei morti per corona virus sono in realtà stati vittime di padri padroni, mariti violenti, persone con disturbi psichici manifesti o latenti che però, causa la quarantena, i servizi preposti non sono riusciti a seguire adeguatamente. E, buon per loro, quando si tornerà alla normalità, chi avrà un bel po' di lavoro, arretrato e non, saranno proprio psicologi, psicoterapeuti, psichiatri, esperti di medicine alternative e di tecniche di rilassamento che avranno un bel da fare per instradarci nuovamente.
  3. Un effetto positivo potrebbe essere l'ansia di aria aperta di cui sembra siano preda i nostri bambini. Quindi, complice “l'abuso” di strumenti elettronici usati in questi mesi per i compiti, prossimamente saranno tutti a giocare al parco e riscopriranno il piacere di stare assieme, senza essere separati dallo schermo di un cellulare, senza bisogno di ascoltare le ultime hit o vedere filmati divertenti con il telefonino per poter avere un argomento di conversazione. Ma non ci giurerei.
  4. Il razzismo già manifesto si esacerberà e quello latente o prima assente emergerà con prepotenza, non solo verso lo straniero ma anche verso chi viene da una regione con zona rossa. Soltanto che, quando riapriranno le frontiere e potremo nuovamente andare all'estero, saremo noi italiani, additati come untori, le vittime di questo odio: o, perlomeno, di distanze superiori a dieci metri fra noi e il barista sul lungomare di Miami.
Ecco: direi che il mio ottimismo iniziale su un possibile miglioramento della specie umana è svanito. Annientato dietro quelle mascherine che, in realtà, ci rendono tutti identici, tutti ugualmente esposti a una malattia, tutti potenzialmente a rischio di perdere il lavoro.
Al momento: tutti sottoposti al medesimo smarrimento, leggibile in quegli occhi che potrebbero e dovrebbero brillare più intensi visto che al momento sono il solo nostro abbellimento, ma che in realtà sempre più spesso sono preda della diffidenza.

lunedì 20 aprile 2020

sconfortante normalità

Snoopy: Voglio andare al supermercato,
voglio andare al supermercato, 
voglio andare al supermercatoooo
Lo smarrimento sta lentamente prendendo il posto del placido ottimismo delle scorse settimane.
Condivido il pensiero di alcune amiche che lo fanno derivare dall'incertezza in cui stiamo vivendo.
La mascherina non serve sempre e dopo un attimo la mascherina è obbligatoria. Non si può uscire assolutamente e il giorno successivo c'è il via libera per un raggio di 500 metri da casa.
Riaprono le attività, ma solo alcune.
Il 3 maggio finisce il lockdown, ma chissà se sarà vero.
E poi chissà cosa succederà.

Cosa succederà è il mio pensiero costante, insieme allo sconforto. Che vorrei non trapelasse, ma evidentemente le bimbe lo percepiscono ugualmente.
Mi preoccupa la Pulci, che continua ad avere giornate da cozza pronta a far scattare l'abbraccio e addirittura “l'abbraccio con i piedi” (un abbarbicamento stile koala) accompagnato da frasi tipo:
«Mamma, voglio stare con te!»: sì, ma perchè finora con chi sei stata?
«Mamma, voglio stare vicino a te!»: Bubi, ma più vicino di così; anche se le peggiori sono:
«Come faccio a non pensare che la nonna muore?»
«Mamma, io non voglio che vi ammaliate»
«Mamma, io non voglio che morite» (sulla consecutio temporum stiamo ancora lavorando).

Pulci pasticcera
Dietro la sua scorza da dura, dietro le sue risposte acide come non mai e il suo fingere che nulla le interessi o la tocchi davvero, la Pulci sta cedendo. Ha addirittura iniziato a dire che le manca l'asilo. Ma le passeggiate no. Tanto che portarla fuori ora che limitate uscite sono consentite diventa una tortura psicologica. Per me, non per lei. O perlomeno: se non ha voglia di uscire, lo manifesta facendo passi da formichina, rimanendo indietro e quindi ovviamente non si tratta più di una camminata ma di una continua attesa che il gruppo si ricompatti.
Però è una tortura pure per lei: domani dovrebbero essere pronte le mascherine versione bimbo che ho ordinato, e spero vada meglio. Nelle tre passeggiate fatte finora, soprattutto l'ultima di domenica, tutti e quattro insieme, mi ha fatto male al cuore vedere la sua difficoltà a indossarla, a sopportarla, a respirarci dentro e pensare che potrebbe essere così per sempre. 

Attività fisica nell'ingresso-palestra
Infatti, lo scoramento riguarda il fatto che le bimbe non avranno mai una vita come è stata la nostra fino a pochi mesi fa, e chissà se se la ricorderanno la vita detta “normale”.
Per loro la normalità sarà stare distanti, non toccarsi, non darsi la mano, forse non avere più feste di comunità come quelle che si sono succedute in questi anni nè andare al cinema con la possibilità di condividere un commento con il vicino di poltrona? E la scuola come sarà, sempre a distanza? E si dovranno abituare a correre con la mascherina? Dovranno andare a prendere il gelato a 100 metri da casa?
Tutto ciò mi terrorizza e mi scatena un diffuso formicolio sottopelle, di rigetto.
Forse sto sottovalutando le capacità di adattamento dei bambini.
Forse, come si diceva con Lui ieri sera, anche io riuscirei nell'impresa che ora mi pare impossibile da accettare: fare la spesa on line, senza poter vedere dal vivo e confrontare pacchi di biscotti, tastare la verdura, ringraziare e augurare buon lavoro al salumiere.
Spinta dalla necessità, dal non poter fare altrimenti, magari ci riuscirei anche io.
Spero solo di volerci riuscire, nel caso dovessi.

    #iorestoacasa
    #sconforto
    #eccezionalità
    #normalità
    #paura
    #migodolebimbeprimachecrescano

lunedì 13 aprile 2020

Sorprese di Pasqua

Pronti per il pranzo di Pasqua
E' stata una Pasqua diversa dal solito. Una Pasqua particolare. Una Pasqua che ricorderemo.
Ci siamo riempiti la bocca e le orecchie con queste frasi fatte, senza pensare molto al loro significato.
Diversa dal solito.
In tanti magari avevano programmato una mini vacanza, forse l'avevano già prenotata. Noi sì. E tre settimane fa l'abbiamo disdetta, con grande tristezza. Perchè ce la meritavamo proprio, una pausa per riprenderci da un periodo pesante. 

Pausa: ecco ciò che questo periodo è per tutti. E' una sorpresa: qualcosa che certo nessuno si aspettava e probabilmente ne avrebbe fatto a meno. Ma proprio per questo è ancora più importante: nessuno si sarebbe preso mai autonomamente la resoponsabilità di dirsi “stop!” nonoistante lo stress, la fatica, la stanchezza per i propri ritmi frenetici. Eppure, ogni tanto, può far bene. Quindi, a mio avviso, è un regalo. Possiamo riflettere su ciò che conta veramente per noi, sulla lista delle nostre priorità, su ciò che è superfluo e di cui possiamo fare a meno. E' vero, noi abbiamo il giardino e abbiamo potuto goderne in queste giornate di sole, quando sembrava che le belve avessero scambiato il porfido del cortile per la sabbia di Ibiza, passeggiandoci scalze e in costume. Però il modo in cui abbiamo tracorso Pasqua e Pasquetta per me è stato davvero un regalo. Se non ci fosse stato il lockdown non sarei stata con la famiglia perchè probabilmente avrei lavorato: e non sono fra quelli che rimpiange una giornata festiva al lavoro.

Poi, non so per gli altri, ma da noi quando si avvicinano le feste comincia il dramma degli inviti e di cosa faremo. E spesso si finsice per fare qualcosa che non si sarebbe voluto e si sta con persone che avremmo pure evitato. Anche in questo caso, è vero: ho la fortuna di una famiglia che amo e con cui sto bene, ma per me è stato sufficiente. Cioè: qualche parente in più lo avrei visto volentieri e mi sarei pure fatta una passeggiata al mare, ma può andar bene così.

La nostra famiglia vista dalla Pulci...
e ritratta con le nuove tempere
Una Pasqua che ricorderemo.
Lo spero, vivamente. Non per l'aspetto negativo di essere costretti a non uscire, a non poter fare la scampagnata. Ma troppo spesso quando ci si ritrova a pensare come si sono trascorse le feste precedenti, stentiamo a ricordarlo. Non sarà questo il caso. Ricorderemo tutto ciò che abbiamo fatto, nella sua eccezionale banalità: con il quotidiano trasferito in una giornata speciale come potrebbe/dovrebbe essere Pasqua; ma anche nella sua banale eccezionalità perchè restare a casa in una coppia di giornate di meraviglioso sole come quelle di quest'anno è un'eccezione che abbiamo dovuto pennellare di gesti semplici: vestirci eleganti nonostante fossimo a casa, realizzare la caccia al tesoro, stare insieme.

Personalmente, ricorderò i pranzi all'aperto, impossibili in estate causa zanzare; Lui sicuramente terrà a mente l'inaugurazione della griglia elettrica e il primo barbecue; vorrei che non si cancellassero le immagini della Pulci che corre con il vestitino da festa nell'aiuola di fronte a casa nè le guanciotte arrossate della Pulci che scappa dai colpi sparati da Lui con le nuove nerf; vorrei anche trattenere la sensazione di pace, silenzio e tranquillità che ho percepito in diversi momenti; e non scordare Biscottino che corre come fosse stato liberato lui dalla quarantena, si arrampica in cinque secondi sulla cima dell'albero e ne scende in retromarcia.

Cosa mi è mancato? Poter festeggiare i 60 anni di un'amica lontana, che però abbiamo videochiamato e, nonostante la solitudine, ne abbiamo sentito la gioia per piccole cose come una passeggiata nel giardino privato di fianco a casa e la torta ricevuta a sorpresa. E abbracciare mio cugino che proprio ieri ha compiuto gli anni.
Ma ci sono state novità, come quelle che ho citato nei ricordi che vorrei trattenere e l'allenamento nell'atrio di casa: e, a questo proposito, quanto mi manca la morbidezza del pavimento della palestra!
    #iorestoacasa
    #Pasquaepasquetta
    #eccezionalità
    #banalità
    #cosebelle
    #ricordi
    #tempolento
    #migodolebimbeprimachecrescano

lunedì 6 aprile 2020

coronaspettative

#iorestoacasa giorno 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26 e 27
Aspettative.

Ci sto pensando molto in questi giorni, come tutti. Si passa da quelle più immediate a quelle sul lungo periodo.

Momento consolatorio fra sorelle
Al primo gruppo appartiene l'aspettativa di riuscire a scrivere questo post. Dopo la prima parola, la Pulci mi è venuta a chiedere di farle vedere una cosa al computer, sul padlet creato dalle maestre della scuola materna. «Un attimo». Che, accompagnato da un leggero sospiro e/o da sollevamento degli occhi al cielo, è uno degli intercalari più abusati del periodo.

Quelle a cui si pensa maggiormente sono però le aspettative sul dopo: come saremo, come vivremo, cosa accadrà all'economia, ai rapporti sociali, all'ambiente, alla quotidianità.
A me è però venuto istintivo pensare alle aspettative sull'oggi.
A ciò che è necessario.

Intendiamoci: non sono una seguace dell'austerità, nè nella vita pre virus, nè adesso. Solo, ho iniziato a riflettere su quale sia la nostra percezione della necessità.
Difficile sapere e intercettare i bisogni personali e quelli familiari. Difficile conciliare il desiderio di avere ciò cui siamo abituati e rinunciare a ciò che tanto indispensabile non dovrebbe esserlo in un periodo di difficoltà.

Abbiamo iniziato a pensarci con la Mamma-nonna qualche settimana fa, quando mi ha espresso il desiderio di comprare una colomba, subito ritirato perchè «In questo momento non è necessaria».
Vero: ci si può rinunciare. Così come all'uovo di Pasqua, allo spumante, alla carne per la griglia di Pasquetta, ai fiori, alle creme del negozio di fiducia, ai giocattoli.
Sfizio a cui non si può rinunciare...
il sorriso di chi consegna a domicilio
In tempi di quarantena si dovrebbe poter rinunciare a tutto ciò che è superfluo. Ma a che livello si è spinto il nostro grado di necessità delle cose? Non possiamo più vivere senza i beni succitati, così come sembra un'impresa eroica riuscire a rinunciare ad andare dall'estetista, dal parrucchiere, dal massaggiatore, dal gelataio che prepara il gusto che tanto ci piace.

Per solidarietà con chi l'isolamento lo ha vissuto veramente durante la Seconda Guerra o lo sta vivendo in Medio Oriente a causa dei molti conflitti in corso si dovrebbe essere moralmente solidali e rinunciare a tutto ciò che non ci garantisce la semplice sopravvivenza.

Ma ne saremmo capaci? No, non credo.
Ma sarebbe giusto? No, non credo neppure questo.
Ma potremmo riflettere su quali siano le nostre priorità? Sì, questo almeno sì.

Mi unisco quindi al coro di coloro che dicono che si dovrebbe ripensare alla propria esistenza, impostarla su nuove basi ora che abbiamo tempo di riflettere su ciò che siamo stati fino adesso e su ciò che vorremmo essere. Sul tempo che dovremmo dedicare alla famiglia, al lavoro e ai social, nella speranza che (questo sì) internet, chat, webinar, didattica a distanza e tutorial ritornino almeno parzialmente nella linea d'ombra da cui sono emersi.

Cos'altro potremmo rimodulare passata l'emergenza?

Sebbene sia sempre stata a favore delle aperture festive di supermercati e centri commerciali, credo che questa esperienza ci abbia insegnato che è possibile programmare la spesa settimanale senza per forza dover correre a comprare le lasagne la domenica mattina per il pranzo della festa. Un'idea potrebbe essere quella di aperture a rotazione fra i vari supermercati della zona, chissà. 

Potremmo continuare a portare a passeggio i cani con il fervore con cui lo stiamo facendo adesso o desiderare di far uscire i bambini con lo stesso ardore che, quando varcheremo il portone, ci ricorderà di lasciare a casa il cellulare per dedicarci esclusivamente a loro.
Potremmo proseguire nella condivisione di ricette, trucchi e rimedi casalinghi vari su come pulire, cucinare pizza e pane, realizzare lavoretti con i propri figli.

Laboratorio pasquale doppio...
Potremmo protrarre i lamenti per la didattica a distanza, spesso incomprensibile nelle indicazioni o difficile da raggiungere per mancanza di mezzi, per rivalutare all'opposto l'importanza della scuola con le sue lezioni frontali e i compiti scritti su diari e quaderni.

Potremmo ricordarci la bellezza di restare in pigiama fino a tardi, di non dover comprimere in mezz'ora azioni come colazione, doccia, lavaggio dei bambini, vestizione, gestione di capricci e lamenti, imbarco in auto e corsa verso la scuola.

Potremmo continuare a telefonare o videochiamare amici e parenti anzichè spedire frettolosi messaggi, non smettere di leggere i giornali (cartacei o digitali) per approfondire e riflettere sulle notizie frettolosamente incamerate da facebook: e, a questo proposito, un'abitudine che non vorrò perdere sarà leggere La prima cosa bella ogni mattina sul sito di Repubblica, fonte di grandi spunti di pensiero. 
Come ha scritto qualche giorno fa  Gabriele Romagnoli (https://rep.repubblica.it/pwa/rubrica/la-prima-cosa-bella/2020/04/02/), non sappiamo ancora quando, ma si tornerà a una normalità che non sarà quella di prima: sarà una nuova normalità, pronta a ricadere presto o tardi in una banale e stressante quotidianità che magari ci farà pure rimpiangere i tempi lenti di adesso.