venerdì 29 maggio 2020

compleanno mascherino

Mercoledì 27 maggio
Può sembrare assurdo, ma anche in questo periodo arrivo al venerdì pensando: «Ma la settimana non era iniziata ieri?». E così, avrei voluto scrivere un post di riflessioni pre compleanno e invece sono già trascorsi due giorni dal mio genetliaco.
Tutti le persone il cui compleanno è stato (o sarà) in tempi di virus hanno scritto e detto che lo ricorderanno. Io spero di ricordarli tutti, non questo in modo particolare. Inizialmente, avevo pensato che se si fosse tornati alla normalità in tempo, lo avrei voluto festeggiare alla grande, più ancora che quello dei 40, con un evento da tenere magari nell'aiuola di fronte casa, tutti ubriachi sfatti per festeggiare la fine della quaratena più che l'avanzare dei miei anni.

Un'invitata speciale...
con mascherina
Ecco: se si fosse tornati alla normalità. Ma le misure restrittive si sono semplicemente allentate, lasciando larghe maglie in cui ognuno infila le libertà e le interpretazioni che desidera. Però le mascherine le dobbiamo portare ancora e, soprattutto, dobbiamo tenerci a distanza e non toccarci.

Quindi, dal festone sono passata a considerare la possibilità di ordinare la cena da un'amica chef invitando solo la famiglia. Che poi saremmo già quasi una trentina. Ma poi, oltre a valutare che le bimbe non avrebbero apprezzato ciò che avrei scelto e quindi sarebbe stata meglio una pizza e via, è tornato il pensiero del non toccarsi. Mercoledì mattina gli zii sono venuti a portarmi il regalo e farmi gli auguri e, senza realizzare subito il motivo, mi sono chiesta perchè non mi abbracciassero. E allora, proprio pensando a questo, ho deciso che alla fine saremmo stati solo noi 5: che senso avrebbe avuto una festa in cui avremmo tutti parlato solo del virus, magari indossando la mascherina e, soprattutto, nessuno mi avrebbe potuto/voluto baciare e abbracciare?

La super torta
Intendiamoci: la festa l'ho avuta ed è stata meravigliosa così, con una caccia al tesoro fatta e disfatta due volte perchè le belve non stavano più nella pelle e quindi hanno iniziato a disseminare regali e biglietti già la mattina, mentre la Pulci mi ha rivelato il contenuto di tutti i pacchi. E poi la torta, tanti mazzi di fiori come non ne ho mai ricevuti, messaggi, telefonate. Ed è stato tutto perfetto.
Ma ho sentito comunque la mancanza degli abbracci: quando ho visto papà, sua moglie, mia sorella e mio cognato, rimasti fuori dalla porta di casa, a distanza, con la mascherina e la voglia di andarsene prima possibile come se il virus fosse lì, esattamente in mezzo a noi. 
No, non illudiamoci: non ci stiamo abbracciando nè fisicamente nè con gli sguardi, che tradiscono solo diffidenza, ansia, perplessità.
Aperitivo dopo...due mesi e mezzo:
il più buono di sempre
Ieri, per assurdo, tante di queste preoccupazioni mancavano fra gli avventori del bar in cui, con le bimbe, mi sono avventurata per la prima volta dopo mesi. Nonostante il mio predicare che non ci sarei mai entrata finchè perdurano le mascherine. Abbiamo fatto una cosa vecchia in modo nuovo. Per mezz'ora ci siamo illuse che fosse tutto come prima.
Salvo poi richiudere la nostra pseudo normalità dietro quei pezzi di stoffa.



#iorestoacasa
#compleannoincoronato
#festaparticolare
#cacciaaltesoro
#mascherine
#sorrisi?
#mancanzadiabbracci
#famiglie
#paure
#aperitivomascherato

domenica 10 maggio 2020

agorafobia

Quella appena trascorsa sarebbe dovuta essere la settimana delle visite familiari.
Abbiamo atteso il sabato e la domenica per andare dai nonni che non ci vedevano/non vedevano le belve da due mesi circa.
La mamma-nonna da giorni mi ammoniva perchè ancora non eravamo andati da loro. E io immaginavo questo momento pregustando la gioia nei loro occhi rivedendo le bimbe e li sentivo coprirle con frasi di circostanza tipo «Come siete cresciute! Come siete grandi! Quanto ci siete mancate!»

E invece tutte queste frasi sono rimaste dietro le mascherine che, improvvisamente, hanno schermato anche i loro occhi. Niente gioia. Solo comprensibile freddezza e distanza.
Inizialmente, per darci la forza di superare questo periodo di durata indefinita, ci eravamo illusi che – alla fine – ne saremo usciti tutti più buoni, più affettuosi, migliorati. Invece, almeno al momento, siamo impauriti, titubanti, diffidenti verso ciò che si può fare, cosa si può toccare, dove si può andare, chi si può vedere.
Ammettiamo pure che le direttive, ora più che mai, non sono univoche e che, paradossalmente, sarebbe forse stato più semplice non poter fare nulla e, da un certo momento in poi, poter fare tutto.

Perchè adesso siamo nel Limbo, una terra di nessuno in cui ognuno interpreta i decreti a proprio piacimento.
Ed è umano: perchè indossare le mascherine sotto il sole battente, con il timore di svenire e il mal di testa incipiente (almeno: è ciò che accade a me) non deve diventare la regola.
Stare a distanza di sicurezza dagli altri, non potersi abbracciare, non deve trasformarsi in normalità.
Andare in bar a ritirare un cappuccino per berlo da soli, per strada, è tanto glamour da vedere nelle commedie americane ma non può diventare la regola (soprattutto perchè i caffè italiani non sono i beveroni anglosassoni che comunque adoro!).
Entrare in un ristorante e parlare con un cameriere che indossa guanti e mascherina è qualcosa che mi guarderò bene dal fare. E mi dispiace,perchè so che l'economia deve ripartire e se non verranno adottate queste precauzioni non si potrà fare altrimenti, ma, PERSONALMENTE, non mi sentirei a mio agio a essere servita in questo modo.

Non sarebbe NORMALE.

E non intendo che non sarà il normale di prima, ma intendo che non voglio diventi questo il normale d'ora in poi.
Forse diventerò agorafobica e non vorrò più uscire dal nostro salotto, ma la diffidenza, l'appiattimento dei sentimenti dietro guanti e “tappi” per la bocca mi frena. Davvero appena riapriranno bar, locali, hotel le persone si precipiteranno fuori? Da un lato me lo auguro per i titolari delle attività, ma ci credo poco.
Avremo paura.
Chi di una cosa, chi di un'altra.
Nè ora nè all'inizio di questa vicenda ho mai avuto temuto veramente il contagio: se sto attenta a non toccare gli altri o a tenere le distanze, è per rispettare le regole e chi mi circonda. Ciò che mi spaventa è il diffondersi del timore, di un'atmosfera sospettosa in cui non si sa come agire per non invadere le paure e le preoccupazioni degli altri.
Ma vivere lontani, comprare qualcosa senza vedere i volti di chi vende, rivedere qualcuno senza vederlo...questo è ciò che non mi piace e mi spaventa.
Come persona e come mamma.
#iorestoacasa
#ansiadarientro
#agorafobia
#mascherine
#quarantena
#nonni
#famiglie
#paure

mercoledì 6 maggio 2020

si sta come d'autunno sugli alberi le foglie

Sono trascorsi enne giorni da quando siamo più o meno chiusi in casa.

Messaggio “in codice” dalla Princi
Lentamente, tra le mille inevitabili polemiche di chi vorrebbe saltare dalla Fase 1 all'invenzione di un ritorno alla vita di prima o all'artificiosa costruzione di un'esistenza come se il virus non fosse mai esistito e mai potesse tornare, stiamo riconquistando piccoli margini di libertà.

E, contemporaneamente, anzichè diminuire, aumenta la mia insofferenza.

Uscire: bello poterlo fare, anche senza avere una meta che non sia il supermercato. Ma la mascherina, nonostante sia in stoffa e realizzata con bei tessuti variopinti, ha iniziato a pesarmi sul naso, a stringermi e togliermi il respiro. Ripristinando, dopo un'oretta che la indosso, i mal di testa di un anno fa.

Fare la spesa: continua a essere un'impresa, che inizia con il ricordarsi di prendere guanti, mascherina, lista e indossare i primi una volta arrivati a destinazione. Poi spesso le persone credono di poterti stare addosso senza problemi, mentre se c'è un beneficio che si può trarre da questa esperienza è la riduzione di quelle situazioni in cui il tuo interlocutore, nel mezzo del discorso, inizia a batterti sul braccio e toccarti per sottolineare una sorta di complicità rispetto a ciò che sta dicendo.

Apericena improvvisato
Cucinare: continua a piacermi, ma mi sento in qualche modo bloccata. Vorrei sperimentare ricette nuove, ma non so decidermi da quale iniziare. E non si tratta solo dell'incertezza su quali potranno essere i risultati e se possano o meno essere apprezzati dal resto della famiglia.

No: purtroppo è un mio tratto caratteriale.

Analogo allo smarrimento che provo di fronte ai corsi on line che vorrei frequentare, identico a quello sperimentato davanti alla guida dello studente per l'università e per le scuole superiori. Ed è proprio da questo smarrimento che deriva la mia paralisi: non so scegliere, quindi rimango sospesa.

Cosicchè adesso, prospettandosi un ritorno alla quotidianità, si fa strada la paura.

E, pur conoscendomi, non credevo potesse accadere di temere il rientro nella vita, negli incontri, negli impegni perchè ultimamente ho scoperto anche un aspetto “sociale” di me che non immaginavo.
In questi ultimi giorni, vorrei poter tornare ai tempi del dottorato, quando percepivo un reddito per studiare e lavorare da casa e lo facevo con i miei ritmi, avendo il tempo per dedicarmi alla palestra, alla casalinghitudine, a me. Vorrei continuare a stare qui, al sicuro: non perchè tema il contagio (aspetto a cui, in verità, non ho mai dato molto peso) ma perchè ci sto tranquilla.

Solo che questi pensieri comodi, questo mood rinunciatario, cozzano contro gli input positivi verso la vita che vorrei inviare alle bimbe. Il tutto si risolve in maldestri incoraggiamenti a fare, osare, non mollare cose che io tendenzialmente abbandono.
Prendere esempio dalla Pulci:
meditazione
Vorrei trovare un impiego diverso, che possa svolgere da casa continuando a stare insieme a loro nella posizione privilegiata di chi può assistere alla crescita dei figli. Eppure è una grande responsabilità: di tutte le carenze che sto osservando in loro in questo periodo, di tutte le abilità mancate, mi sto dando la colpa per non esserci stata negli ultimi anni e/o per non aver impiegato nel modo giusto il tempo che trascorrevo con loro.
Sto pensando da settimane che questa quarantena è un'occasione: come se stesse suonando l'ultima campana delle possibilità e me ne devo dare una. Perchè me la merito.
Perchè vorrei dimostrarmi di non essere davvero (come penso) l'inetto di Svevo o l'uomo senza qualità di Musil.
Se a tutti questi pensieri si unisce il caos per la didattica on line della Princi, con la linea che salta, le consegne che non si capiscono con chiarezza e i rinnovamenti nei collegamenti computer-stampante apportati da Lui che mi fanno impazzire si capisce che no: questi ultimi giorni di quarantena non sono stati (e non sono) emotivamente facili.

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#migodolebimbeprimachecrescano