mercoledì 8 gennaio 2014

bambine che tornano, bambine che crescono

 

E siamo a 34 (più due).
Una delle poche novità rispetto alla precedente gravidanza è che sto tenendo effettivamente il conto non solo delle settimane ma pure dei giorni.
 
Altra parziale novità: da quando ho avuto la visita in cui il dottor D. ha prospettato un imminente allunaggio dormo peggio di prima; anzi: non dormo più. Di giorno sono piuttosto tranquilla e cerco di sedare gli altri (la Mamma-nonna in primis); ma evidentemente di notte l’inconscio fa il suo dovere cooptando nella sua battaglia pure la vescica. Così, tra 3-4 viaggetti in bagno, il caldo eccessivo sotto il piumone (che da ieri, trattandosi di piumone, è stato depennato e sostituito dal copriletto più leggero), Lui che salta per girarsi ora perché oppresso dal caldo ora perché il cuscino non gli va bene, la Pulci che si rigira altrettanto e colpisce sempre più in basso; bene: grazie a tutte queste concause messe assieme oggi ho rischiato di mandare in mille pezzi lo specchio del centro commerciale vedendo i solchi viola che ho al posto delle occhiaie e constatando il pallore cadaverico del viso.
 

Centro commerciale: perché oggi ho voluto tornare per qualche ora a essere solo figlia. Mollata la Princi alla nonna-suocera (con ovvi, allegati sensi di colpa), mi sono fatta accompagnare dalla Mamma-nonna all’ultima visita con la dottoressa S. a cui è seguita spesa, giretto per negozi, pranzo al bar e tante chiacchiere. Ogni tanto mi stupisco di quanto riusciamo a parlare nonostante ci vediamo e sentiamo ogni giorno. Spero che Princi e Pulci abbiano altrettanta voglia di parlare e trascorrere del tempo con me.
 

Anche quando non sarò così fuori di testa da inventarmi le coreografie per le musichette del loro nuovo giochino come sta accadendo con Ciccipò, che da Natale sta mandando a ripetizione i ritornelli de “Il topo zorro”, “Il pistolero” e “Quarantaquattro gatti”, imprigionati nel “libro” sonoro che ha ricevuto e a cui io ho dato una… forma visuale da lei molto apprezzata.
Ma, a proposito di giochi a ripetizione, un altro dei regali che ha ricevuto è stato il libro della “Principessa Sofia”: ora, se il primo giorno non l’ha degnato di uno sguardo, dal secondo giorno – forse per l’omonimia con la protagonista – mi chiede di leggerlo tre volte nel giro di poche ore. E non è che sia una storia poi tanto interessante.

Meglio, a mio avviso, la vecchia cara Peppa grazie alla quale, domenica mattina, andremo per la prima volta tutti e tre (tre e mezzo, pardon) al cinema. Il weekend in realtà si prospetta piuttosto impegnativo: sabato mattina infatti ci sarà il rientro in piscina, stavolta con Lui; e se non dovesse mantenere la promessa saranno guai, dato che sono giorni che Ciccipò fa su e giù in casa a suon di bracciate.

Tornando alla Peppa, sono iniziati i preparativi per il Peppa-Princi-pleanno. Purtroppo data l’imminenza e l’imprevedibilità dell’allunaggio, d’accordo con Lui si è deciso di non affittare una sala, rimanere a casa e decurtare la lista degli invitati limitandola ai soli parenti. Che poi non è una limitazione, dato che siamo già in trenta e non so dove staremo, ma tant’è: ci stringeremo e si sentirà di più l’affetto.

Ovviamente già da mesi so che il nostro pasticcere di fiducia ha pronte delle Peppa-torte e ieri ho stampato delle immagini di maialina & C. in modo da ricavarci dei festoni. Per il resto proverò a cercare una Peppa-candelina numerica; spingermi a preparare tartine o stuzzichini a forma di porcellino mi sembra un suicidio di nervi da poter evitare, almeno in questo momento.

Nel frattempo la Princi ha capito che il suo compleanno è alle porte, tanto che quando ieri sera le ho fatto vedere una delle stampe appena fatte e le ho letto “Buon compleanno”, lei ha risposto gioiosa «Attie!». E mentre ieri era ancora incerta sul numero di anni da compiere (sei era la prima risposta), oggi siamo arrivati alla certezza del due. Anzi: evidentemente infervorata da questa esplosione di numeri, stamattina mentre ero sotto la doccia l’ho sentita contare fino a dieci: ogni tanto ne perdeva o invertiva qualcuno, ma cosa aspettarsi da una bimba che mi aveva appena dato cento a zero esclamando «Tutto!» mentre, sdraiata nel vecchio lettino, chiudeva soddisfatta la biografia di Caravaggio che ho ripreso in mano da qualche giorno dopo anni in cui le ho fatto prendere la polvere?

domenica 5 gennaio 2014

Houston, abbiamo un problema




«Mi raccomando: non stia in piedi più di un’ora e mezza consecutiva». Questa la raccomandazione del dottor D. alla visita di ieri.

Piano per la giornata: Lui deve portare l’auto della Mamma-nonna a cambiare le scarpette alle 9; intanto, insieme alla Princi, preparo il pranzo e quando torna gliela mollo così continuano a dipingere sul cartone tutti quegli addobbi a forma di Peppa e Barbavari con cui è iniziata una nuova fase creativa. Io intanto stiro: non più di un’ora e mezza, giuro.  O sennò, per portare a termine l’impresa, mi metto seduta. Poi doccia; pranziamo, lei dorme, usciamo per andare a comprare l’aspirapolvere: il nostro ha deciso di cessare la sua attività giusto il 31 dicembre. Come dire: “anno nuovo, aspirapolvere nuovo”.

Questo era nel  regno delle ipotesi, delle speranze e delle illusioni.

Ecco la realtà.
Dopo una piacevole ma comunque lunga serata (finita a mezzanotte e tre quarti: oltre l’orario del nostro Capodanno) trascorsa con Ciccipò (che, poco dopo le 22 mi ha preso per mano per essere accompagnata a dormire: fosse così ogni sera!), la Mamma-nonna e la zia L., con Lui in libera uscita a vedere “Capitan Harlock”, la notte è stata costellata da una serie di levatacce per controllare la Princi che si lamentava nel sonno chiamando a raccolta, in momenti diversi, tutti i membri della famiglia, umana e animale. Verso le 7, ci siamo alzate e abbiamo iniziato a leggere, fare i lavori, sgridarla per rimettere a posto, cucinare: la mezz’ora in cui Lui doveva andare dal gommista si è trasformata in due ore dopo le quali mi ha ritrovata in pigiama e piuttosto provata. Per carità: la Princi è stata anche brava, non ha mai chiesto di vedere la tv (cosa che con Lui accade o che, comunque viene accesa perché «Oggi è stata brava; oggi è festa; oggi è stanca; oggi… ha le sue cose») ma oltre a badare a lei ho appunto preparato il pranzo, pulito, l’ho vestita e lavata…

Ma non è finita: di dormire non aveva proprio l’intenzione. Così, mentre Lui si è illuso di poterla addormentare adagiandosi a fianco a lei e addormentandosi effettivamente, io ho dovuto cullarla in braccio dopo averla vista zampettare per un’ora sul suo lettino nell’attesa di un sonno che non arrivava. E poi me ne sarei stata volentieri a casa: invece dopo 40 minuti spaccati di pisolo, si è risvegliata stile sirena dei pompieri, con una frigna che Lui – come sempre – ha pensato di placare mettendola in modalità cartoni. Poi per fortuna si è lasciata convincere a spegnere e siamo usciti, a cercare il famigerato aspirapolvere: e quando si è addormentata in auto sulla strada del ritorno, ho iniziato a sudare freddo al pensiero di una frigna bis. Perché le frigne arrivano sempre al momento del risveglio dal pisolo, breve o lungo che sia.

In realtà il resto della serata non è andato male, ma ammetto di aver avuto per tutto il giorno le scatole di traverso: con Lui, tanto per cambiare. Perché ventiquattr’ore prima, davanti al dottor D., era un concentrato di preoccupazione per me e la Pulci e un raccomandarsi successivo di stare a riposo e non strapazzarmi. Poi è stato fuori tutta la mattina, è arrivato e si è trovato il pranzo in tavola,  ha dormito lui e non io… il motivo è che era stanco e si era dovuto svegliare presto (in realtà dopo di noi). Bene: non oso pensare come sarà quando tra poco tornerà a lavorare e si dovrà effettivamente alzare all’alba.
 

Venendo alla Pulci e alla visita di controllo, ha allarmato un po’ tutti. A dire il vero io sto tenendo botta e la preoccupazione principale è stata innescata dal rinverdirsi del dolore causato dalle visite pre e post parto, un dolore che presto si rinnoverà ed eviterei volentieri. A parte il fatto che l’ostetrica sgaia ha cannato in pieno il conteggio dei giorni (per fortuna azzeccando quello delle settimane), a parte il fatto che stavolta sono stata pesata con un bilancia modello Cecco Beppe che ha dato un responso prevedibile ma ugualmente spaventoso (eh beh: venire pesata il 2 gennaio è una goduria con tutte le feste sulle spalle), ho sentito varie sviolinate sul fatto che ho la pressione bassa e dovrei bere due litri di acqua al giorno (e chi ha tempo di ricordarsi di farlo??) e poi che dovrei mangiare carne. Fra l’altro, mentre mi preparavo per la visita, il dottor D. ha confabulato sottovoce con Lui informandosi su quanto e come mangio: che è sempre uno schifo, se possibile con le feste ancor di più a causa dei dolci.
 

Ciò che però ha colpito tutti scatenando un’allerta meteo-parto anche fra i familiari è stato che l’estrema delicatezza del dottor D. nel visitarmi ha confermato ciò che io sentivo da tempo: la Pulci è già sulla rampa di lancio.
«Ma la sente che è bassa?» Certo che la sento, così come ultimamente sento i dolori concentrarsi in zona uscita di sicurezza; ma in quel momento avrei voluto rispondere che sentivo un male cane, che era la verità.

E quindi da ora ogni momento è buono: «La testa è in posizione e qui se salta il tappo, parte tutto!». Non so se e quanto prestar fede alle sue parole dato che è un po’ allarmista: ma anche se mi baso sul mio sesto senso e su ciò che sento, credo anche io che lo sgancio dello shuttle sia più imminente del 17 febbraio.

Questo ha mandato in crisi Lui perché così non nascerebbe acquario; ha mandato in crisi la Mamma-nonna che teme io le risponda già dalla sala travaglio (come successo per Ciccipò) e che è in estrema agitazione per cosa succederà all’ora x. E a questo penso pure io, nel senso che mi preoccupo se sarò sola o con qualcuno, come farò a raggiungere l’ospedale, dove collocherò la Princi… ma cerco di non pensarci troppo e per ora il piano di battaglia prevede giornalieri spostamenti a casa della Mamma-nonna in modo da essere vicina al campo base e in modo che la Princi sia già dove deve essere; e poi mi affido alla speranza che tutto succeda quando c’è pure Lui e che accada con la tranquillità della prima volta.

Pulci, Princi e Cicccipò



Avviso ai naviganti: fingiamo che entrambi i post successivi siano stati completati e pubblicati il giorno in cui sono stati iniziati e cioè lunedì 30 dicembre e venerdì 3 gennaio.
 
Le giornate dovrebbero essere lunghe il doppio per poter tenere il passo e registrare con puntualità ciò che succede alla Pulci e come cresce la Princi. Inevitabilmente, il blog sta perdendo molto: perché – se possibile – per entrambe le cose l’evoluzione è più rapida del tempo, tanto che non riesco neppure a prendere un foglio di carta per appuntarci sopra qualcosa. E avere la testa piena di pensieri che premono per essere scritti mi causa l’insonnia.

Comunque, partiamo. Oggi approfitto di una giornata Princi-free: faticosa, a dire il vero, forse soltanto perché non sono abituata a stare senza di lei e mi sento tremila volte in colpa per averla “abbandonata” dalla nonna. Non importa se so che si diverte, non importa se so che sta bene. Magari avrei dovuto abituarmi di più e prima a stare un po’ lontane; magari no. Chissà. Curioso, peraltro, che solo ora Lui e io ci siamo accorti che ogni tanto ci si possa prendere un pomeriggio per noi: ora che il tempo sta per scadere ed essere nuovamente ingoiato da un minuscolo esserino in-toto-dipendente.

Comunque, dicevo, approfitto per fare un po’ il punto.

Pulci start up.

Per quanto riguarda la piccola, con oggi siamo a 33 settimane. Meno sei, dunque, se dovesse arrivare in orario; meno una alle fatidiche 34 settimane che sono sufficienti perché l’allunaggio avvenga nel nostro ospedale. E, in ogni caso, sarà una delle ultime nate del reparto: perché pare che stavolta chiuderà davvero, definitivamente, il 28 febbraio.
Niente più bambini nati nell’aria di casa e di familiarità, niente più coccole a neonati e mamme. Ci si dovrà per forza rivolgere (e non solo per eventi felici come le nascite ma pure per eventuali problemi ginecologici) ai partifici dei dintorni: che tanto dintorni non sono, visto che distano 30-40 km. Mi chiedo come faranno le donne straniere, che orami costituiscono un importante bacino di nascite anche qui e che non credo siano tutte dotate di auto. Ma tanto, che gliene frega a chi prende le decisioni?
Ok, sto andando fuori tema. Tornando alla Pulci, ieri ho pure preparato il borsone: gigantesco come era per la Princi, pieno di dubbi e ansie come due anni fa. Come si annuncerà l’avvio dell’allunaggio? Come farò se sarò da sola con la Princi? Riusciremo a prepararla per uscire al volo senza spaventarla? Lo sgancio della navicella sarà davvero più rapido del precedente? Riuscirò a tornare a casa abbandonando l’atmosfera ovattata dell’ospedale, che questa volta mi sembrerà ancora più morbida di fronte alla prospettiva di trovarmi sola con due belve mamma-dipendenti? Come saranno le mie giornate? E le nostre giornate (mie e di Lui)? E le nostre giornate (mie, di Lui e della Princi)? E mi ricorderò come infilare tutine, lottare con bottoncini, fronteggiare le mega cacchine sante con contorno di bacinelle disseminate in bagno, stile campo minato, per i body in ammollo?

Speriamo che sia tutto meravigliosamente felice, che riusciremo a uscire senza che io dimentichi i bigodini in testa (ipotesi che rientra nel campo dell’impossibile data la lunghezza dei capelli) e con almeno un filo di fondotinta a coprire le occhiaie. Guardiamo con tenerezza le coppie che hanno due bimbe di età ravvicinata: se ce l’hanno fatta loro ci riusciremo pure noi. E ci auguriamo che la Princi accetti di buon grado il cambiamento e si affezioni alla sorellina almeno quanto si è affezionata alla sua agognata bambola con il ciuccio portata da Babbo Natale.

Progressinci

Il pediatra mi aveva detto di non preoccuparmi se ancora non parlava come una macchinetta. E infatti eccoci qua, con lei che stamattina – pronta ad uscire – si affaccia alla porta del bagno per incalzarmi: «Dai mamma!». Difficile registrare i progressi del suo vocabolario, che si amplia di attimo in attimo raccogliendo tutto ciò che sente dire e migliorandolo quotidianamente. Quello che fino all’altro ieri era “Giò”, ora è diventato “George” e Peppa ha il suo nome compiuto, non più un indistinto grugnito a indicarla. L’elenco dei personaggi dei cartoni potrebbe continuare con “Forte” (Barbaforte), Pimpa e “Mando” mentre nel loro complesso i Barbapapà sono ancora “Barbabarbabarbapapà” (con una quantità di barba che muta di volta in volta). La tenerezza ci si è sciolta nel cuore quando, dieci giorni fa, è riuscita a dire Eli, Atti/Attilio, mentre la Mamma-nonna è un giro Manu e un giro Ela. Con i nomi delle zie dobbiamo ancora iniziare il training che sarà bello lungo dato il loro numero; siamo invece al completo con i nomi degli animali di famiglia. Lei, oltre a essere “Ia”, è Ciccipò: questo è il nome che recentemente si è data, senza sapere da dove l’abbia preso ma che le si adatta alla perfezione, tondo e simpatico com’è lei.

Dal 31, poi, è un continuo esclamare «Sì cetto»: affermazione che talvolta (9 su 10) suona come una presa per i fondelli. Ma fa tanto ridere, come certe sue espressioni serie se apre il libro delle novelle di Verga trovato sul mio comodino o l’indice puntato sulla bocca in atteggiamento riflessivo.

Da quando siamo rientrati a casa, però, un problema c’è ed è tanto per cambiare con il sonno: la sera non c’è verso di andare a nanna prima delle 22.30, preferibilmente accompagnata da entrambi nel suo lettino. Poi però la mattina si sveglia più tardi: arriva in salotto (a volte in camera, visto che ultimamente anche noi dormiamo di più) con Winnie Pooh e Ih Oh sotto braccio e comincia a spargere baciotti, abbracci e sorrisi.

E questi coinvolgono pure il Grande Cocomero, qualche giorno fa nutrito attraverso l’ombelico con il biberon della nuova bambolina e ieri riempito di baci. Unico problema: se qualcuno le chiede dove sia la sorellina lei, incurante se io abbia la gonna o una maglia vestito, si premura di alzarla per far meglio notare la già notevole rotondità.