giovedì 31 dicembre 2020

Buon anno andato, buon anno che viene

Il regalo che ci siamo fatti:
un set fotografico per noi
ph. c. Ilaria Tassini



E così siamo al resoconto di questo anno.

Fino allo scorso gennaio, gli anni pari erano quelli che preferivo, non so perché. Forse dipende dal fatto che - a parte Lui, una delle mie sorelle e mia zia - tutti i componenti della mia famiglia sono nati in anni pari. Poi sono arrivate le mascherine, i guanti, la quarantena. Ma insieme a loro, per me, sono arrivate tante cose belle.

Come tante SuperMamme, presa dal lavoro non riuscivo più a stare con le bimbe: e quando, durante il lockdown ci sono stati i compiti e il contatto h 24 , mi sono resa conto del “buco” che avevo con le bimbe. Ho iniziato a riassaporare il tempo con loro, e non è stata una passeggiata. Pure la decisione di licenziarmi, su cui stavo meditando da mesi, ha avuto un impatto altalenante visto che ormai c’era l’abitudine di andare dalla nonna quando nel week end lavoravo e ora ero (sono ancora) una presenza ingombrante se ci vado pure io. E poi la mamma dice tanti no, quindi sai che palle.

Il caos del 25 ...ma non solo

La mamma si è anche resa conto di quale disordine regni sempre in casa e di quanto poco incisivi siano i miei continui: «Metti nella cesta dei panni ciò che ti togli, piega il pigiama, metti a posto le scarpe, quando hai finito di giocare riordina prima di prendere un’altra scatola». Penso a me, bambina, e credo davvero di essere stata repressa visto che la compulsione all’ordine mi è stata inculcata sin dai primi anni e credo sia uno dei grandi misteri della mia vita, così come il fatto di aver saputo leggere e scrivere prima di iniziare la scuola, visto che non ricordo molti momenti in cui qualcuno si sedeva accanto a me per insegnarmi delle cose. Al contrario di loro: è un continuo chiedere e rispondere, spiegare, parlare, a volte credo pure troppo.

Recentemente mi ha molto colpita il fatto che una delle maestre della Princi abbia più volte sottolineato quanto sia ottimista. Io? Ottimista? Poi ieri ci riflettevo: in effetti anche adesso fra divieti e solitudini, sto cercando di sottolineare alle bimbe sempre e solo le cose che si possono fare. E di situazioni positive, grazie al covid, ce ne sono state tante. Ho visto le bimbe unirsi e diventare una squadra: merito del loro farsi compagnia, litigare, inventare giochi, complice anche il beltempo primaverile, il fatto che abbiamo il giardino e il saltarello, la quarantena è stata meno pesante. Ci siamo riappropriate della cucina, abbiamo sperimentato nuove ricette, ho finalmente imparato a fare una buona pizza e siamo riusciti a far assaggiare alle bimbe qualcosa di alternativo (e non sto parlando di cucina esotica o fusion ma di semplice platessa, per esempio). Ci siamo inventati occasioni per fare festa, apericene domestiche, inaugurato la serata pizza e la serata schifezze.

Abbiamo triplicato gli spazi di casa trasformandola in una palestra per adulti con area bimbi, in ufficio, in aula scolastica, laboratorio di costruzioni con la monnezza, cioè tutti quei cartoni che se non elimino immediatamente dalla vista si trasformano in case, auto e affini. 
Non so se davvero siamo riuscite a tranquillizzarle, così come non so quali realmente siano i loro pensieri a proposito della SM. Ecco: nei miei ricordi non so se il 2020 sarà in primis l’anno del covid o quello della comparsa effettiva della malattia.
La routine di...salute quotidiana
Dieci giorni fa ho commesso un terribile errore, frutto della troppa fiducia nelle mie capacità rassicuranti. Siamo andate a trovare una vecchia amica a cui ho raccontato tutta la mia vicenda, le bimbe presenti: è stata una chiacchierata tranquilla, senza scene di disperazione, pianto o condanna del destino. Pensavo che il fatto di aver spiegato loro tutta la situazione fosse sufficiente a farla rientrare nella normalità.
E invece, la sera, infilate nel letto, hanno iniziato a piangere disperate. «Avremmo voluto farti cambiare discorso, noi abbiamo paura che ci lasci, non vogliamo perderti». Sono riuscita a non piangere a mia volta, a mantenermi tranquilla e, forse sbagliando, ho raccontato loro la mia storia di bambina e le mie difficoltà, adesso, nel gestire le loro emozioni legate alla SM: non voglio che la vivano con angoscia, ma nemmeno che si debba stare attenti a non parlarne. La SM deve essere la normalità, rientrare in una vita in cui c’è senza esserci: proprio come sta facendo con me, manifestandosi in punta di piedi. Quando penso alle paure che ho rispetto alla malattia sono solo per le bambine: che mi vedano peggiorare, che la vivano con angoscia, che respirino sofferenza. Ho raccontato di quando, ragazzina, ho visto stendersi attorno a casa nostra una tenda grigia, la nonna non faceva che parlare di disgrazia e alla cena per la mia cresima il nonno non smetteva di parlare della malattia della zia.

La nostra Vigilia
Non so se abbia fatto bene a parlare con loro come fossero bimbe grandi. Quello che so e sento è che hanno paura, soprattutto la Pulci: continua a dire che vuole stare con me, che non vuole lasciarmi, che mi ama tanto… e ammetto che è comunque bello sentire questo affetto. Così come ammetto di essere felice per come stanno passando queste feste: finalmente con le persone a cui tengo davvero, finalmente senza vincoli, con la Princi che ha fatto razzia di cose nostre in giro per casa per poi impacchettarle e regalarcele, con la Messa di mezzanotte spostata alle cinque e mezza e in cui ho sentito un clima di festa nonostante stessi per svenire dietro la mascherina perché cantavo. L’unica cosa che mi è mancata è stato il pellegrinaggio a vedere i presepi, magari andare al cinema, lo shopping quando e come si vuole. Però niente ansia da cosa facciamo a Capodanno, chi invitiamo, chi andiamo a trovare. Noi cinque, con giornate da costruire quotidianamente; i gatti, il divano, i film natalizi, ieri sera “Hachiko” con noi tre donne avvolte nella coperta in una valle di lacrime: non so se facesse più piangere o ridere questa scena.

Il più be regalo che ho ricevuto

Stamattina ginnastica, compiti, pulizie: una normale mattina per un giorno normale. Perché, nonostante in molti se lo stiano augurando, domani che saremo nel 2021 non cambierà nulla rispetto a oggi. Però è vero: tutti continuiamo, sempre, a credere che domani, in un altro luogo, quando saremo grandi, quando saremo magri, quando ci andrà via quel brufolo, tutto sarà migliore.

Buon anno. Con tanti Calzettoni.



domenica 27 dicembre 2020

SuperMamma o anche no

 


Sono in incredibile ritardo con tutti i pensieri che avrei voluto mettere per iscritto e che adesso, indubbiamente, andranno persi. Avrei voluto registrare quasi in diretta questo Natale; ma prima ancora avrei voluto fissare i pensieri, le emozioni e le reazioni che ha suscitato in me e negli altri larticolo pubblicato su “Il Piccolo” esattamente 11 giorni fa.

Una sorta di coming out nato dall’articolo che io stessa ho scritto per il mensile “Gorizia News & views” con cui collaboro e in cui ho unito generalità sulla sclerosi con le attività della sezione locale di Aism fino ad arrivare all’autocitazione della mia storia e di mammaconicalzettoni. Qualcuno non sapeva e ha così scoperto, lasciandomi pensieri nel privato di un messaggio su whatsapp. E, all’autore dell’articolo successivo, deve aver risvegliato i ricordi di una vita di conoscenza e stima fra la sua e la mia famiglia: una vicinanza nata quando il nonno ha avviato la fabbrica, dove suo padre ha lavorato, e arrivata fino a quella strana vacanza al mare in Toscana in cui ci ha visti alle prese con le difficoltà di mia zia nelle ultime fasi della malattia. Poi, voglio crederlo, l’idea dell’articolo penso sia nata anche da una sorta di stima nei miei confronti.

Mi ha colpito il fatto che la prima persona a segnalarmi la pubblicazione sia stato un assessore comunale. Ho colto l’occasione al volo per chiedere un aiuto, un coinvolgimento dell’istituzione nelle attività di Aism. Quando ho accettato di raccontare la mia storia l’ho fatto forse perché lusingata da questa attenzione, senza chiedermi quali ne sarebbero state le conseguenze per me e gli altri, senza pormi un obiettivo. Non mi sono chiesta, e di questo mi sono resa conto solo pochi giorni fa, con un discreto senso di colpa, cosa potesse significare per le bimbe.

L’obiettivo si è poi delineato man mano che amici, semplici conoscenti, molti sconosciuti mi hanno scritto su facebook, instagram, messenger dopo aver letto la storia.

Nonostante ritenga di essere un bluff, posso fare qualcosa per rendermi utile.

Il punto, infatti, è che tanto clamore ha iniziato a sembrarmi eccessivo e certe dichiarazioni, che pure mi hanno fatto piacere, mi sono sembrate fuori luogo. «Sei un esempio, sei una donna coraggiosa»: bello sentirselo dire e leggerlo ma...mi sono sentita e continuo a sentirmi “falsa”.

Perché la malattia c’è ma non si vede. E certo, meglio che sia così per me, per la mamma, per le bimbe e per Lui. Ma mentre leggevo quei commenti riferiti a me, che nel frattempo ero andata in auto, da sola, a Udine, che sono andata in centro a ritirare le stelle di Natale e poi a far la spesa al centro commerciale; mentre li scoprivo nel mio profilo, ho trovato la testimonianza di una donna, mamma di due bambini, che ha scoperto di avere la leucemia mentre aspettava il terzo e il suo post parto è stato uno slalom fra la chemio, le nausee e gli ormoni impazziti. E allo stesso tempo, mentre leggevo quei commenti alla mia storia, sulle pagine Aism sfilavano foto di mamme in carrozzina. Facile essere un modello, essere coraggiosa quando ci si muove da soli, si imposta la giornata sulla lezione di ginnastica, le pulizie di casa e i compiti delle bambine con il solo impegno di ricordarsi una pasticca mattina e sera. Ma quelle che in tutto questo devono incastrare le flebo per la terapia?

Sono una SuperMamma? Sì, ma come lo sono tutte.

Sono SuperMamme quelle che preparano il latte ai propri figli urlanti, con gli occhi ancora chiusi perché avrebbero bisogno prima di tutto di un caffè, ma anche quelle che non possono preparaglielo perché all’alba sono già uscite per entrare in fabbrica.

Sono SuperMamme quelle che si destreggiano fra i capricci alimentari dei bambini cercando di impiattare cibi sani senza scontentare completamente la loro voglia di schifezze e quelle che scongelano i sofficini all’ultimo minuto.

Sono SuperMamme quelle che in una mattinata riassettano la casa, preparano il pranzo, fanno la spesa e quelle che a malapena riescono a farsi la doccia perché devono prendersi cura dei loro bimbi.

Sono SuperMamme quelle che sanno quali compiti devono svolgere i cuccioli prima ancora che siano usciti da scuola e quelle che, a sera, chiedono da una stanza all’altra se hanno preparato lo zaino per il giorno successivo.

Sono SuperMamme quelle che tornando dal lavoro entrano direttamente in cucina perché «Quando si mangia che ho fame?», quelle che entrano dalla porta sfilandosi le scarpe e la giornata di lavoro, quelle che lasciano il malumore fuori dalla porta per farsi travolgere dai «Ci sei mancata».

Sono SuperMamme quelle che hanno figli di una bellezza da copertina, preoccupate che siano sempre puliti ed educati e sono ancor più SuperMamme quelle che li vedono combattere con i limiti imposti da una malattia che potrebbe migliorare o lentamente portarli via: ma loro continuano a sorridergli.

Sono SuperMamme quelle che hanno un compagno amorevole al loro fianco e quelle che si rannicchiano in un angolo perché chi gli sta vicino non sa cosa sia l’amore, quelle che possono scegliere a quale nonno/zia/cugina lasciare il cucciolo e quelle che lottano con l’orologio per arrivare in tempo al nido.

Sono SuperMamme quelle che, riordinata la cucina, vorrebbero spalmarsi sul divano ma non vogliono rinunciare alle storie della buonanotte.

Tutte le mamme sono SuperMamme: l’ho scoperto in questi nove anni costellati di corsi preparto, ludoteca, parco giochi, scuola materna, primaria, scarpe per bambini, giocattoli, cartoni animati…

Tutte le mamme sono SuperMamme: quelle che vanno in palestra e quelle che ci rinunciano, quelle che vanno dal parrucchiere e quelle che si tagliano i capelli da sole, quelle che seguono il proprio istinto e quelle che seguono le “istruzioni” di pediatri e pedagoghi.

Insomma: mi sono sentita un grande bluff perché la malattia c’è ma non si vede. E mentre lo pensavo ho realizzato che il problema di AM (Alluce Muto) è che in realtà lui si fa sentire: perché quando si sta bene, non ci si ricorda che per camminare si sta mettendo un piede dietro l’altro. Invece, a ogni passo, Lui fa percepire la propria stranezza.

E mentre pensavo che non sono affatto una SuperMamma, coraggiosa, forte, quasi eroica, ho realizzato che lo siamo tutte: solo, in misura diversa.

Ecco: le cose che volevo dire, seppure in modo caotico, ci sono quasi tutte. E’ il problema di essere una SuperMamma che lascia indietro ciò che le piacerebbe fare perché fagocitata dal dover fare.

venerdì 4 dicembre 2020

Colloqui

 


Questa è stata una settimana di colloqui.

E, per inciso, pure la settimana in cui sono arrivata al tetto massimo della terapia.

Ma pure la settimana in cui, per tre giorni consecutivi, ho riassaporato il brivido del mal di testa: pulsante, incessante notte e giorno, tenace pure con le pastiglie che solitamente mi davano sollievo. Così, ho smesso di benedirlo per il fatto che dai controlli per capirne le cause si è scoperta la SM e ho ripreso con gli accidenti a suo carico.

I primi colloqui sono stati con le maestre.

C'era una volta la N di nave
ora è la volta di N di NUTRIA (?!?)

Rigorosamente on line. Con gli scorci di aule deserte, di librerie affollate, di mensole rivestite di soprammobili e portafoto, di rasserenanti fondali caraibici talmente belli da sembrare veri. Per la prima volta in quattro anni di scuola più tre di asilo, ha potuto partecipare anche Lui: imbarazzato, più per le soddisfazioni avute che per la stranezza di questa esperienza di lontananza comunicativa. Ma anche di vicinanza: ho molto apprezzato l'interesse delle maestre per sapere come la Princi sta vivendo questo momento. Appena ieri mattina ho invece realizzato che le maestre della Pulci non ne sanno nulla, perchè neppure abbiamo avuto modo di conoscerci e ai colloqui non ho creduto di doverlo dire, ma forse sarebbe stato il caso di rimediare: e così, dopo qualche giro di messaggi, la maestra mi ha chiamato e, tanto per tirarmi su di morale, mi ha detto che la vede spesso triste. Un po' è il suo carattere, quello di essere nebbiosa fuori casa, un po' chissà.

E qui subentrano i secondi colloqui, quelli con la psicologa. Curiosamente, non stiamo parlando di come mi senta io ma di come posso aiutare chi mi circonda ad affrontare questa situazione: nello specifico, le bimbe e la mamma-nonna.

In questi giorni mi sono spesso interrogata su come vorrei che vivessero e, una volta cresciute, ricordassero questo periodo. La coincidenza con le limitazioni per il Covid porta spesso la Princi a confendere i due disagi e, certo, il secondo accentua le difficoltà nell'accettare il primo. Se si potesse uscire senza condizionamenti, fare passeggiate, andare al cinema sarebbe indubbiamente meno pesante.

L'inizio del primo romanzo della Pulci

Mi illudo che abbiano metabolizzato la SM, che mi vedano davvero come una SuperMamma attiva nonostante tutto. Poi, però, arrivano delle piccole bombe, come l'altra sera. Sono andata dalla mamma-nonna, mi sono fermata a parlare un po' con lei e, chiusa la porta alle spalle, la Pulci con faccino triste: «Ero preoccupata che ti era successo qualcosa». E, tanto per dirla tutta: «Io ho paura di quello che ti succede. Perchè penso che stai male». Sono sempre di più, poi, le volte in cui mi abbraccia e sussurra: «Voglio stare sempre con te. Non voglio lasciarti mai». Mentre la Princi, quasi una volta al giorno, mi chiede come sto e, quando le rispondo « bene», con fare inquisitorio incalza: «Sicura??». Ognuna di queste frasi è una coltellata.

Ho cercato di essere il più sincera possibile con loro, ovviamente cercando di non spaventarle. Eppure, nonostante le dica «La mamma è quella di sempre: vedi che faccio ginnastica, faccio le pulizie, la spesa... se non stessi bene non sarei andata da sola a Udine e al supermercato oggi!», secondo la Princi «Sento che qualcosa è cambiato: che non sei più tu».

Già: sono io, ma anche no. Perchè, pirandellianamente: sono io e la SM è un accessorio? O sono la SM ed Eliana è un accessorio? E posso davvero fare tutto ciò che voglio? Devo accettare i limiti della stanchezza o devo combattere contro di loro? E chi mi incontra adesso vede me o Lei? E quando mi presento a qualcuno devo dire «Ciao, sono Eliana» oppure «Ciao, sono Eliana e ho la SM»?

Ri-conoscersi: come se finora avessi davvero imparato a conoscermi, senza SM.

Già: perchè faccio anche difficoltà a credere che sia io la mamma sorridente di cui parlava l'ostetrica durante l'ora di massaggio neonatale con la Princi. «Guardate i vostri piccoli e sorridetegli. A te non serve lo dica perchè sorridi sempre».

?!?

«Signora, io non sapevo di questa cosa ma le dico di avere coraggio e di non perdere il suo sorriso»

«No, la signora sorride sempre!»

?!?

Fra l'altro, è stata la settimana spruzzata dalla neve: e sono tornata a emozionarmi bambina, nonostante il mal di testa e la “gita” in ospedale.

Ed è stata pure la settimana in cui in tanti mi hanno chiesto come sto: delicatamente, in punta di piedi. E, loro sì, mi hanno regalato un sorriso.