sabato 30 dicembre 2017

L'anno che è passato

Caro Babbo Natale,
sebbene in ritardo, volevo ringraziarti per quanto mi hai donato in tutto l'anno che si sta chiudendo.
È stato un anno di cambiamenti impegnativi e di sfide. Un anno in cui ho pianto più di quanto abbia riso, un anno in cui avrei potuto fare di più seppure spesso abbia temuto di non farcela e abbia desiderato ritirarmi. È stato un anno di felicità e timore per la velocità con cui stanno crescendo le mie bricioline, a cui non sempre riesco a stare vicina come vorrebbero: e, a volte, chissà come vorrebbero davvero che stessi loro vicina.
A pensarci, non sono solamente successe passivamente delle cose, ma molte ho contribuito a farle accadere; e questo – conoscendomi – mi riempie di orgoglio.

Ritornare nella mia città, nonostante i pochi chilometri di distanza da quella in cui ero, è stato un piccolo choc per tutti, in positivo e in negativo: mi è sembrato di non essere mancata mai e di non esserci mai vissuta.
Ho visto cose e persone che avrei sperato non esistessero, nell'illusione di vivere in un'isola felice che invece conosce l'esclusione, la paura e la difesa a oltranza. Ho conosciuto persone che ringraziavano per un giubbotto ricevuto nel freddo, per un pannello di plastica da stendere a terra come un giaciglio: e facendo l'unica cosa che so fare – scrivere – sto cercando di impegnarmi anche per loro e, soprattutto, per i tanti che chiudono le proprie porte.
Ho accettato la sfida di partecipare alla vita politica e questo mi ha aperto gli occhi sul fatto che vivo in un una comunità di cui pure io sono responsabile. 

Mi sono messa in gioco diventando rappresentante e ho così conosciuto genitori che mettono il proprio tempo a disposizione dei figli, propri e altrui, per la buona riuscita delle iniziative. Ho conosciuto maestre che hanno il coraggio di cambiare e lo fanno semplicemente perchè è il loro lavoro.
Ho ricominciato a prendermi cura di me andando in palestra dove, oltre a recuperare la forma, ho conosciuto nuove amiche, scoperto che posso divertirmi e pure valicare pian piano dei limiti.

Ho cercato di trovare il tempo per Noi: non sempre con facilità e leggerezza, con tanta nostalgia per quando eravamo due e enorme gioia per essere famiglia.

Ho visto l'importanza di avere una vicina speciale, punto di riferimento imprescindibile per le Principesse e valvola di sfogo indispensabile per i miei momenti di incertezza.
Ho riscoperto la felicità di avere intorno i nostri quattrozampe, con insieme il dolore per la perdita che possono provocare.
Ho ricevuto il grandissimo dono di un lavoro: atteso, sognato, pure temuto per i cambiamenti che porta in casa ma che mi sta rendendo felice, utile, attiva. E tutto ciò pur nella consapevolezza che un lavoro non dovrebbe essere un dono.

Ho condiviso le novità delle vite degli altri, con nuovi arrivi in famiglia, fra le amiche, e inizi di nuove famiglie. E ho ritrovato, più forte di prima, il legame con le amiche di sempre.

Ma, soprattutto, le ho visto crescere. Poco per volta ma anche troppo rapidamente.
La Princi ogni giorno più simile a me, nelle sue lune storte, bisogni di conferme, paure ma anche testardaggine e desiderio di farcela da sola. Con la sua esplosiva creatività, voglia di costruire e conoscere, la sua dolcezza nei confronti dell'altro, il suo sconfinato ma a volte inesprimibile affetto, il suo timore di non essere all'altezza quando già l'ha superata.
La Pulci con la sua incredibile dolcezza, la sua voglia di essere grande, di emulare, scoprire, la sua sorprendente capacità nel disegnare, dipingere, amare, abbracciare ed esternare il proprio bene. La dolcezza nel giocare con le bambole, la sordità a certi rimproveri, la strabiliante furbizia e l'indipendenza che ha dimostrato alla scuola materna.

Caro Babbo Natale, non potrei chiedere di più in questo momento nonostante abbia molta paura. Perchè spesso quando raggiungo una situazione di equilibrio arriva uno scossone a squadernare le carte. Babbo Natale, ti prego: non aggiungere altri doni, almeno non a casa nostra. Diffondili piuttosto intorno a noi. E il prossimo anno ti scriverò per dirti come è andata.

domenica 10 settembre 2017

Cuore

Vi ho lasciate addormentate solo una decina di minuti fa.
Nonostante vi avessi accompagnate in camera un’ora prima.

Il pigiama ancora da infilare alla Pulci, Princi che ha iniziato con il solito «Non ce la faccio a dormire!», detto a voce sempre più alta per la stanchezza ormai indomabile. Poi hai iniziato a urlare «Ma non so quale libro scegliere!». Allora ho scelto io, due libri adatti a questo momento importante per entrambe, anzi: per tutti noi. Due libri che parlano di come sia bello e difficile crescere.
Verità che a un certo punto ho cercato di spiegarvi chiedendovi di mettervi per un attimo nello stesso letto perché così avrei potuto parlarvi guardandovi negli occhi. Enormi. Spalancati come sempre e sempre penetranti: al punto che temo possiate aver letto entrambe che l’ansia maggiore, questa sera e domattina, è stata e sarà la mia.

Ho cercato di dirvi quanto sarà divertente andare a scuola, dove conoscerete tanti bambini: alcuni simpatici, altri meno, con alcuni vi prenderete in giro ma non servirà che stiate con loro.

E quante cose imparerete: alcune vi piaceranno, altre un po’ meno ma dovrete cercare di impararle ugualmente perché sennò non potrete essere promosse.
Non dico che non sarà difficile: e qui è scattato il tuo pianto Princi, corredato dal refrain «Ecco: non ce la farò! All’asilo non mollavo mai...» e quindi, perché dovresti mollare adesso? Poi sarà tutto bello e sai perché? Perché ci saranno mamma, nonna anche la zia ad aiutarti. (Nota per il lettore: papàconinfradito non è nell’elenco per motivi di orario legati al lavoro. Ma per la matematica spero onestamente che sia molto presente...).
Non dico che non sarà difficile, ma sarà divertente.

Ho provato a dimostrarvelo raccontandovi di quanto fossi felice di tornare a scuola dopo l’estate, delle pallonate al neon del corridoio e alla finestra del cortile che solo ieri sera mi ha ricordato un compagno di scuola. Perché la cosa più bella sarà che, ne sono certa, incontrerete amici che porterete nel cuore e in qualche caso al vostro fianco per tutta la vita.
E vi ho raccontato il mio primo giorno di scuola, in un’atmosfera che a pensarci adesso fa tanto libro “Cuore”: il maestro Giorgio dietro la cattedra, tutti noi rossi e imbarazzati stretti davanti ai nostri genitori, titubanti nel rispondere «Sì» all’appello.
Domani sarà il vostro giorno, ma so già che in voi vedrò me, bambina. Soprattutto in te, Princi: così spavalda ma impaurita, timorosa di non riuscire quando noi tutti siamo certi che ce la farai e che ti piacerà.


Certamente se ve l’avessi detto non mi avreste creduta, ma sono sicura che la cosa più difficile domani e nei prossimi mesi sarà stare una senza l’altra, anche se per poche ore. Perché, come ha detto la Pulci rispondendo alla maestra di pattinaggio, voi vi chiamate “EMMASOFIA”. Un’entità unica, che a volte entra in conflitto con sé stessa.
Avete lottato con il cuscino e il lenzuolo, che tu, Princi, hai ridotto a una sorta di serpentone che ti avvolge la gambetta. Tu, Pulci, avevi a tuo (e mio) svantaggio il pisolino del pomeriggio, ancora indispensabile ma di ostacolo allo spegnimento della luce serale. Il bacio della buonanotte ve lo darò quando andrò a letto pure io: prima avevo paura di svegliarvi.
E se poteste alzarvi vedreste che anche io mi rigirerò nel letto più e più volte prima di addormentarmi: come è sempre successo la sera prima dell’inizio della scuola.
Avrete il vestitino bello e una giornata speciale.

La prima di tante altre. 
Ps: avevo pensato di venire in cucina per preparare dei muffin in modo da garantirvi una merenda casalinga sana : le brave mamme lo fanno. Ma poi ho preferito scrivere: così negli anni potrò ricordare insieme a voi questa sera e le sue emozioni.

martedì 29 agosto 2017

wind of change

Ormai ci siamo.
Il borsone del mare, che in realtà non è stato molto sfruttato quest’anno, sta per essere riposto in maniera definitiva. Nell’aria l’odore di solari è stato sostituito da quello di matite, grembiulini e libri in attesa di essere rivestiti.
Avrei voluto rendere speciale l’ultima estate di libertà della Princi e della Pulci, per la quale si prospetteranno comunque almeno altre due tornate di vacanze totally free. E queste settimane noi tre sole, insieme, me le sto godendo interamente, nel bene e nel male di qualche momento di sclero collettivo.
Stiamo cercando di non far pesare l’inizio della primaria: per quello ci sono sempre gli altri, pronti con la solita infilata di «quando cominci?/adesso finisce la pacchia!/stai facendo il conto alla rovescia?».
Noi ci limitiamo a rispondere alle sue perplessità su come si svolgeranno le giornate o cerchiamo di “istruirla” spiegandole che a ricreazione per mangiare la merenda non starà seduta al tavolo e che potrà chiedere alla maestra di andare in bagno chiedendole «Posso uscire?» anziché dicendole «Devo fare la pipì»; e che poi, una volta fuori dall’aula, dovrà far tutto da sola, senza la bidella ad aiutarla.
Sarà un grosso, enorme cambiamento per lei e spero di aver fatto la scelta giusta senza sovraccaricarla di responsabilità che lei, comunque, cerca anche di prendersi. Come quando, a sua volta, spiega alla Pulci che se non mangerà gli gnocchi «O mangi questa minestra o salti dalla finestra», e che ci saranno pure lo yogurt e la banana, elencandole quindi i cibi che di solito evita con cura.
E, in tema di “Wind of change”, ormai due mesi fa avevo scritto, con i vecchi metodi di penna e foglio di carta, un po’ di righe sui prossimi cambiamenti. È il momento di trascriverli, prima che vada tutto perso.
Il 30 giugno sarebbe stato una sorta di D-Day, un ultimo giorno globale: di casa “vecchia”, di città “vecchia”, di asilo, di Mamma e Pulci da sole, di una routine rodata di orari, luoghi, persone. Quindi, ecco ciò che avevo scritto.

Un pomeriggio primaverile in casa nuova, work in progress

Siamo all’ultimo giorno.
Ultimo giorno di molte cose.
Di una casa che è stata la nostra, la prima.
Quella che ha conosciuto le mie paure: di diventare adulta, di non sapere come essere “coppia”, di come prendermene cura.
Di una casa che si è ristretta e allargata a seconda del momento.
Che ci ha visti crescere diventando “Noi” e in cui siamo diventati famiglia.
Che ha condiviso, silenziosa, un periodo difficile.
Dove vi siete annunciate e vi abbiamo conosciute.
Che è stata esplorata dalle vostre manine e testate.
Su cui resteranno scritti i segni delle vostre altezze.
Che ha sentito le vostre risate, sopportato i capricci, conosciuto le vostre lacrime, che vi ha viste ballare, abbracciarvi, picchiarvi, disegnare, cucinare.

È l’ultimo giorno di scuola materna, Princi.
Dove ti ho vista crescere, imparare a divertirti senza di noi, a socializzare e aprirti al mondo, restare talvolta ai margini. Dove sei entrata piccolissima con la mia paura di abbandonarti e sei uscita che già sai scrivere.





È l’ultimo giorno di te e me, Pulci.

La mattina da inventarci, i tuoi capricci da gestire. Gli angoli della città che hai imparato a conoscere e che ora lasceranno spazio a nuove routine. L’ultimo pranzo sole, tu e io. Poi, da settembre ci saranno i pranzi Princi e io. E sarà una nuova quotidianità, mai uguale come mi aveva scritto un amico cinque anni fa.

«Perché dobbiamo trasferirci sabato?»
Mi hai chiesto ieri con le lacrime agli occhi, Princi, prima di addormentarti. Vorrei tanto essere riuscita a rassicurarti ma non so se ne sono stata capace: mi assomigli troppo per non essere spaventata, in questo momento, quanto lo sono io.
Ma quando ti ho detto che troverai altri amici ero sincera. A scuola succede: succede che trovi amici che porti con te tutta la vita, nel cuore e non solo. E il fatto che la tua scuola sarà la mia mi fa ben sperare.
Che tante cose belle succederanno non posso, purtroppo, garantirtelo. Ma non te lo dirò. Almeno, non a voce.
Spero perdonerete la follia di questi giorni, in cui poco mancava vi togliessi i piatti da sotto il naso per impacchettarli o vi facessi uscire senza mutande perché già vi aspettavano nella casa nuova.


domenica 13 agosto 2017

principesca saggezza


Un pomeriggio d’agosto, camminando verso la spiaggia.
Princi: "Mamma, sai quel supermercato che stanno costruendo?"
"A Gorizia? Sì.."
Piena di entusiasmo e orgogliosa di dare un contributo a ciò di cui sente parlare ultimamente: "Sai cosa potresti fare? potresti fare la cassiera volontaria così avresti un lavoro!"
Ecco: la Princi, al solito, ha capito perfettamente come va il mondo...
E a questo punto non saprei se mettere una faccina che esprima il mio orgoglio per la sua arguta saggezza, il divertimento per quanto ha detto o il disappunto perchè, in effetti, le cose vanno proprio così

giovedì 8 giugno 2017

un altro anno è andato

Oggi si è praticamente chiuso un capitolo.

Il lato A del costume di scena
Non il primo, è chiaro: con un bambino di capitoli se ne chiudono quasi quotidianamente quando devi cambiare taglia di pannolino, quando passi alle pappette, quando inizia a mangiare da solo, a far pipì da solo...e ogni passo verso l’autonomia da un lato lo incoraggi così finalmente esce dalla fase “cozza attaccata allo scoglio” ma dall’altro lato nel tuo cuore spezza un filo, piccolo o grande a seconda del traguardo...
Oggi nell’asilo (ops: scuola materna) della Princi c’è stata la recita di fine anno: per lei l’ultima. A settembre, con sei mesi circa di credito, inizierà la scuola elementare (ops: primaria).
Sono stata orgogliosissima di lei, oggi e in questi tre anni.
Anni in cui è cambiata perché ha fatto il suo ingresso nel mondo e non ero più il suo solo punto di riferimento per l’educazione, il modo di parlare, le cose da imparare: giusto, naturale, e pure a volte spiazzante quando la senti chiederti alle sette di mattina «Mamma, è vero che i bambini nascono dalla patatina?». Non era più (e non lo sarebbe più stata) SOLO MIA.
Il lato B
Tre anni in cui ci sono stati alti e bassi, con il timore (mio) di lasciarla fino al pomeriggio perché così avremmo trascorso poco tempo assieme e il desiderio (suo) di tornare a casa per controllare cosa avessi fatto con la Pulci.
Tre anni in cui ha imparato come vivevano nei castelli, come vivono in paesi lontani, come si coltivano i fagioli.
Tre anni in cui i rapporti con gli altri bambini e i loro genitori non sono stati sempre facilmente leggibili e interpretabili.
Tre anni che sono passati in un soffio, come sempre quando si tratta di bambini: solo che loro (e noi alla loro età) non se ne accorgono e sembra che il momento di diventare grande non arrivi mai. Chissà poi perché lo si aspetta con tanta ansia, quel momento.

Due dei tanti disegni fatti prima della recita
Ma oggi, se fossi in grado di dirtelo e fartelo capire, cara Princi ti ho vista davvero grande. Con la tua vocina che si distingueva nitida in ogni canzone. Con i tuoi occhioni come fari che mi cercavano appena arrivata al tuo posto. Con l’orgoglio e la gioia di ricevere l’attestato di promozione.
Nei cinque anni trascorsi da quando sei allunata, avrei voluto più e più volte fermare il tempo perché mi sembrava tutto fosse perfetto: la tua dolcezza, i tuoi sorrisi, i nostri sguardi, le tue parole buffe, le tue manine nelle mie, il tuo modo di correre... Chissà quante altre volte vorrò fermarlo temendo tuttavia, in questa speranza, di ostacolare la tua indipendenza, la tua serenità, il tuo viaggio, i tuoi sogni.
Perdonami Princi: perdonami se mi sono tanto commossa stamattina e se sto piangendo a dirotto adesso mentre ti scrivo. Ma tu e la Pulci siete le “cose” più MIE che io abbia mai avuto, desiderato e amato. Siete, indubbiamente, le migliori esposizioni che possa mai presentare al mondo.
E vedervi crescere è uno spettacolo meraviglioso di cui sono una spettatrice privilegiata, affaticata ma estremamente felice.

La tua orgogliosissima Mammaconicalzettoni

lunedì 30 gennaio 2017

Meno uno, più cinque

Oggi, cinque anni fa, l’ultimo giorno prima di stringerti.


Oggi, cinque anni fa, l’ultimo giorno di un’altra vita: diversa, e che oggi mi pare essere stata straordinariamente vuota e insignificante. Vuota di sorrisi, sgridate, occhietti profondi, arrabbiature, baci, notti in bianco.


Vuota di te.

lunedì 16 gennaio 2017

Oggi doveva esserci questo... 


un gran casino di incastri e corse da una scuola all’altra per tentare di destreggiarsi fra pof, offerte formative e affini.

Invece c’è stata una botta di febbre. Perché anche le mammeconicalzettoni si ammalano. E quindi sono saltati tutti gli appuntamenti di scuole aperte, programmati e attesi da un mese circa.
Ma sai poi che c’è?
Che forse hanno ragione il papàconinfradito e la mamma-nonna: non si tratta di decidere fra Harvard e Yale, ma di scegliere una scuola materna e una primaria. E hanno sempre ragione loro: ai tempi in cui le scuole si chiamavano asilo ed elementare si sceglieva a scatola chiusa e spesso esclusivamente in base a criteri di praticità come la vicinanza a casa.
Quindi, con un po’ di sensi di colpa e il rammarico che, per aver perso questo appuntamento, verrò depennata dalla top ten per concorrere al titolo di Super mamma, ho deciso di fare coming out:
io, mammaconicalzettoni, dichiaro che iscriverò le mie bimbe a scuola senza aver partecipato a scuole aperte.
Senza aver confrontato piani didattici, ore di inglese settimanali, ore di danza, senza sapere se studieranno musica, salto triplo, yoga, i Promessi Sposi, aramaico. Per una volta sarò davvero una mamma di altri tempi. Quelli in cui le cose erano più semplici.

E ora, a questo proposito, vediamo se riesco a capire qualcosa delle iscrizioni on line.