Sabato ho iniziato la scuola guida.
Inteso: la scuola guida
per l’auto nuova. Perché quando tv e
giornali proclamano che i secondi, terzi, …, quindicesimi figli costano meno
del primo non mettono in conto le sovrastrutture, intese proprio come quelle
che stanno sopra la testa. Vale a dire: casa e auto. Perché se una coppia vive in un
monolocale già alla prima cicogna si impone un ripensamento logistico,
figurarsi quando gli allunaggi moltiplicano. E lo stesso per la macchina. Nel nostro caso a essere sacrificata è stata Clementina, la 600 grigia
che è stata la mia prima auto: quella che inizialmente abbiamo preso per farmi
uscire dall’isolamento del paesino dove viviamo per trasportarmi al corso di
beni culturali, che poi mi ha accompagnata a lavorare ai musei di Udine, che mi
ha portata ai seminari del dottorato a Trieste, che ci ha confortati negli
angosciosi viaggi all’ospedale. E non l’ho nemmeno salutata. Ed è finita nelle
mani in cui non l’avrei mai data. Povera Clem.
Al suo posto e a fare
compagnia alla C3 Maggie è arrivato un “mostro”: una Mazda 5, molto più lunga (e il rodaggio parcheggi dev’essere ancora
sperimentato, ahinoi!) e confortevole, adatta a ospitare una Pulci con
carrozzina, poi ovetto, poi passeggino e seggiolino e una Princi con eventuale
biciclettina, seggiolino pure lei e – quando sarà tempo di vacanze – tutto il
minimo necessario per accompagnarci, racchiuso in 15/20 valige ben stipate.
L’arrivo della nuova
auto, a cui dev’essere ancora trovato un nome adeguato, è stato preceduto e
accompagnato da un clima di attesa che, da parte di Lui, credo sia più forte di
quello che ha caratterizzato e sta caratterizzando l’allunaggio della Princi e
della Pulci. Vabbè: è uomo, si potrà obiettare. Ma mai finora si era intrippato
tanto per un’auto che, fra l’altro, all’inizio non voleva.
E qui è scattata la prima scoperta: perché sono stata io a ventilargli la necessità di un mezzo di
trasporto più grande, rimanendo inascoltata finchè non è intervenuta la
nonna-suocera. Ed è così che ho visto confermate le mie supposizioni sulla persistenza di un complesso di Edipo non
risolto, affiorato più e più volte in questi mesi (ultimo caso: la questione taglio di capelli della Princi.
La mia proposta, costantemente bollata come stupida, veniva ascoltata con
dedizione se proveniente da altre labbra: tanto poi avevo già deciso in
autonomia e preso l’appuntamento). Ma dalla mitologia siamo passati alle favole
vedendo spuntare un Peter Pan della
cui esistenza ero ben certa. Il gioco è iniziato con la ricerca del
concessionario e del modello più appropriato, il rimbalzo quotidiano di idee
fra “prendiamo nuovo o usato?”, l’iscrizione alle “car alert” via mail, le
riposte “Credo una Dacia” alla domanda “Cosa vuoi per cena?”, fino a piazzare
la Princi davanti alla tv dopo due giorni in cui non la vedeva pur di
consultare le offerte su internet. E questo mi ha fatta proprio incazzare.
Comunque poi ci siamo
arrivati e martedì sera siamo andati, da soli, a provare l’auto, subito fermata
e presa venerdì. Quasi tutti i nonni ci hanno già fatto un giro di prova, la
Princi sembra entusiasta salvo quando, vedendo che a guidare ero iom, aveva una
faccina piuttosto preoccupata: ma me la sono cavata bene. E se a confermarlo è
stato Lui ci si può scommettere.
Ora Peter Pan potrebbe
essere rientrato: e invece no. Perché c’è il
libretto d’istruzioni da consultare ora per ora, le domande su quanto
carburante tiene, l’installazione dei sensori di parcheggio (che nel mio
caso, dopo avermi avvertita delle distanze da un metro in sotto con un semplice
bip bip, concluderanno sempre con un “Mona! Hai toccato anche stavolta!”), la costruzione di una sorta di vano cassettone
per preservare dallo sporco il mega bagagliaio.
Quanto durerà questa
infatuazione? Ancora poco, ne sono certa. Se fosse fino all’arrivo della Pulci
già mi stupirei.