mercoledì 28 ottobre 2020

Se Mi vaccino

 

New look.
Ma sempre panda con occhiaie

Lui e la mamma-nonna lo fanno già da anni. Io no. E nemmeno le belve.

Quest'anno però ci siamo dovute piegare.

Inchinare a quella che un'amica chiama Sua Maestà.

Per Sua volontà dobbiamo fare il vaccino antinfluenzale che, per come la vedo io, allo stato attuale delle conoscenze (poche) e incertezze (molte), potrebbe essere una tutela in più rispetto al Covid che, anzichè spegnersi, si sta rinvigorendo.

Si sta nutrendo dei moccoli stagionali dei bambini all'asilo nido, della resistenza dei più grandi a seguire le lezioni ancorati al banco con tanto di mascherina.

Si alimenta dei pomeriggi in palestra e a danza, a lezione di musica e di inglese.

Sta bevendo spritz al posto nostro e si sta ingrassando delle fiorentine che non possiamo gustare al ristorante.

Ma sta pure aspettando di gustare il pane che sembra dovremo ricominciare a impastare in casa per farci passare il tempo.

Prima della nuova chiusura dei teatri,
a Gorizia il Festival di danza contemporanea 
Visavì
Sta ammirando balletti e film in nuova uscita comodamente seduto in platea e sta ridendo alle spalle di chi, esasperato, sta cedendo al nervosismo, alla necessità, alla preoccupazione e alla paura.

Si sta rimpinzando di polemiche, di vetrine infrante e di darsi addosso l'uno con l'altro, in quell'assurdo, incivile e innaturale dibattito fra preservare la salute (fisica) o tutelare quella economica e psicologica.

Nella preoccupazione che sto vivendo per quanto accade attorno, ieri, nel tragitto verso il pediatra, mi sono chiesta se fosse giusto “costringere” le bambine a vaccinarsi per colpa mia.

Per colpa sua.

Perchè se ogni giorno tendo a dimenticarmi che c'è visto che continuo a muovermi, uscire, pulire casa, camminare, allenarmi, è anche vero che invece c'è.

E per causa sua la vita è quella di prima senza esserlo.

Pomeriggio pre vaccino:
dis-gustose sperimentazioni in cucina

Per il vaccino: sono certa che, nel loro infantile egoismo, se avessi detto alle belve che dovevano farlo per causa mia, avrebbero rifiutato. Soprattutto la Pulci, che ne ha fatto una tragedia, ha pianto al momento dell'iniezione e, su richiesta del pediatra, gli ha dato una martellata sulla testa per compensare il dolore provato. E pensare che le tocca anche una seconda dose.

Per le visite: perchè programmare qualcosa, che sia un corso o un'uscita con un'amica, d'ora in poi deve tener conto del fatto che potrei invece essere costretta a rimandare o cancellare a causa di un appuntamento in ospedale.

Per le bimbe: perchè quando vanno in crisi penso che sia per l'inconscia paura di cosa potrebbe succedere.

E giù sensi di colpa.

Come se avessi voluto io essere una Super Mamma.

Continuo a dirmi che è andata bene: meglio così che avere un tumore.

Ma continuo pure a dirmi che sarebbe stato meglio nulla.

mercoledì 14 ottobre 2020

la fatica è servita

 


Quand'ero bambina, ogni mattina mi alzavo e trovavo la colazione pronta sul tavolo: mancava solo il caffelatte, bevuto sin dall'asilo perchè ogni volta che convincevo la mamma a comprarmi l'Orzoro o il Nesquik, con l'idea che quella tazza fumante mi avrebbe regalato solo sorrisi e felicità come promesso dalla tv, la magica polvere finiva prima o poi nella pattumiera.

Poi arrivava la ricreazione e mi ritrovavo la solita merendina, spesso proprio quella che non mi piaceva – ma piaceva alla mamma: forse perchè la considerava più sana, soprattutto se farcita di marmellata - e per la quale ho sviluppato un'avversione che perdura tuttoggi. La scartavo e intanto osservavo che E. aveva il panino con la frittata, M. la rosetta con il formaggino, A. con il prosciutto, F. con il salame ungherese il cui odore riempiva ogni corridoio della scuola; il tutto era poi spesso innaffiato da succhi di frutta che non erano 95% estratto di pesca come quelli di oggi: ma, al tempo, i pediatri non rompevano per questo.

Alle volte trovavo il coraggio di chiedere perchè non potessi avere anche io un panino, incalzata in questo dal mio maestro che inorridiva lanciando finte urla di vera riprovazione ogni volta che mi vedeva aprire la crostatina. Risposta: «Ma il pane è duro». Forse quello degli altri non lo era, magari perchè la mattina avevano bevuto l'Orzoro e quindi anche il pane sorrideva alla loro giornata. Di tanto in tanto, spinta credo dallo sfinimento delle mie comunque saltuarie richieste, la mamma decideva di accontentarmi: infilava il prosciutto in due fette di pan carrè confezionato o, se voleva far le cose perbene, il giorno prima si fermava nel panificio del centro famoso per i filoni di pane in cassetta fresco. Credo che quel panino mi intristisse più delle merendine.

Poi arrivava il pranzo, la sera la cena: e ciò che c'era nel piatto, mangiavo (almeno fino ai 14 anni), senza nemmeno un grande interesse su cosa avrei trovato a tavola quando mi ci fossi seduta.

Ecco: tutto questo preambolo per parlare delle nostre diatribe culinarie.

Il nostro cassetto della colazione

Sbagliavano mia mamma e mia nonna a imporre ciò che volevano e reputavano migliore/più comodo/più sano senza chiedermi cosa preferissi o sono io nel torto esordendo sempre con «Cosa vorreste/cosa vi va?»? Indubbiamente, per la salute mentale del genitore, la ragione sta nella prima opzione: e ogni settimana viene il giorno in cui annuncio l'entrata in vigore di un regime totalitario e la caduta della democrazia relativamente alla questione cibo. Solo che poi non tengo fede alla proclamata cattiveria e cedo, gratificata da una mezza giornata di accondiscendenza delle belve per ciò che schiaffo nel piatto.

C'è stato un periodo in cui la colazione cambiava ogni giorno e comprendeva spesso omelette al prosciutto o toast. Poi, complice la necessità di colazioni più rapide per venire incontro alla routine settimanale, è entrata in vigore la monotonia delle gocciole: bianche per la Princi, nere per la Pulci.

Sempre quelle.

Ogni mattina.

Senza alternative.

Una tristezza... cerco di cambiare biscotti ma nulla.

La dispensa...

Raramente adesso, e solo per sporadiche mattine, questo piattume viene animato da una fetta di pane e cioccolata, dei cereali... ma la marmellata, per esempio, non si sa cosa sia e, come dicevo, biscotti diversi da quelli con le gocce di cioccolato sembrano un chiaro segno del demonio. Certo, conoscere i gusti dei propri polli può essere un vantaggio: quando si vedono quei biscotti in offerta speciale, se ne riempie il carrello. Salvo poi che magari la settimana dopo inizia “il mese dei cornflakes”, per cui le scorte rimangono inutilizzate fino a data da destinarsi.

E mentre si sciroppano il latte e Nesquik (il caffelatte? per carità) si avvia la vertenza sindacale sulla merenda. Spesso per evitarla preparo il portamerenda prima che si alzino infilandoci yogurt, ma sempre agli stessi gusti, o frutta: già, ma quale? Per la Princi le banane devono essere verdi, la Pulci è -credo- l'unica bambina al mondo a cui la banana non piace. A sgranocchiare una mela ci starebbero tutti i 24 minuti di ricreazione; poi per la Pulci adesso – con quel dente pencolante che non vuole far cadere – è improponibile. Per lei allora uva. Al massimo le susine, ma con moderazione, mi raccomando.

Pranzo e cena vedono sempre un loro parere su cosa preferiscono e ho ben voglia di lambiccarmi su come proporre delle verdure in modo appetitoso, tanto chissà se le mangiano e chissà chi delle due le mangia: perchè, giustamente, ognuna ha i suoi gusti.

Insomma: anche oggi la nostra giornata è iniziata con un dibattito sulla merenda, il pranzo e affini.

«Facci provare altri biscotti!» dichiara la piccola serafica, con la consueta faccia da schiaffi.

«Ma se neppure mangi quelli che scegli tu?! Quelli americani con le gocce di cioccolato (e ti pareva!) sono ancora nel cassetto! Quando ero piccola (come odio iniziare le mie frasi in questo modo: mi autoproietto nella preistoria) la nonna mi dava la merenda senza chiedermi cosa volessi. E non protestavo. A voi invece vi lascio scegliere e protestate pure!». Per quest'ultima parte del mio rimprovero, vengo accompagnata dal loro coro: ormai conoscono la storia a memoria.

Conclusione: «Con voi bisognerebbe vivere in un supermercato!».

Già, ma di quelli in cui puoi aprire ogni confezione per assaggiare un pezzettino, dare una leccatina, addentare un quadratino. Poi riporre tutto negli scaffali, in attesa che venga il momento in cui quella cosa appena spacchettata possa piacere.

E intanto saranno passati gli anni: la cioccolata sarà troppo cioccolatosa; i biscotti dovranno essere vegani; i cereali meglio se estratti dalla polvere di strada (come diceva mia nonna); il latte dovrà essere rigorosamente estratto dal melograno boliviano; il pane dovrà essere impastato senza violentare i semi di grano.

Insomma: oggi erano le 7.30 e un'altra faticosa giornata era già stata servita.

Ps: cercando immagini delle merendine spreferite (già proprio così) mi sono imbattuta in queste. Chi se le ricorda? mi è tornato in mente il sapore, quella cioccolata densa e quella nocciola da rompere i denti... DOVE SONO FINITE LE BIRICCHE?????

martedì 13 ottobre 2020

Spigolature spigolose

 


Spigolature sulla SM

di Princi

Giorno uno:

«Mamma, oggi ho detto a X di comprare le mele dell'Aism perchè così contribuisce a combattere la malattia che hai tu».

È in momenti come questo che mi sento molto fiera di lei e penso che, raramente, ascolta con profitto ciò che le dico: che, ovviamente non riguarda il “mangia con la bocca chiusa, metti a lavare i calzini sporchi, piega il pigiama, non picchiare tua sorella”. Dei mantra che ripeto svariate volte al giorno ormai da sette mesi. Senza risultato.

Invece sulla SM ha capito parecchie cose. Però... Quando me lo ha detto, ho sorriso e mentre meditavo su come dirle ciò che stavo pensando senza farla risentire, le ho risposto che è stata brava ma che è meglio se non ne parla con tanta scioltezza fuori casa: perchè sai, spesso anche gli adulti non conoscono la SM e magari dei tuoi compagni di classe potrebbero dirti cose che non sono vere e farti spaventare. Per cui, hai fatto bene a dire delle mele, ma ricordati sempre che se hai dei dubbi o delle domande è meglio se ne parli con noi.

La Princi ha capito: è rimasta un po' male lo stesso visto che continuava a chiedere scusa, ma sa che può contare su di noi.

Giorno due:

Una nube grigia si abbatte sul volto della Princi.

«Che succede?»

«No,... niente.... È che oggi, nell'ora di ginnastica, mentre facevo un esercizio, la maestra mi ha rimproverata e mi ha detto: “Non fare così, che poi ti viene la sclerosi!”». E giù lacrime.

Ridendo, forse poco delicatamente:

«Amore, “scoliosi”: la maestra sa che cos'ho e senza dubbio ha detto scoliosi, non “sclerosi”!».

E ieri sera, raccontando questo aneddoto alla mia prima seduta di gruppo degli altri Super, abbiamo avuto un momento di leggerezza.

Giorno tre, quattro cinque, sei...fino a oggi

Pulci mi vorrebbe stare azzeccata come una cozza sullo scoglio. Ecco: il mio senso di inadeguatezza, la mia paura, mi fanno pensare che c'entri con la malattia. Magari invece dovrei semplicemente abbandonarmi a giocare con le Barbie come spesso mi chiede.

Non è facile essere una mamma: mi stavo attrezzando per questo.

Essere una Super Mamma richiederà ancora un po' di tempo.