Quand'ero
bambina, ogni mattina mi alzavo e trovavo la colazione pronta
sul tavolo: mancava solo il caffelatte, bevuto sin dall'asilo perchè
ogni volta che convincevo la mamma a comprarmi l'Orzoro o il Nesquik,
con l'idea che quella tazza fumante mi avrebbe regalato solo sorrisi
e felicità come promesso dalla tv, la magica polvere finiva prima o
poi nella pattumiera.
Poi
arrivava la ricreazione e mi ritrovavo la solita merendina,
spesso proprio quella che non mi piaceva – ma piaceva alla mamma:
forse perchè la considerava più sana, soprattutto se farcita di
marmellata - e per la quale ho sviluppato un'avversione che perdura
tuttoggi. La scartavo e intanto osservavo che E. aveva il panino con
la frittata, M. la rosetta con il formaggino, A. con il prosciutto,
F. con il salame ungherese il cui odore riempiva ogni corridoio della
scuola; il tutto era poi spesso innaffiato da succhi di frutta che
non erano 95% estratto di pesca come quelli di oggi: ma, al tempo, i
pediatri non rompevano per questo.
Alle
volte trovavo il coraggio di chiedere perchè non potessi avere anche
io un panino, incalzata in questo dal mio maestro che inorridiva
lanciando finte urla di vera riprovazione ogni volta che mi vedeva
aprire la crostatina. Risposta: «Ma il pane è duro». Forse
quello degli altri non lo era, magari perchè la mattina avevano
bevuto l'Orzoro e quindi anche il pane sorrideva alla loro giornata.
Di tanto in tanto, spinta credo dallo sfinimento delle mie comunque
saltuarie richieste, la mamma decideva di accontentarmi: infilava il
prosciutto in due fette di pan carrè confezionato o, se voleva far
le cose perbene, il giorno prima si fermava nel panificio del centro
famoso per i filoni di pane in cassetta fresco. Credo che quel panino
mi intristisse più delle merendine.
Poi
arrivava il pranzo, la sera la cena: e ciò che c'era nel
piatto, mangiavo (almeno fino ai 14 anni), senza nemmeno un grande
interesse su cosa avrei trovato a tavola quando mi ci fossi seduta.
Ecco:
tutto questo preambolo per parlare delle nostre
diatribe culinarie.
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Il nostro cassetto della colazione
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Sbagliavano
mia mamma e mia nonna a imporre ciò che volevano e reputavano
migliore/più comodo/più sano senza chiedermi cosa preferissi o sono
io nel torto esordendo sempre con «Cosa vorreste/cosa vi va?»?
Indubbiamente, per la salute mentale del genitore, la ragione sta
nella prima opzione: e ogni settimana viene il giorno in cui annuncio
l'entrata in vigore di un regime totalitario e la caduta della
democrazia relativamente alla questione cibo. Solo che poi non
tengo fede alla proclamata cattiveria e cedo, gratificata da una
mezza giornata di accondiscendenza delle belve per ciò che schiaffo
nel piatto.
C'è
stato un periodo in cui la colazione cambiava ogni giorno e
comprendeva spesso omelette al prosciutto o toast. Poi,
complice la necessità di colazioni più rapide per venire incontro
alla routine settimanale, è entrata in vigore la monotonia delle
gocciole: bianche per la Princi, nere per la Pulci.
Sempre
quelle.
Ogni
mattina.
Senza
alternative.
Una
tristezza... cerco di cambiare biscotti ma nulla.
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La dispensa...
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Raramente
adesso, e solo per sporadiche mattine, questo piattume viene animato
da una fetta di pane e cioccolata, dei cereali... ma la marmellata,
per esempio, non si sa cosa sia e, come dicevo, biscotti diversi da
quelli con le gocce di cioccolato sembrano un chiaro segno del
demonio. Certo, conoscere i gusti dei propri polli può essere un
vantaggio: quando si vedono quei biscotti in offerta speciale, se ne
riempie il carrello. Salvo poi che magari la settimana dopo inizia
“il mese dei cornflakes”, per cui le scorte rimangono
inutilizzate fino a data da destinarsi.
E
mentre si sciroppano il latte e Nesquik (il caffelatte? per carità)
si avvia la vertenza sindacale sulla merenda. Spesso per
evitarla preparo il portamerenda prima che si alzino infilandoci
yogurt, ma sempre agli stessi gusti, o frutta: già, ma
quale? Per la Princi le banane devono essere verdi, la Pulci è
-credo- l'unica bambina al mondo a cui la banana non piace. A
sgranocchiare una mela ci starebbero tutti i 24 minuti di
ricreazione; poi per la Pulci adesso – con quel dente pencolante
che non vuole far cadere – è improponibile. Per lei allora uva. Al
massimo le susine, ma con moderazione, mi raccomando.
Pranzo
e cena vedono sempre un loro parere su cosa preferiscono e ho ben
voglia di lambiccarmi su come proporre delle verdure in modo
appetitoso, tanto chissà se le mangiano e chissà chi delle due le
mangia: perchè, giustamente, ognuna ha i suoi gusti.
Insomma:
anche oggi la nostra giornata è iniziata con un dibattito sulla
merenda, il pranzo e affini.
«Facci
provare altri biscotti!» dichiara la piccola serafica, con la
consueta faccia da schiaffi.
«Ma
se neppure mangi quelli che scegli tu?! Quelli americani con le gocce
di cioccolato (e ti pareva!) sono ancora nel cassetto! Quando ero
piccola (come odio iniziare le mie frasi in questo modo: mi
autoproietto nella preistoria) la nonna mi dava la merenda senza
chiedermi cosa volessi. E non protestavo. A voi invece vi lascio
scegliere e protestate pure!». Per quest'ultima parte del mio
rimprovero, vengo accompagnata dal loro coro: ormai conoscono la
storia a memoria.
Conclusione:
«Con voi bisognerebbe vivere in un supermercato!».
Già,
ma di quelli in cui puoi aprire ogni confezione per assaggiare un
pezzettino, dare una leccatina, addentare un quadratino. Poi riporre
tutto negli scaffali, in attesa che venga il momento in cui quella
cosa appena spacchettata possa piacere.
E
intanto saranno passati gli anni: la cioccolata sarà troppo
cioccolatosa; i biscotti dovranno essere vegani; i cereali
meglio se estratti dalla polvere di strada (come diceva mia nonna);
il latte dovrà essere rigorosamente estratto dal melograno
boliviano; il pane dovrà essere impastato senza violentare i
semi di grano.
Insomma:
oggi erano le 7.30 e un'altra faticosa giornata era già stata
servita.
Ps: cercando immagini delle merendine spreferite (già proprio così) mi sono imbattuta in queste. Chi se le ricorda? mi è tornato in mente il sapore, quella cioccolata densa e quella nocciola da rompere i denti... DOVE SONO FINITE LE BIRICCHE?????