venerdì 31 agosto 2012

Bubù…e sette!


 
Oggi è il settimo complimese della Princi.

Ho avuto un periodo vergognosamente lungo di assenza ma depongono a mio vantaggio una serie di eventi concomitanti. In primis l’inizio di un nuovo e inatteso lavoro: chi pensava infatti che, in tempi di crisi, spedendo il mio curriculum il lunedì venissi chiamata per un colloquio venerdì mattina con bozza di contratto già pronta e primo turno in programma per il martedì seguente? E invece così è stato, mandandomi completamente nel pallone:  perché il secondo elemento a mio discarico è lo svezzamento, che proprio in quei giorni stavo intensificando e che mi metteva in crisi per la gestione della Princi con le nonne, per la serie: se non mangia la minestra chi salta dalla finestra?? Anche se, devo ammetterlo, la mia ansia principale verso le pappe era (ed è tutt’ora) alimentata (tanto per usare giochi di parole) dal rapporto distorto che ho io con il cibo. Comunque di questo scriveremo in altra sede, e, proseguendo negli elementi a discarico per il lungo silenzio bloggista, ci sono le ferie: due settimane al mare, necessarie perché altrimenti sarei impazzita anche se il delirio sembra si stia verificando di più ora, con la Princi che pare la protagonista mignon di quei vecchi spot su una ben nota (soprattutto adesso) compagnia di crociere in cui, al ritorno dalla vacanza, il turista cadeva in depressione. E in effetti le sue mattinate sono un piagnisteo pressochè continuo, inspiegabile, straziante e, diciamolo pure, snervante.

Comunque, mettendo da parte le scuse elencate finora, oggi credo sia il giorno migliore per riprendere a scrivere facendolo per snocciolare alla Pallina una serie di auguri che si vanno ad aggiungere a quelli che le ho già espresso in altro post e che sono maturati proprio durante le vacanze.

Cara Princi,
pur vedendoti ogni giorno ed essendo certa che quando piangi perché non vuoi addormentarti lo fai semplicemente perché non vuoi privare il mondo della luce che emana dai tuoi occhi, solo ora mi sono resa conto di quanto siano splendidi e preziosi: solo ora che ti ho vista sbarrarli per ogni minimo gesto o situazione nuovi, come lo sventolare di una bandiera, quello dell’ombrellone, la frescura e il rumore delle onde, le voci degli altoparlanti in spiaggia o al supermercato.  Spero tu possa sempre conservare quello sguardo candido e sognante, pieno di felicità e candore a cui aggiungi un tocco di felicità pura quando decidi di arricchirlo con quell’arricciare il naso che dice tutto il tuo entusiasmo.
 
Vorrei che il tempo si fermasse per poterti sempre addormentare dopo pranzo con la testa appoggiata sulla mia spalla sinistra, le braccia abbandonate attorno al collo, dopo averti cullata camminando e cantandoti  Raggio di sole e La donna cannone, chiedendomi se non sia il caso di informare De Gregori del potere delle sue canzoni o, meglio, di quanto siano apprezzate da una cucciolina come te.
Vorrei conservare per te memoria di tutte le persone che si incantano a guardarti, che rimangono abbagliati dal tuo sorriso sdentato e dai fari che punti sui loro volti per scrutarli e carpire con attenzione tutto ciò che dicono.
Vorrei annullare con un colpo di spugna o, come si direbbe oggi, resettare, i momenti in cui è la stanchezza a rispondere con esasperato smarrimento alle tue richieste, così come vorrei annullare le disattenzioni che ho avuto nei tuoi confronti nell’assurda illusione di non compierne più.
Solo ora che ci sei, Princi, mi rendo conto del perché tante volte la mamma-nonna non ci sia stata come avrei voluto e avrei avuto bisogno; solo ora capisco perché si dica che i papà giocano più delle mamme, travolte a livello reale e mentale dall’incessante, rutilante e – ebbene sì – entusiasmante infinita serie di cose cui provvedere, pensare, organizzare, fare aggiungendole a quelle cui già si provvedeva, pensava, organizzava e faceva.
Ti auguro, e ci auguro, cara Princi, che finalmente i denti si decidano a spuntare e il raffreddore a passare: così magari, questa sera, potremmo festeggiare con calma, sorrisi e amore il ricordo dell’indimenticabile e per molti versi ancora irreale giornata in cui sei arrivata.