lunedì 27 aprile 2020

ritorno

Passeggiata oltre i 500 metri,
stamattina
Come ho scritto ieri, ciò che diciamo, pensiamo e scriviamo in questo periodo si assomiglia. Potrebbe essere consolante e suonare come ulteriore dimostrazione (per chi ne abbisognasse) del fatto che siamo tutti semplicemente, ugualmente, innegabilmente uomini, senza distinzioni.

Così oggi leggo un articolo di Paolo Rumiz preoccupato della propria capacità di tornare alla normalità. Preoccupazione oltremodo legittima, perchè credo che molti, in questo isolamento, ci sono stati bene.
Ci sono stata bene.
Tanto che ora che si comincia a ventilare l'ipotesi di una riapertura dei musei a metà maggio, sento un sottile velo d'ansia pervadermi, subito pronto a mutarsi in malumore.

Un'altra delle riflessioni che ho letto riguarda il fatto che, avendo più tempo a disposizione, le persone possono essere entrate in pieno contatto con le scelte della propria vita, le abbiano sondate, abbiano verificato la classifica dei propri valori e abbiano così meditato di cambiare: qualcosa o l'intera esistenza.
Riflessioni
Ecco: a me personalmente non serve avere più tempo a disposizione per pensare perchè ogni giorno, dal momento in cui apro gli occhi fino alì quello in cui mi addormento, quella che un'amica aveva identificato come “una radiolina nel cervello” è sempre accesa, senza riposo e con batteria misteriosamente ricaricabile. E non è neppure un mistero la mia costante insoddisfazione.
Ora: non so per gli altri, ma per me due mesi non sono stati sufficienti.
Sufficienti per riordinare casa e pulirne angoli inesplorati, tirare fuori libri sepolti nei cartoni del trasloco da tre anni, attaccare e commentare nell'album le foto di un anno fa, pulire l'auto, leggere tutti i libri (o anche uno solo) che so di aver acquistato in tempi più o meno recenti perchè sentivo di non poterne fare a meno, studiare per prepararmi alla ripresa, iscrivermi e seguire corsi di informatica on line. Due mesi, a dirla tutta, non sono bastati neanche per stappare le bottiglie di Moët Et Chandon che riposano nel frigo, in attesa dell'occasione giusta.

La domanda è, allora: cosa ho fatto, visto che anche i momenti di ozio sono stati molto risicati.
La mamma.
La mamma presente. O almeno ci ho provato, perchè mi sono anche spesso sentita dire: «Ma non stai con me/Non giochi con me». Sicuramente è vero: non ho giocato molto, in questo è indubbiamente più bravo Lui che regredisce ai tempi dell'infanzia divertendosi senza freni quando le insegue per casa, costruisce insieme a loro progetti o riesce a mettere insieme pezzi di cartone sfidando le normali leggi della fisica per il solo gusto di soddisfare la fantasia delle bimbe.

Molte saranno le cose che mi mancheranno quando si tornerà alla normalità, perchè non potrò sottrarmi al rientro nonostante stia pensando, cercando e mi stia interrogando su cosa fare.
Certo non mi mancherà la didattica on line, anche se pare ormai un'acquisizione pure per il futuro, nè il tempo trascorso arrabbiandomi per i compiti.
Mi mancherà però cercare di insegnare qualcosa alle Belve, qualcosa di intangibile così come di utile e pratico: essere più ordinate, piegare la biancheria, far la treccia alla Barbie. Due mesi non sono comunque bastati neppure per questo: pare che i bambini di oggi, abilissimi nell'avviare Netflix (cosa che invece io non ho imparato a fare) non riescano a destreggiarsi in queste banalità, così come non ci arrivino a pensare che se stai distante dal piatto, ti rovesci tutto il sugo addosso. Le tovaglie lo dimostrano.
Mi mancherà sentirmi dire «Voglio stare con te», frase ripetuta un centinaio di volte al giorno nonostante la forzata prossimità. Così come «Sei la migliore»: non ci credo molto e solitamente rispondo con un mezzo mugugno, ma è bello sapere che per mezzo secondo lo abbiano pensato davvero.
Mi mancheranno i continui abbracci con piedi della Pulci: un abbraccio stile koala, eventualmente utile anche nel caso in cui ci si voglia allenare con un po' di zavorra addosso.
Forse mi mancheranno anche i costanti remix della Princi, che canta tutto il giorno canzoni in inglese-principessizzato componendo improbabili ritornelli senza senso.
Mi mancherà vederle affiatate complottare per chiedere la merenda, se possono mangiare il gelato o vedere i cartoni.
Mi mancherà perdermi nei loro occhi, grandi, profondi, penetranti.
Mi mancheranno le domande di vita della Princi, i baci schioccanti della Pulci.
Mi mancherà avere il tempo di cucinare, organizzare apericena casalinghi, pensare a piccole cose piacevoli per tutti.
Mi mancherà, in sostanza, la vita da casalinga, da Nonna Papera, da mamma che corre spinta da un'ansia che non è quella oggettiva dei preparativi per andare a scuola e dei mille impegni fuori casa.
Mi mancherà sentir sussurrare la Pulci: «Mi piaci da morire. E mi piace anche papà. E anche Sofi. E tutta la famiglia».
Anche a me.
#iorestoacasa
#migodolebimbeprimachecrescano
#riflessionidaquarantena
#PaoloRumiz
#ritornoallanormalità

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