Passeggiata oltre i 500 metri,
stamattina
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Come
ho scritto ieri, ciò che diciamo, pensiamo e scriviamo in questo
periodo si assomiglia. Potrebbe essere consolante e suonare come
ulteriore dimostrazione (per chi ne abbisognasse) del fatto che siamo
tutti semplicemente, ugualmente, innegabilmente uomini, senza
distinzioni.
Così
oggi leggo un articolo di Paolo Rumiz preoccupato della
propria capacità di tornare alla normalità. Preoccupazione
oltremodo legittima, perchè credo che molti, in questo isolamento,
ci sono stati bene.
Ci
sono stata bene.
Tanto
che ora che si comincia a ventilare l'ipotesi di una riapertura
dei musei a metà maggio, sento un sottile velo d'ansia
pervadermi, subito pronto a mutarsi in malumore.
Un'altra
delle riflessioni che ho letto riguarda il fatto che, avendo più
tempo a disposizione, le persone possono essere entrate in pieno
contatto con le scelte della propria vita, le abbiano sondate,
abbiano verificato la classifica dei propri valori e abbiano così
meditato di cambiare: qualcosa o l'intera esistenza.
Riflessioni |
Ecco:
a me personalmente non serve avere più tempo a disposizione per
pensare perchè ogni giorno, dal momento in cui apro gli occhi fino
alì quello in cui mi addormento, quella che un'amica aveva
identificato come “una radiolina nel cervello” è sempre accesa,
senza riposo e con batteria misteriosamente ricaricabile. E non è
neppure un mistero la mia costante insoddisfazione.
Ora:
non so per gli altri, ma per me due mesi non sono stati
sufficienti.
Sufficienti
per riordinare casa e pulirne angoli inesplorati, tirare fuori libri
sepolti nei cartoni del trasloco da tre anni, attaccare e commentare
nell'album le foto di un anno fa, pulire l'auto, leggere tutti i
libri (o anche uno solo) che so di aver acquistato in tempi più o
meno recenti perchè sentivo di non poterne fare a meno, studiare per
prepararmi alla ripresa, iscrivermi e seguire corsi di informatica on
line. Due mesi, a dirla tutta, non sono bastati neanche per stappare
le bottiglie di Moët Et
Chandon che riposano nel frigo, in attesa dell'occasione giusta.
La
domanda è, allora: cosa ho fatto, visto che anche i momenti
di ozio sono stati molto risicati.
La
mamma.
La
mamma presente. O almeno ci ho provato, perchè mi sono anche spesso
sentita dire: «Ma non stai con
me/Non giochi con me». Sicuramente è vero: non ho giocato molto, in
questo è indubbiamente più bravo Lui
che regredisce ai tempi dell'infanzia divertendosi senza freni quando
le insegue per casa, costruisce insieme a loro progetti o riesce a
mettere insieme pezzi di cartone sfidando le normali leggi della
fisica per il solo gusto di soddisfare la fantasia delle bimbe.
Molte
saranno le cose che mi mancheranno quando si tornerà alla normalità,
perchè non potrò sottrarmi al rientro nonostante stia pensando,
cercando e mi stia interrogando su cosa fare.
Certo
non mi mancherà
la didattica on line, anche se pare ormai un'acquisizione pure per il
futuro, nè il tempo trascorso arrabbiandomi per i compiti.
Mi
mancherà però
cercare di insegnare
qualcosa alle Belve,
qualcosa di intangibile così come di utile e pratico: essere più
ordinate, piegare la biancheria, far la treccia alla Barbie. Due mesi
non sono comunque bastati neppure per questo: pare che i bambini di
oggi, abilissimi nell'avviare Netflix (cosa che invece io non ho
imparato a fare) non riescano a destreggiarsi in queste banalità,
così come non ci arrivino a pensare che se stai distante dal piatto,
ti rovesci tutto il sugo addosso. Le tovaglie lo dimostrano.
Mi
mancherà sentirmi dire «Voglio stare con te», frase ripetuta
un centinaio di volte al giorno nonostante la forzata prossimità.
Così come «Sei la migliore»: non ci credo molto e
solitamente rispondo con un mezzo mugugno, ma è bello sapere che per
mezzo secondo lo abbiano pensato davvero.
Mi
mancheranno i continui abbracci con piedi della Pulci: un
abbraccio stile koala, eventualmente utile anche nel caso in cui ci
si voglia allenare con un po' di zavorra addosso.
Forse
mi mancheranno anche i costanti remix della Princi, che canta
tutto il giorno canzoni in inglese-principessizzato componendo
improbabili ritornelli senza senso.
Mi
mancherà vederle affiatate complottare per chiedere la merenda,
se possono mangiare il gelato o vedere i cartoni.
Mi
mancherà perdermi nei loro occhi, grandi, profondi, penetranti.
Mi
mancheranno le domande di vita della Princi, i baci schioccanti
della Pulci.
Mi
mancherà avere il tempo di cucinare, organizzare apericena
casalinghi, pensare a piccole cose piacevoli per tutti.
Mi
mancherà, in sostanza, la vita da casalinga, da Nonna Papera, da
mamma che corre spinta da un'ansia che non è quella oggettiva dei
preparativi per andare a scuola e dei mille impegni fuori casa.
Mi
mancherà sentir sussurrare la Pulci: «Mi piaci da morire. E mi
piace anche papà. E anche Sofi. E tutta la famiglia».
Anche
a me.
#iorestoacasa
#migodolebimbeprimachecrescano
#riflessionidaquarantena
#PaoloRumiz
#ritornoallanormalità
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