lunedì 6 aprile 2020

coronaspettative

#iorestoacasa giorno 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26 e 27
Aspettative.

Ci sto pensando molto in questi giorni, come tutti. Si passa da quelle più immediate a quelle sul lungo periodo.

Momento consolatorio fra sorelle
Al primo gruppo appartiene l'aspettativa di riuscire a scrivere questo post. Dopo la prima parola, la Pulci mi è venuta a chiedere di farle vedere una cosa al computer, sul padlet creato dalle maestre della scuola materna. «Un attimo». Che, accompagnato da un leggero sospiro e/o da sollevamento degli occhi al cielo, è uno degli intercalari più abusati del periodo.

Quelle a cui si pensa maggiormente sono però le aspettative sul dopo: come saremo, come vivremo, cosa accadrà all'economia, ai rapporti sociali, all'ambiente, alla quotidianità.
A me è però venuto istintivo pensare alle aspettative sull'oggi.
A ciò che è necessario.

Intendiamoci: non sono una seguace dell'austerità, nè nella vita pre virus, nè adesso. Solo, ho iniziato a riflettere su quale sia la nostra percezione della necessità.
Difficile sapere e intercettare i bisogni personali e quelli familiari. Difficile conciliare il desiderio di avere ciò cui siamo abituati e rinunciare a ciò che tanto indispensabile non dovrebbe esserlo in un periodo di difficoltà.

Abbiamo iniziato a pensarci con la Mamma-nonna qualche settimana fa, quando mi ha espresso il desiderio di comprare una colomba, subito ritirato perchè «In questo momento non è necessaria».
Vero: ci si può rinunciare. Così come all'uovo di Pasqua, allo spumante, alla carne per la griglia di Pasquetta, ai fiori, alle creme del negozio di fiducia, ai giocattoli.
Sfizio a cui non si può rinunciare...
il sorriso di chi consegna a domicilio
In tempi di quarantena si dovrebbe poter rinunciare a tutto ciò che è superfluo. Ma a che livello si è spinto il nostro grado di necessità delle cose? Non possiamo più vivere senza i beni succitati, così come sembra un'impresa eroica riuscire a rinunciare ad andare dall'estetista, dal parrucchiere, dal massaggiatore, dal gelataio che prepara il gusto che tanto ci piace.

Per solidarietà con chi l'isolamento lo ha vissuto veramente durante la Seconda Guerra o lo sta vivendo in Medio Oriente a causa dei molti conflitti in corso si dovrebbe essere moralmente solidali e rinunciare a tutto ciò che non ci garantisce la semplice sopravvivenza.

Ma ne saremmo capaci? No, non credo.
Ma sarebbe giusto? No, non credo neppure questo.
Ma potremmo riflettere su quali siano le nostre priorità? Sì, questo almeno sì.

Mi unisco quindi al coro di coloro che dicono che si dovrebbe ripensare alla propria esistenza, impostarla su nuove basi ora che abbiamo tempo di riflettere su ciò che siamo stati fino adesso e su ciò che vorremmo essere. Sul tempo che dovremmo dedicare alla famiglia, al lavoro e ai social, nella speranza che (questo sì) internet, chat, webinar, didattica a distanza e tutorial ritornino almeno parzialmente nella linea d'ombra da cui sono emersi.

Cos'altro potremmo rimodulare passata l'emergenza?

Sebbene sia sempre stata a favore delle aperture festive di supermercati e centri commerciali, credo che questa esperienza ci abbia insegnato che è possibile programmare la spesa settimanale senza per forza dover correre a comprare le lasagne la domenica mattina per il pranzo della festa. Un'idea potrebbe essere quella di aperture a rotazione fra i vari supermercati della zona, chissà. 

Potremmo continuare a portare a passeggio i cani con il fervore con cui lo stiamo facendo adesso o desiderare di far uscire i bambini con lo stesso ardore che, quando varcheremo il portone, ci ricorderà di lasciare a casa il cellulare per dedicarci esclusivamente a loro.
Potremmo proseguire nella condivisione di ricette, trucchi e rimedi casalinghi vari su come pulire, cucinare pizza e pane, realizzare lavoretti con i propri figli.

Laboratorio pasquale doppio...
Potremmo protrarre i lamenti per la didattica a distanza, spesso incomprensibile nelle indicazioni o difficile da raggiungere per mancanza di mezzi, per rivalutare all'opposto l'importanza della scuola con le sue lezioni frontali e i compiti scritti su diari e quaderni.

Potremmo ricordarci la bellezza di restare in pigiama fino a tardi, di non dover comprimere in mezz'ora azioni come colazione, doccia, lavaggio dei bambini, vestizione, gestione di capricci e lamenti, imbarco in auto e corsa verso la scuola.

Potremmo continuare a telefonare o videochiamare amici e parenti anzichè spedire frettolosi messaggi, non smettere di leggere i giornali (cartacei o digitali) per approfondire e riflettere sulle notizie frettolosamente incamerate da facebook: e, a questo proposito, un'abitudine che non vorrò perdere sarà leggere La prima cosa bella ogni mattina sul sito di Repubblica, fonte di grandi spunti di pensiero. 
Come ha scritto qualche giorno fa  Gabriele Romagnoli (https://rep.repubblica.it/pwa/rubrica/la-prima-cosa-bella/2020/04/02/), non sappiamo ancora quando, ma si tornerà a una normalità che non sarà quella di prima: sarà una nuova normalità, pronta a ricadere presto o tardi in una banale e stressante quotidianità che magari ci farà pure rimpiangere i tempi lenti di adesso.

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