«Intanto mi
sono fatta un’idea di cos’è: una femminuccia!».
Dopo
dieci minuti di esplorazioni, la dottoressa P. ha confermato le mie sensazioni
delle ultime settimane. Ne sono stata felicissima, pur sapendo che Lui sarebbe
rimasto un po’ deluso. E nonostante poi, la sera, meditandoci sopra gli abbia
confessato con le lacrime agli occhi (non viste) che forse da un certo punto di
vista sarebbe stato “meglio” se fosse stato maschio: «Perché così la Princi sarebbe
rimasta unica». Ma ha ragione Lui: anche se lei sarà più e più volte gelosa
per le centinaia di volte in cui le diremo di mollare perché la Pulci è piccola
e per le migliaia di volte in cui le imporremo di condividere i suoi giochi con
lei, la Princi è e sarà sempre la prima: la
più coccolata, quella che ha ricevuto attenzioni esclusive, baci solo per lei,
cure ossessive e attenzioni maniacali: e nonostante ciò sarà gelosa. Di
rado i primogeniti pensano alla fortuna che hanno avuto, meditando solo sulle
attenzioni per gli ultimi arrivati, le attenzioni che vedono e che si
concretizzano in affetto oltre che in regali di cui loro magari si sentono
depauperati.
La Princi è stata e sarà sempre la
prima anche perchè per ogni novità che ha riguardato il suo allunaggio ero
pronta ad accendere il computer e condividere parole ed emozioni via blog. Mentre ora,
povera Pulci, sono passati già quattro giorni da quando abbiamo saputo che sarà
una lei. Colpa di questo vortice
infernale in cui mi sento risucchiare, soprattutto negli ultimi tempi. Un vortice
fatto di turni al lavoro con annessi viaggi di alloggiamento della Princi, cene
da lasciare pronte perché dalla mattina rientro solo la sera, montagne di panni
che non si riescono a stirare e che continuano a ingolfare la lavatrice e la
cestina, spesa da fare, oltre alla preparazione
per il convegno, che comprenderebbe l’acquisto di adeguato abbigliamento:
impresa ardua di per sé, ora poi che sono in formato carovana lo è ancora di
più.
Insomma: mi
sento in apnea.
Ma
per fortuna che c’è la Princi, con i
suoi abbracci, il suo corrermi incontro quando rientro dal lavoro, i suoi
saluti allo shuttle: saluti e baci che, in realtà, si sono diradati da quando
le abbiamo detto che è una sorellina. Cominciamo
bene.
Per fortuna che, nelle visite in ospedale,
c’è ancora quell’atmosfera di accudimento che mi fa sembrare di essere in
famiglia, di muovermi fra le pareti di casa, fra persone amiche che ci
tengono davvero a me.
La
giovanissima dottoressa P. in particolare, mi ha fatto un’ottima impressione. Appena sono
entrata si è presentata: fatto banale ma, se ci si pensa, piuttosto raro nelle
visite con ticket, dato che in quelle a pagamento per forza di cose si sa chi
ci si troverà davanti.
Poi,
avvicinandoci al lettino, mi ha chiesto se avessi qualcuno da far entrare:
domanda che in tante visite non mi sono mai sentita fare.
Quindi,
mi ha spiegato passo passo la fisionomia della Pulci, i suoi movimenti, i suoi strani
gesti ondeggianti. E per uno scrupolo estremo mi ha chiesto di tornare il giorno
successivo per controllare meglio il cuoricino, avvisandomi poi che dovremo
tenere sott’occhio la placenta che per ora è piuttosto “bassa”.
Così,
mercoledì mattina, altra corsa di
colazione-doccia-bagnetto-viaggio dalla Mamma-nonna-viaggio in ospedale-visita:
che si è protratta per tutta la mattina perché, alla faccia della precocità delle
differenze caratteriali, quanto la
Princi era stata vanitosamente in posa per la morfologica, tanto la Pulci si è
divertita a giocare a nascondino accomodandosi esattamente all’opposto della
posizione “a favore”.
Quindi
è stato il momento della rivelazione.
Lui, come per
la Princi, non ha capito. Quando gli ho telefonato, sicura che afferrasse il riferimento
a un discorso fatto con una coppia di amici (preoccupati perché, avendo un
maschietto e una femminuccia, dovranno pensare a una casa più grande non reputando
giusto lasciarli nella stessa stanza dall’età adolescenziale in poi) quando gli
ho detto che avrebbero potuto tranquillamente dormire assieme fino al momento
dell’università, si è subito lanciato in un entusiastico «Allora è maschio!», sentendosi rispondere «Ma non capisci mai ‘na mazza!». Poi però, rientrato dal lavoro, ha
realizzato che per lui sarebbe stato vantaggioso: avrà un’altra persona che lo
considererà un eroe mentre la Cenerentola di casa sarà la sottoscritta. Vero,
purtroppo: basta vedere quante volte al giorno la Princi lo cerca con voce
lamentosa da piccina abbandonata.
La
mamma-nonna ha pianto di felicità,
il nonno è rimasto interdetto e ha
sperato che il controllo del giorno successivo fosse per verificare il sesso
piuttosto che il regolare funzionamento di organi vitali. Per il resto contano le
reazioni delle zie (entusiaste) e degli amici/amiche che si dividono tra postille
di spirito pratico tipo «così avete già tutto pronto» e altre del tipo «il
maschio sarà per il prossimo giro». Ma tanti sono quelli che, per fortuna, si
limitano ad essere felici per noi.
Perché noi lo siamo, e molto: soprattutto da quando abbiamo iniziato a
sentirla nuotare nella sua navicella, da quando la Princi ci diverte imitando
una signora elegante che va a fare la spesa per comprare “quacqua, maissi
(mais), uva” ( il suo nuovo giocattolo è un registratore di cassa con tanto di
microfono, nastro trasportatore, carte di credito, bilancia), interrompendosi
di tanto in tanto per rispondere al cellulare. E siamo molto felici nonostante
nel giro di due settimane siamo già al secondo raffreddore e noi,
indipendentemente da quanto e come dormiamo, ci sentiamo degli zombie. Zombie che
parlano poco e vorrebbero avere qualche ora in più di tempo per potersi almeno
guardare negli occhi e sfiorarsi una mano senza che questo succeda perché ci
passiamo di braccio in braccio la Princi.
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