Sabato avrei scritto un post grondante tristezza, disappunto e amarezza. Chi mi conosce sa che l’approssimarsi delle feste sarebbe potuto essere la goccia che fa traboccare il vaso.
Un vaso fatto di amarezza: perchè mi sarebbe piaciuto che
noi tre riuscissimo a mollare gli ormeggi per andar via qualche giorno, magari
finalmente alle terme; perché le ferie stanno diventando qualcosa di simile a
un miraggio condito di molti turni supplementari, giornate in più da
trascorrere nel ciclone d’ansia generato dal dover sistemare, cucinare, pulire,
lavorare, andare e venire per posizionare la Princi in mani sicure, deplorare
la mancanza di tempo da dedicarsi e giornate in meno da trascorrere in
tranquillità con Lui e la Pallina; perché a volte (spesso) parlo con Lui e mi
sembra di sussurrare al vento, benchè la mia voce in quei momenti sia tutt’altro
che simile a un sussurro; perché aprendo anticipatamente l’uovo di Pasqua ci ho
trovato dentro un bel corredo di mal di gola, raffreddore, tosse, stanchezza; perché,
come sempre, la vigilia della festa era tormentata dall’indecisione su cosa si
sarebbe fatto, aggravata come per tutti dal tempo incerto e comunque
inclemente.
Insomma: ‘no schifo.
Poi per fortuna non
ho scritto. Ma, tornata a casa dal lavoro, ho stirato. E parlato. E poi siamo
usciti. E anche se siamo usciti alle 17 per lasciar recuperare alla Princi una
mattina di giochi, corse e disegni al seguito della cuginetta, è stato un sabato fantastico. Passato nella ressa
pian piano digradante di un centro commerciale (data la pioggia che, per converso,
man mano aumentava) dove la Princi mi ha costretto a maratone all’interno dei
negozi perchè doveva analizzare la moda della prossima stagione, mimare la
marcetta di Topolino vedendolo riprodotto sulla copertina di un libro, portandomi
poi a deludere le commesse che, sperando
in un ultimo incasso, si sono viste rispondere :«No, scusate: è entrata lei». Ma
forse è stata una strategia: il modo cioè che ha avuto la Princi per dirmi che
sarebbe d’accordo pure lei se rimeditassi il mio guardaroba come dico di fare
da mesi.
Quindi, ieri. E’ stata una vera Pasqua di resurrezione. E
una giornata di sole. Metaforico, ovviamente.
Pisolo rigenerante,
non c’è che dire. Perché mentre Lui è collassato sul letto in compagnia del
composto e sarafico Signor Degas, la Princi mi ha aiutata a preparare la
macedonia e la frittata, ha risistemato il cassettino della cucina dove, un
tempo ormai lontano, tenevo ordinatamente tè, camomilla, zucchero, biscotti. E ha ballato. Mentre sbucciavo la
frutta la vedo stendere in avanti le braccia, poi chiudere la manina in un
pugno, toccarsi la testolina…oh cavolo! Sta ripetendo la coreografia che le
hanno insegnato la Nonna due e la zia Cucciolo! e balla pure senza musica! Povera Princi! Il lavaggio del cervello
sulla danza dev’essere stato finora davvero incisivo! ma, forse, sis ta semplicemente preparando ai balli di gruppo sulla spiaggia.
Ma tornando all’affermazione
iniziale, questa Pasqua è stata di resurrezione anche per altri versi. Non solo
mi ha rigenerata passare del tempo, bene e felicemente, con Lui e la Princi, ma
mi ha ricordato quanto mi piacciano le
visite ai musei, quanto vorrei riprendere a studiare e per pigrizia non lo
faccio. E allora intanto cominciamo
dalla forma. In fondo all’armadio c’era una foderina celeste, aperta solo
quando l’ho ricevuta. Poi stop. Perché usare una borsa tanto bella per lavori
tanto precari non ha senso. Ci vuole l’occasione giusta.
«Era per questo che la conservavi?»
E allora ieri sera,
messa a letto la Princi, ho finalmente
riempito la borsa strafiga che mi hanno regalato le mie sorelline per il
dottorato. Quasi due anni fa. E una vita fa. Cioè: una Princi fa. E chissà
che ora non sia venuto il momento di riempirla di buone occasioni e
realizzazioni, non solo progetti.
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