domenica 20 gennaio 2013

di gatti, coppia, app e complePrinci

Photo: Diventa fan: Peanuts
Oggi è una giornata così, simile a quella di più o meno un mese fa. Il motivo? Sentirmi una ciambella e vedermi a questo modo, nonostante tutto.
Poi, però, invece che lanciarmi nel vuoto alla “Thelma e Louise”, son andata al lavoro; e tanto miracolosamente quanto lentamente le cose sono cambiate. Non perché non mi veda più come una ciambella, ma perché ho avuto qualcosa da fare e a cui pensare. E perché, a metà mattina, è entrata una persona che non aveva intenzione di vedere il museo ma solo di salutare me, così, senza conoscermi, per il semplice fatto di avermi incrociato una sera mentre chiudevo e aver incrociato oggi il mio sguardo.
E dato che la giornata è così, sarà un po’ così anche questo post seppure già ieri, quando pensavo di scrivere, immaginavo di comporlo a spot perché tante sono le cose di questi ultimi giorni di cui raccontare, tutte diverse per argomento e importanza.
Gatti e pacs
 
Intanto, per cominciare, qualcosa che ancora non so come o se finirà. Da qualche giorno nel cortile di casa si aggira un gattino minuscolo, bianco e nero, che tanto assomiglia a quello di una nota pubblicità della mia infanzia. A dispetto delle ridotte dimensioni il felino, attualmente soprannominato Fritz:
a)  ha una vocina da baritono: certo, un baritono che, se umano, avrebbe un anno, ma sempre un baritono;
b)  tiene in scacco Mr. Billy e il Sig. Degas al punto tale che questi, di dimensioni tre volte superiori, si tengono alla larga dalla porta di casa temendo le sue reazioni.
Ora i casi sono vari: ci stiamo cullando nell’ipotesi di adottarlo qualora continuasse ad aggirarsi sotto le nostre auto e se riuscissimo a capire che è un piccolo homeless. Seconda ipotesi è che il legame con i nostri mici sia più articolato di quanto pensiamo: vedendoci alle prese con un cucciolo umano (che, fra l’altro, si fa leccare e lecca a sua volta entrambi i felini) Mr. Billy e il Sig. Degas potrebbero aver deciso di unirsi in un pacs e adottare il piccolo Fritz. Noi non avremmo nulla da obiettare; la Princi meno che meno. Solo che chi glielo spiega che il cucciolo è dei suoi fratelloni e non sua proprietà?
Malattie e sensi di colpa
L’anno vecchio e quello nuovo sono iniziati alla grande: con una gran bronchite, tanto per capirci. Bronchite che è rimbalzata fra vari membri della famiglia e che si è trasformata in due settimane di malattia per Lui. Ovviamente, nel frattempo ho continuato a lavorare anche se ho avuto una puntata di febbre e anche se da stasera prenderò l’antibiotico. Il tutto ha avuto risvolti anche positivi nel senso che non siamo dovuti ricorrere all’aiuto delle nonne perché a giocare con la Princi ci ha pensato Lui: e, per onestà e riconoscenza, bisogna dire che si è anche applicato nelle pulizie con discreti risultati.
 
Perlomeno, si è accorto che non sono io ad essere fissata a girare ogni giorno con l’aspirapolvere sottobraccio ma che le palle di polvere ci sono quotidianamente (se non più volte al giorno). Così, usufruendo del suo aiuto, ho avuto un attacco di egoismo: nel senso che mi sono spesso resa conto di quanto poco tempo passi con la Princi, stritolata da impegni domestici vari, lavoro, qualche mezza giornata dalla mamma-nonna. Attacco di egoismo, dunque? Beh, per un’ora di palestra che mi sono concessa venerdì mattina dopo due settimane dalla ripresa ufficiale degli allenamenti, mi sento come se fossi la peggiore delle madri, con sensi di colpa a nastro alimentati dalla Princi che con sguardi supplichevoli e arrampicamenti sulle gambe che la portano a calarmi le braghe (con soddisfazione dei vicini) è alla costante ricerca di considerazione. La zappata definitiva me la sono data quando mi è venuto in mente che, da bambina-con-calzettoni, ero così anche io (per il tempo, ovviamente, di cui ho memoria). Ulteriore zappata me l’ha data lei due giorni fa quando in auto, girandomi a guardarla, l’ho vista con il faccino girato verso il finestrino e gli occhi tristi. Ecco: ciò che non vorrei nel modo più assoluto è che la gioia e la luminosità dei suoi occhi si spegnessero. Come mi sembra sia accaduto a me.

Per evitarlo, eccomi allora fare la scema e indossare il suo accappatoio di Winnie the Pooh al momento del cambio pannolino (ultimamente fonte di pianti da tragedie greche).
 
Mènage a trois
Glielo dico spesso: sono convinta che Lui si sia fatto venire la bronchite apposta in concomitanza con i saldi per procedere a una spending review. E così, se lo scorso inverno li ho saltati perché ero a livello cocomero sia prima sia dopo l’allunaggio, ora li ho saltati perché è una vita che non usciamo. Le gite ai centri commerciali che tanto mi piacciono sono ridotte a toccate e fuga al supermercato per rifornire il frigo e il reparto frutta domestico. E chissà, quindi, se riuscirò a rifornire e riammodernare il mio armadio.
Sensi di colpa e sensi di coppia
Nonostante siamo stati a più stretto contatto per due settimane (ma se ci mettiamo il periodo delle feste sono anche di più), la vita di coppia sembra essersi eclissata. Anzi, no: come ho detto sopra, in realtà anche la vita a tre sembra essersi eclissata. Sembra agire la legge di Murphy: appena abbiamo pensato di riprendere ad andare al cinema o a teatro, ecco che la Princi ci blocca con l’influenza, poi con i denti (non in senso letterale, ovvio) e malanni vari aleggiano su casa C. Poi, maledizione, c’è il senso di colpa: sicuri che una volta fuori saremmo solo Lui e io e non anche…l’altra? Tutti ce lo dicono e pure noi ci pensiamo: avremmo bisogno di un po’ di tempo da soli. Ma mi sento così tremenda anche solo a pensarci, a percepirla (come ogni tanto capita) come un peso che non ci permette di fare più le stesse cose di prima o almeno a non farle come prima. Ma poi la vedo sorridere e rimane solo la felicità che ci sia.
Bacini, strofinacci, pancini
In queste settimane la Princi ci stupisce ogni giorno con una nuova app. Quella più divertente è la app delle pulizie: cerca uno strofinaccio e mi imita mentre spolvero, pulisco il frigo o il pavimento, cerca di caricare la lavatrice, mi aiuta a svuotare la lavastoviglie, passa le mollette della biancheria quando si stende.
E Mr. Billy la aiuta ad aiutarci.
Poi c’è la app del pericolo: finge di accostare la manina alla stufa o la sfiora appena e se la porta immediatamente alla faccia con un’espressione che vale “Uh, come scotta!”. Quindi viene la app del lettone: sedute a fianco sul lettone, le chiedo se è stanca come la mamma e, al tre, ci buttiamo all’indietro insieme. Insieme a Lui ha messo a punto la app della lettura: al mattino e la sera quando beve il biberon della staffa, inizia a indicare i libri sullo scaffale chiedendo di prenderli per sfogliarli (principalmente i suoi, ma non è detto). E allora inizia la serie del “dov’è il bau? Dov’è la mucca? Dov’è cra cra? Come fa la gallina?” E se è in giornata buona ci azzecca.
 
La app però più dolce e gratificante è quella del bacino, che usa solo con la mamma. Ha iniziato quando la cambio e la metto in piedi sul fasciatoio, faccia allo specchio (dove si rimira vanitosa) per avvicinarsi poi al mio viso e schioccarmi un bacio sulle labbra. Ma tutto può avvenire anche in modo inatteso: si avvicina rapida al mio viso, braccio, gamba, per mollarmi un baciotto rumoroso. E lo fa solo con me, anzi: in realtà anche io vengo dopo Mr. Billy.
 
E quasi dimenticavo la app informatica e quella del fitness, in cui la Princi mi allena agli affondi appoggiandosi alla spalliera del lettino..
Amiche come prima
Una delle cose più significative di questo periodo è stata lei: lei che ho ritrovato dopo un lungo silenzio. Lei che è sempre la stessa: piena di dubbi, di angosce da condividere, di parole giuste al momento giusto. Lei che era sempre lì e io in qualche momento ne ho dubitato. Fino a  quella notte: la notte in cui ho sognato che suo padre mi diceva che aveva bisogno di me. Ed era così. Allora sono cominciati giorni di what’s appate interminabili, di indecisioni da parte di entrambe sul vederci/non vederci. E quando ho suonato il campanello, la casa era sempre quella: quella delle feste di Capodanno messe su un po’ all’improvviso ma con tanta voglia di condividere qualcosa; quella fuori della quale rimanevamo a parlare ore, anche se di più erano le ore passate davanti al cancello di casa mia. L’unica stranezza era trovarsi lì, una di fronte all’altra, come se ci fossimo lasciate poche ore prima, e con un argomento di conversazione che non erano i ragazzi che mi guardano/non mi guardano, sembrano interessati/non lo sono, che facoltà sceglierò, che lavoro farò; ma erano i bambini: che ci sono/non ci sono, che li voglio/non li voglio. E detto da due ancora bambine suonava un po’ strano.
ComplePrinci
I preparativi proseguono. Complice la malattia e l’impossibilità alla fuga, sono riuscita a costringere Lui a condividere certe decisioni: che torta fare, cosa preparare, se e come farci aiutare dalle nonne. Purtroppo il grosso deve ancora venire nel senso che la fase operativa spetta tutta a me. Così, dopo aver gironzolato alla ricerca della sala, in questa settimana dovrò ottimizzare i tempi per sfruttare le ore libere dal lavoro e:


a)     andare a prenotare la torta;
b)     consegnare gli inviti (realizzati su internet e arrivati ieri);
c)     comprare le tovaglie di carta;
d)     comprare qualcosa di carnevalesco da indossare Lui e io in occasione del complePrinci;
e)     fare la spesa;
f)     preparare qualche addobbo.

Detto così pare poco, anche perché sicuramente mi è sfuggito qualcosa; ma dovrò incastrare il tutto con il normale lavoro più un lavoro supplementare in programma proprio questa settimana, più la gestione della Princi tra le nonne. Dimenticato qualcosa? Ah, sì: dovrei anche studiare. Ma questo al momento sembra essere un optional.

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