Terza notte in bianco.
E non perché qui nevichi. A meno che non si usi una metafora del tipo: ci è nevicata addosso una montagna di sfiga. Che però, per definizione, non è bianca ma nera
Già perché sembra che, dapprima, Babbo Natale abbia letto la letterina in cui chiedevo
di esentarmi da cenoni/pranzoni ansiogeni. Forse, però, avrei dovuto
specificare il come avrei gradito
che accadesse. Invece non l’ho fatto: e allora lui ha pensato bene di scaricare
una slitta di sintomi influenzali e/o para influenzali e/o bronchiti variamente
distribuite fra Lui, la mamma-nonna, gli zii-biszii.
Contemporaneamente
ha peraltro letto la letterina in cui, a
nome della Princi, gli chiedevo l’invio dei famigerati dentini: via twitter
sarebbe stato preferibile piuttosto che in formato tridimensionale e al ritmo
di due alla volta.
E qui,
contraddicendo quanto ho scritto in esordio di post, sono iniziate le levatacce che risalgono appunto, più o
meno, alla notte di Natale. Simile a Dracula, evidentemente solo di notte
alla Princi crescevano i due dentoni superiori causandole diverse sveglie
piangenti. Questo proprio all’indomani di un dialogo con Lui concluso con il mio
commento giubilante: «La Princi è proprio brava: è proprio bello stare con lei».
Per la serie: devo imparare a starmi zitta su tutte le questioni principesche.
Nel frattempo: si
ammala la mamma-nonna, passano le feste senza aver potuto far indossare alla
Princi la sua nuova mise da piccola Babbo Natale, viene Capodanno con una serie
di buoni propositi del tipo “se domani è bello andiamo a vedere il presepe di sabbia o quello a
grandezza naturale”. Cosa che avremmo dovuto fare la mattina del 31 quando invece,
come ho già scritto, mi son lasciata prendere dalla “sindrome della Desperate Housewife” perché “tanto se andiamo un
altro giorno non cambia nulla mentre la casa, se non la pulisco oggi, non
riesco a pulirla neppure domani perché lavoro” e quindi la Princi - strisciando
dalla cucina al salotto - potrebbe trasformarsi in un gomitolo di polvere.
E invece, cazzarola, non farò più così, lo
giuro solennemente: perché, posticipata
la gita al venerdì mattina (il 4, per intenderci) veniamo bloccati da una febbre principesca. A distanza di neanche un mese
eccoci di nuovo alle prese con salviette umidificate da usare prima che lei si
strofini smoccolandosi tutto il viso (praticamente impossibile), con goccine da
spruzzare nel naso creando un effetto annegamento, con supposte di paracetamolo che oltre a instillarle il
terrore del fasciatoio (alias: tavolo operatorio) riescono a fermare l’impennata
del termometro solo momentaneamente.
Da giovedì sera oscilliamo fra i 39 e i 40 gradi: ovviamente in mezzo c’è stata una corsa dal pediatra che, dopo
aver creato il panico sui possibili peggioramenti, ci ha detto solo di usare con
parsimonia i medicinali e, se vediamo che lei lo gradisce, di portarla pure
fuori.
Non ha parlato,
ovviamente, delle conseguenze non
mediche:
a)
a seconda del
soggetto disponibile: mammite/babbite
acuta che neppure la più volenterosa delle nonne riesce a sanare;
b)
conseguente sindrome del koala: nella fattispecie,
la notte appena trascorsa la Princi e io l’abbiamo passata sul divano per
garantire almeno qualche ora di sonno a Lui e vedere se anche lei sarebbe
riuscita a riposare accoccolata sopra di me che, a mia volta, ero in posizione
semisdraiata per tenerla un po’ sollevata in modo da evitarle la tosse;
c)
occhiaie a strascico, per allontanare le
quali non sarà assolutamente sufficiente il buono per il trattamento viso
regalatomi dalla mamma-nonna;
d)
memoria vieppiù ballerina e capacità di concentrazione sotto i
minimi dei minimi storici: fattori che azzerano
ulteriormente la già scarsa voglia di aprire i libri per il concorso.
Risvolto positivo è
stata, però, la serata di ieri in
cui - come ho già avuto modo di
raccontare - abbiamo sfidato la stanchezza trasformando l’invito a casa dei
nonni in un invito catering a casa nostra: nel senso che, a metà pomeriggio, Lui è andato a prendere la Nonna2 con annessa
vagonata di teglie. Il contenuto non è
stato interamente consumato quindi anche per la cena di stasera siamo a
posto. Ma, soprattutto, è stato un piacere vedere la Princi che, nonostante la
febbre in salita e un’abbondante dose di paracetamolo – si è scatenata senza
sosta fino alle 22.30 divertendosi ad abbattere torri di Lego e a svuotare la borsa
della zia Cucciolo. E pure lei deve essersi divertita se, sulla soglia di casa,
ho dovuto ricordarle di lasciarci i pezzi di costruzioni che si era imboscata.
Finita la piacevole
serata, è iniziata la notte da incubo, trascorsa con il piccolo marsupiale
spalmato addosso mentre guardavo l’orologio della tv scandire ora dopo ora in
attesa del fortunato momento in cui mi sarei alzata per porre fine a tale
tortura. La stanchezza, gli sbadigli, la tensione si sono sciolti tutti assieme
quando, attorno alle 8, sono stata richiamata in soggiorno da un miagolio e
conseguente mugolio: nell’angolo del divano, Mr. Billy sorvegliava la Princi dall’alto lasciandosi poi catturare
per essere strizzato e riempito di baci contraccambiati da abbondanti
sleccazzate nell’orecchio. 37.2 ha segnato il termometro: ma il sorriso non più
sdentato della Princi mi aveva già rassicurata cancellando nel contempo la
fatica e la paura di questa notte.
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