domenica 10 febbraio 2013

Comple-Princi: la festa


A una settimana di distanza dal ComplePrinci tante cose sono state dette, successe, fatte. Forse troppe. Sembra infatti sia già passato un secolo da quella frenetica, effervescente, adrenalinica giornata.
Comunque riprendiamo il filo da dove l’avevo lasciato: appeso cioè alla costosa pipì di Mr. Billy, al libretto della caldaia in perfetta regola, alla frigna della Princi.

 
Il giorno dopo, venerdì 1 febbraio: meno uno al P day.

Di buon mattino, la Princi e io ci trasferiamo a casa della Mamma-Nonna per ultimare i preparativi e per cominciarne degli altri. Vale a dire: corse forsennate in centro per gli acquisti last minute e avvio della preparazione del banchetto per l’indomani. Eccoci allora rotolare da un negozio all’altro per trovare dei Princi-collant che vadano bene con il Princi-dress: posto, peraltro, che le stia ancora l’abitino che ho in mente di metterle, acquistato alcuni mesi prima grazie ai punti accumulati con la lista nascita, senza l’idea di essere indossato per il complePrinci e, soprattutto, comprato da noi princi-genitori: così, almeno su questo punto, evitiamo le diatribe nonniche sul «perché le hai messo il vestito che le ha regalato quella nonna e non il mio?!».
Rientrate alla base, pranzo veloce (che, con la Princi, è un eufemismo poiché si estende dall’antipasto al dolce, in questo caso a base di frittelle di Carnevale alla crema, piastrocciata tutta addosso) e poi pisolo. Sì, ci sono riuscita: sono riuscita ad addormentarla. Ma… il suono del campanello la sveglia dopo venti minuti e nonostante un loop di “Donna Cannone”, “Raggio di sole” e altre de gregoriane canzoni, non riesco più a rimetterla nel lettino.
Per cui bisogna cominciare a preparare le creme per i tramezzini con lei sveglia. Con lei in piedi. Con lei, anzi, aggrappata alla gamba. Con lei che, per meglio dire, è aggrappata alla gamba, la testa sollevata verso di me a guardarmi piangendo per implorarmi di prenderla in braccio e nel frattempo tritare, sminuzzare, affettare con le dieci braccia supplementari che mi sono cresciute assieme al cocomero nei nove mesi che l’aspettavo. E la Mamma-Nonna deve andare a far la spesa per dare il suo contributo alla causa.
Perché, per fortuna, le tre nonne contribuiscono alla preparazione del Princi-banchetto.
Più tempestiva dell’Ansa, la Zia Cucciolo mi aggiorna infatti in tempo reale su come si stanno muovendo le cose nella cucina della Nonna3 e della Zia Inglese, già pronte a sfornare i primi dolci.


E vabbè: mi rassegno al pensiero che, di qui a stasera, riuscirò ad aprire solo una scatola di tonno. Ma avevo sottovalutato il fattore NB: la Nonna-Bisnonna. A un certo punto penso di piazzare la Princi nel seggiolone «Così puoi vedere quello che fa mamma». Ma dopo poco lei si scoccia, soprattutto del per non poter arraffare il prosciutto che le sta proprio davanti. Così la giro verso la tv (vabbè, non si dovrebbe dire e/o fare…) per metterla a fianco della Nonna-Bisnonna. E la Princi comincia a leggerle il suo libro. Anche perché lei ci prova ma «Cosa c’è qui? Il camion. E qui? Il gatto. E qui? Non lo so perché non ci vedo». Perfetto. E bellissimo da vedere: con la Princi che ride sguaiata quando la Nonna-Bisnonna si china e lei pensa che le stia facendo bubù-sette.

Sabato 2 febbraio: il Princi-day.

Bene: con la consapevolezza che metà delle cose sono già a casa della mamma-nonna, un quarto le portiamo stamattina e un quarto andranno dimenticate, partiamo. La macchina sembra la bianchina di Fantozzi caricata all’impossibile. E, tanto per gradire, c’è una pioggia con contorno di bora che quella di dodici mesi fa, al confronto, non era nulla. Ma sarà che io ero al calduccio in ospedale e non ho idea di quanto freddo facesse.

Arriviamo trovando la Mamma-Nonna ai fornelli, in pigiama, circondata di strudel salati e sfiduciata «Tanto noi saremo qui». «Perché?» «Perché la nonna-bisnonna è ancora a letto». Ma ci resta poco: la Princi va subito a tirarla fuori dalle coperte e almeno questa botta di pessimismo è risolta.

Punto 2: la sala. Lui e io andiamo in esplorazione per vedere se sia possibile cominciare con gli addobbi. Altrimenti dovremmo dare vita a uno spettacolo degno delle migliori comiche per montare festoni, pulire, preparare i tavoli, mettere fuori cibo e bevande: il tutto in un’ora. Per fortuna il ricreatorio è sgombro e riusciamo a dargli un’impronta da festa incipiente, a scaricare le bibite dall’auto per nasconderle nello sgabuzzino e a dare una ramazzata.

Bene. Tempo: mezzogiorno e mezza. Torniamo che la Princi ha già iniziato a pranzare. Mangiamo. La addormento. Tempo: due e mezza. «Lo spumante?» dice Lui. «Lo spumante?» penso io. So di averlo portato nei giorni scorsi ma dov’è? Con la Mamma-Nonna lo cerchiamo in ogni dove, pensiamo all’ipotesi che la Nonna-Bisnonna lo abbia bevuto di nascosto ma, caspita, erano sei bottiglie. «Vabbè, vado a comprarlo.» dice Lui, sempre più simile a Indiana Jones dato il tempo da lupi che si è sviluppato. «Vedrai che è rimasto nell’altra auto». Infatti.

Tempo: le tre. Devo ancora preparare i tramezzini. Lui li taglia e sistema sui vassoi, io ho addirittura il tempo di scompaginare la sua composizione e disporli in modo più decorativo. «Tutti qui?» dice Lui. Per fortuna: a fine serata dobbiamo costringere gli ultimi ospiti a uscire carichi di piatti abbondantemente riempiti di avanzi.
Con il pane da tramezzini infilato in ogni dove, con il cellulare incollato addosso per rispondere ai continui sms di aggiornamento sui preparativi della Zia Cucciolo mi vado a cambiare e ad aggiustare il trucco.
Pronti a partire. Pronti a sfidare la tempesta di pioggia. Pronti a falcidiare i 360 bambini che hanno appena finito l’ora di catechismo e non si decidono a uscire. Pronti a sfidare gli sguardi di diffidenza delle mamme perché non siamo del quartiere. Pronti a preparare tutto: i tavoli, i palloncini, l'area merenda per i piccoli, la zona under dodici (mesi) con coperta per rotolarsi.
Ok. Tempo: quattro e quaranta. Vado a prendere la Princi, la mamma-nonna e la nonna-bisnonna.
 
 
Il resto è impossibile da raccontare. Perché è impossibile ricreare le emozioni, i sorrisi, i baci, l’affetto, la felicità di quelle ore, in cui chissà se la Princi si rendeva conto di cosa stesse succedendo.
 
E’ impossibile ricreare i suoi urletti di gioia quando, circondata dai nostri - anzi: dai suoi – amici, spacchettava i mille regali in grazie ai quali per almeno sei mesi non dovrò più mettere piede in un negozio di abiti per bambini perché ci ha trovato un intero guardaroba primavera-estate. Che, peraltro, sono riuscita a sistemare sotto la sua attenta supervisione solo tre giorni dopo.
 
Impossibile anche descrivere la bontà della torta, stranamente avanzata come mai era successo finora e che – anche questo: mai successo finora – mi sono portata a casa mangiandone ancora una fetta prima di andare a dormire: ma me la meritavo. Impossibile parlare dell’eccitazione della Princi, che non riusciva ad addormentarsi tanta era la gioia che aveva vissuto. E che spero di poterle regalare ogni giorno. Perché a me i suoi sorrisi la regalano. Anche in settimane pesanti come quella appena conclusa.
 
 
 
 
domenica 3 febbraio: the day after.
 
Diciamolo sinceramente: ad essere stati messi a dura prova dal ComplePrinci non siamo stati solo noi ma tutta la casa. E nè noi nè la casa si sono ancora ripresi. Questa era la nostra cucina la mattina seguente. Mentre Winnie Pooh troneggia sul divano quando non accompagna la Princi nel seggiolone per essere debitamente ciucciato e permetterle di addormentarsi. I suoi numerosi libri nuovi hanno invaso lo scaffale dei miei affiancandosi a Pirandello e alla biografia di Picasso.
 
Ma, quello che conta, nella sua stanzetta - ancora sfitta - troverà posto l'album con le dediche ricordo di questa giornata. Sperando di poterle dare un'idea, per quanto infinitesimale, dell'affetto che l'ha circondata.
 
 

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