A una settimana di distanza dal ComplePrinci tante cose sono
state dette, successe, fatte. Forse troppe. Sembra infatti sia già passato un
secolo da quella frenetica, effervescente, adrenalinica giornata.
Comunque riprendiamo il filo da dove l’avevo lasciato: appeso
cioè alla costosa pipì di Mr. Billy, al libretto della caldaia in perfetta
regola, alla frigna della Princi.
Il giorno dopo, venerdì 1 febbraio: meno uno al P day.
Di buon mattino, la Princi e io ci trasferiamo a casa della Mamma-Nonna
per ultimare i preparativi e per cominciarne degli altri. Vale a dire: corse forsennate in centro per gli acquisti
last minute e avvio della preparazione del banchetto per l’indomani. Eccoci
allora rotolare da un negozio all’altro per trovare dei Princi-collant che
vadano bene con il Princi-dress: posto, peraltro, che le stia ancora l’abitino
che ho in mente di metterle, acquistato alcuni mesi prima grazie ai punti accumulati
con la lista nascita, senza l’idea di essere indossato per il complePrinci e,
soprattutto, comprato da noi princi-genitori: così, almeno su questo punto,
evitiamo le diatribe nonniche sul «perché le hai messo il vestito che le ha
regalato quella nonna e non il mio?!».
Rientrate alla base, pranzo veloce (che, con la Princi, è un
eufemismo poiché si estende dall’antipasto al dolce, in questo caso a base di
frittelle di Carnevale alla crema, piastrocciata tutta addosso) e poi pisolo. Sì,
ci sono riuscita: sono riuscita ad
addormentarla. Ma… il suono del campanello la sveglia dopo venti minuti e
nonostante un loop di “Donna Cannone”, “Raggio di sole” e altre de gregoriane
canzoni, non riesco più a rimetterla nel lettino.
Per cui bisogna cominciare a preparare le creme per i tramezzini
con lei sveglia. Con lei in piedi. Con lei, anzi, aggrappata alla gamba. Con lei
che, per meglio dire, è aggrappata alla gamba, la testa sollevata verso di me a
guardarmi piangendo per implorarmi di prenderla in braccio e nel frattempo tritare,
sminuzzare, affettare con le dieci
braccia supplementari che mi sono cresciute assieme al cocomero nei nove mesi
che l’aspettavo. E la Mamma-Nonna deve andare a far la spesa per dare il suo
contributo alla causa.
Più tempestiva dell’Ansa, la Zia
Cucciolo mi aggiorna infatti in tempo reale su come si stanno muovendo le cose
nella cucina della Nonna3 e della Zia Inglese, già pronte a sfornare i primi
dolci.
E
vabbè: mi rassegno al pensiero che, di qui a stasera, riuscirò ad aprire solo
una scatola di tonno. Ma avevo
sottovalutato il fattore NB: la Nonna-Bisnonna.
A un certo punto penso di piazzare la Princi nel seggiolone «Così puoi vedere
quello che fa mamma». Ma dopo poco lei si scoccia, soprattutto del per non
poter arraffare il prosciutto che le sta proprio davanti.
Così la giro verso la tv (vabbè, non si dovrebbe dire e/o fare…) per metterla a
fianco della Nonna-Bisnonna. E la Princi
comincia a leggerle il suo libro. Anche perché lei ci prova ma «Cosa
c’è qui? Il camion. E qui? Il gatto. E qui? Non lo so perché non ci vedo». Perfetto. E bellissimo da vedere: con la Princi che ride sguaiata quando la
Nonna-Bisnonna si china e lei pensa che le stia facendo bubù-sette.
Sabato 2 febbraio: il Princi-day.
Bene: con la consapevolezza che metà delle cose sono già a casa
della mamma-nonna, un quarto le portiamo stamattina e un quarto andranno dimenticate,
partiamo. La macchina sembra la
bianchina di Fantozzi caricata all’impossibile. E, tanto per gradire, c’è una
pioggia con contorno di bora che quella di dodici mesi fa, al confronto, non
era nulla. Ma sarà che io ero al calduccio in ospedale e non ho idea di quanto
freddo facesse.
Arriviamo trovando la Mamma-Nonna ai fornelli, in pigiama,
circondata di strudel salati e sfiduciata «Tanto noi saremo qui». «Perché?» «Perché
la nonna-bisnonna è ancora a letto». Ma ci resta poco: la Princi va subito a tirarla fuori dalle coperte e almeno questa botta
di pessimismo è risolta.
Punto 2: la
sala. Lui e io andiamo in esplorazione per vedere se sia
possibile cominciare con gli addobbi. Altrimenti dovremmo dare vita a uno
spettacolo degno delle migliori comiche per montare festoni, pulire, preparare
i tavoli, mettere fuori cibo e bevande: il tutto in un’ora. Per fortuna il
ricreatorio è sgombro e riusciamo a dargli un’impronta da festa incipiente, a
scaricare le bibite dall’auto per nasconderle nello sgabuzzino e a dare una
ramazzata.
Bene. Tempo: mezzogiorno
e mezza. Torniamo che la Princi ha già iniziato a pranzare. Mangiamo. La addormento.
Tempo: due e mezza. «Lo spumante?»
dice Lui. «Lo spumante?» penso io. So di averlo portato nei giorni scorsi ma
dov’è? Con la Mamma-Nonna lo cerchiamo in ogni dove, pensiamo all’ipotesi che
la Nonna-Bisnonna lo abbia bevuto di nascosto ma, caspita, erano sei bottiglie.
«Vabbè, vado a comprarlo.» dice Lui, sempre più simile a Indiana Jones dato il
tempo da lupi che si è sviluppato. «Vedrai che è rimasto nell’altra auto». Infatti.
Tempo: le
tre. Devo ancora preparare i tramezzini. Lui li taglia e sistema sui
vassoi, io ho addirittura il tempo di scompaginare la sua composizione e
disporli in modo più decorativo. «Tutti qui?» dice Lui. Per fortuna: a fine
serata dobbiamo costringere gli ultimi ospiti a uscire carichi di piatti
abbondantemente riempiti di avanzi.
Con il pane da tramezzini infilato in ogni dove, con il
cellulare incollato addosso per rispondere ai continui sms di aggiornamento sui
preparativi della Zia Cucciolo mi vado a cambiare e ad aggiustare il trucco.
Pronti a partire. Pronti a sfidare la tempesta di pioggia. Pronti
a falcidiare i 360 bambini che hanno appena finito l’ora di catechismo e non si
decidono a uscire. Pronti a sfidare gli sguardi di diffidenza delle mamme perché
non siamo del quartiere. Pronti a preparare tutto: i tavoli, i palloncini, l'area merenda per i piccoli, la zona under dodici (mesi) con coperta per rotolarsi.
Ok. Tempo: quattro e
quaranta. Vado a prendere la Princi, la mamma-nonna e la nonna-bisnonna.
Il resto è impossibile da raccontare. Perché è impossibile ricreare le emozioni, i sorrisi, i baci, l’affetto,
la felicità di quelle ore, in cui chissà se la Princi si rendeva conto di cosa
stesse succedendo.
E’ impossibile ricreare i suoi urletti di gioia quando, circondata
dai nostri - anzi: dai suoi – amici, spacchettava i mille regali in grazie ai
quali per almeno sei mesi non dovrò più mettere piede in un negozio di abiti
per bambini perché ci ha trovato un intero guardaroba primavera-estate. Che,
peraltro, sono riuscita a sistemare sotto la sua attenta supervisione solo tre
giorni dopo.
Impossibile anche descrivere la bontà della torta, stranamente
avanzata come mai era successo finora e che – anche questo: mai successo finora
– mi sono portata a casa mangiandone ancora una fetta prima di andare a dormire:
ma me la meritavo. Impossibile parlare dell’eccitazione della Princi, che non
riusciva ad addormentarsi tanta era la gioia che aveva vissuto. E che spero di
poterle regalare ogni giorno. Perché a me i suoi sorrisi la regalano. Anche in
settimane pesanti come quella appena conclusa.
domenica 3 febbraio: the day after.
Diciamolo sinceramente: ad essere stati messi a dura prova dal ComplePrinci non siamo stati solo noi ma tutta la casa. E nè noi nè la casa si sono ancora ripresi. Questa era la nostra cucina la mattina seguente. Mentre Winnie Pooh troneggia sul divano quando non accompagna la Princi nel seggiolone per essere debitamente ciucciato e permetterle di addormentarsi. I suoi numerosi libri nuovi hanno invaso lo scaffale dei miei affiancandosi a Pirandello e alla biografia di Picasso.
Ma, quello che conta, nella sua stanzetta - ancora sfitta - troverà posto l'album con le dediche ricordo di questa giornata. Sperando di poterle dare un'idea, per quanto infinitesimale, dell'affetto che l'ha circondata.
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