domenica 22 novembre 2020

Due settimane

 

E così le prime due settimane sono andate.

Durante la prima, ho tenuto le pastiglie lontane dalla cucina, da dove ho tolto anche il biglietto da visita dell'Aism e altri appunti che ricordassero la malattia: avevo pensato che non dovesse entrare troppo nella nostra vita.

Poi però ho iniziato la doppia somministrazione e, per timore di scordarmi la pillola la mattina, le ho infilate fra la mega tazza con le cialde di caffè e il contenitore delle spezie.

Lunedì scorso sono andata a Udine per il primo colloquio con la psicologa, un appuntamento previsto dal percorso educativo del day hospital e di cui ero convinta di non aver bisogno: hoil blog, mi sfogo scrivendo, ho la mia famiglia, la ginnastica da casa, il quotidiano che – risucchiandomi - mi permette di non pensare continuamente a Lei.

Invece qualche giorno prima ho iniziato ad aspettare con trepidazione questo incontro.

È solo una pastiglia, che si corre il rischio anche di dimenticare.

È solo un mezzo piede cartonato, che ti permette comunque di camminare, correre, saltellare per mano alla Pulci.

Ma l'impatto psicologico c'è. Certo, ci sono centinaia di patologie croniche che richiedono una terapia quotidiana per essere tenute sotto controllo.

Però è il fatto di non avere più il controllo del mio corpo che non mi va. Di non sapere cosa succederà e di temere, a ogni formicolio, a ogni fastidio alla vista, che si tratti di una ricaduta.

Nei primi giorni di terapia, ho avuto spesso la tentazione di fermarmi e piangere, fermarmi e riposarmi, fermarmi e dormire. Ma non ho potuto farlo: per le bimbe, che non voglio vivano questo periodo percependo le mie difficoltà più di quanto non facciano; per la mamma, che altrimenti avrebbe amplificato il problema con un'inondazione del salotto. Una sera ho costretto Lui ad ascoltarmi, senza sapere nemmeno cosa dire ed essendo sicura che la sua comprensione non sarebbe stata completa. Non per mancanza di sensibilità: piuttosto, per senso pratico. Sei stanca? Il tuo corpo si abituerà pian piano alla terapia. Sei affaticata? Fermati a riposare. Ma per me, stendermi sul divano è una sconfitta; fermarmi, significa poi cercare il doppio della forza per rialzarmi e vincere la sensazione delle gambe di pastafrolla.


Dopo la seduta con la psicologa, trascorsa senza che nemmeno finisse di rivolgermi le domande di routine perchè sono partita a razzo con tutti i pensieri del periodo e non solo, ho ritirato la copia delle ultime risonanze in caso che le prossime debba farle in ospedali diversi. Così, mentre tornavo a casa, pensavo che stavo viaggiando con le mia testa e la mia colonna fallate chiuse nella borsa. Appena arrivata, avrei aperto le buste e guardato le immagini perchè chissà, magari finora si erano tutti sbagliati e quelle macchie non c'erano. E poi, come quando era stato male Lui, ho fantasticato sull'ipotesi di affondare le mani nella mia testa, nella mia schiena, per togliere quelle zone oscure e riportare tutto alla normalità.

Ovviamente, una volta inseriti i dischetti nel computer, non ci ho capito un accidente e le zone sane erano per me tutt'uno con quelle presumibilmente fallate.

Parte della delusione di questo periodo è l'impossibilità di trasformare i viaggi all'ospedale in “gite” a quel centro commerciale fuorimano in cui sono secoli che non mi rifugio: la zona gialla di cui ci ha dipinti il Covid impedisce questo momento di svago che potrebbe trasfigurare il vero motivo della trasferta.

Ma in verità questa tinta canarino ci sta anche regalando più momenti in famiglia.

Lui è in smart working, le bimbe non hanno attività pomeridiane per cui si ritrovano a doversi inventare più giochi da fare insieme, la Princi sta scrivendo una sceneggiatura da far interpretare ai compagni di classe, la Pulci si allena costantemente a scrivere. Abbiamo stabilito due sere a tema, la serata pizza e quella schifezze, che iniziano con noi tre che ci trucchiamo o smaltiamo le unghie e finiscono o sono precedute da uno spalmo familiare sul divano a guardare la tv, anche i primi film natalizi.

Ed è in questi momenti che me le prendo strette strette vicino a me, mi immergo nelle loro guanciotte, annuso il loro profumo, sorrido ripensando alle domande curiose che mi sottopongono e alle risposte divertenti che cerco di dare mentre fanno i compiti.

Poi, sarà stata una coincidenza, ma proprio quel lunedì sera la Princi non riusciva a dormire.

In verità erano trascorsi solo cinque minuti da quando si era infilata nel letto, ma lo stesso le abbiamo detto di raggiungerci sul divano. Me la sono presa in braccio come quando era infilata nelle morbidose tutine rosa, lei ha rannicchiato i suoi 138 centimetri e per un quarto d'ora ho nuovamente respirato il suo respiro, sentito il suo fiducioso abbandonarsi a me.

Tutto ha preso un nuovo senso.

Con o senza Lei, per loro ci saranno sempre momenti in cui sarò la SuperMamma.

Lei c'è, ma non si prenderà la nostra vita.

1 commento:

  1. Brava Eliana : avanti così, con grinta e determinazione. La vetta della montagna si conquista un po’ ogni giorno....un po’ per volta. Siamo tutti con te❤️

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