giovedì 3 settembre 2020

Sembra il Mare

 


Sempre nella Mente.

Per motivi diversi, in uno degli ultimi post ho scritto di un “prima” e un “dopo”.

In quell'infinitesimale succedersi di istanti insignificanti che è la vita, ce ne sono alcuni destinati a diventare immortali, paradigmatici, a creare un discrimine senza ritorno fra un modo nuovo, diverso e generalmente peggiore di svolgersi dell'esistenza e quello che lo precedeva e che, a posteriori, consideriamo normale/migliore.

Magari non sarà così per tutti e, in cuor mio, lo spero: ma una diagnosi di malattia, qualcunque essa sia, è qualcosa che penetra nel tuo intimo.

Sta in Mezzo.

A tutto. A tutti. Sempre.

In molti, dopo aver saputo della mia SM, hanno scritto messaggi accorati che ho accolto con un misto di piacere e fastidio.

Perchè io sono sempre io, proprio quella che hai mandato a cagare senza problemi il giorno prima di lavarti la coscienza con il tuo compatimento.

Però sono anche diversa. Perchè ho questa cosa in più, che al momento non è necessariamente nè brutta nè tantomeno bella. Ma c'è.

E il fastidio che ho provato è dovuto al fatto che sto andando avanti con la quotidianità: le bimbe da portare al centro estivo per poi ascoltarne le picole vittorie giornaliere; i gatti da accudire; la mamma con cui parlare; Lui da coccolare; la casa da pulire; la cena da preparare; gli amici da vedere; le gite da organizzare; le seghe mentali sul lavoro da trovare o forse no.

Come sempre, riempio le giornate di cose da fare per non pensare. Eppure

Sembra il Mare.

Il pensiero va e torna, di continuo. Sono diventata ancora più attenta a cosa accade al mio corpo, a percepire ogni alterazione di sensibilità, formicolio, rossore, prurito. Continuo a ripetermi che è colpa della legge del contrappasso. Ho tanto studiato, letto, fatto ricerca, parlato, spiegato e adesso ho qualcosa che colpisce il sistema nervoso a partire dal mio cervello. Ma poi: non è ridicolo che sia capitata a me, dopo 15 anni di danza, una malattia che può comportare difficoltà proprio nel movimento? Eppure, forse è grazie alla danza che, nei mesi scorsi, sono riuscita a sentire ciò che doveva dirmi quell' alluce prima di diventare muto. Anzi: invertendo il significato cronologico storicamente nascosto in questa sigla, dal momento della diagnosi in poi potrei parlare di

AC.

Alluce di Cartone. Perchè è così che lo sento, anzi: è così che NON lo sento.

Sempre Meno

è la forza che ho nel braccio destro. Quei pesi che solo pochi mesi fa, durante gli allenamenti casalinghi da lockdown, riuscivo a sollevare senza problemi, adesso rimangono a mezz'aria, lasciandomi indispettita verso quelle cellule che, chissà perchè, hanno perso la loro corazza. Poi, la stanchezza: certo, cammino ogni giorno per un'ora, poi torno a casa e comincio la routine domestica, poi magari ci sono delle commissioni...insomma: non è che mi risparmi. Però sento spesso la necessità di fermarmi e, se generalmente non lo faccio, è perchè vorrei che qualcuno mi togliesse le batterie. Al che, gli risponderei:

Sei Matto?

Camminerò finchè potrò farlo. Accompagnerò le bambine finchè riuscirò a guidare. Pulirò, cucinerò, stirerò finchè ce la farò. Non è il momento di fermarmi. Se mi fermo, vince il pensiero

Sono Malata.

Ma non voglio farlo vincere. Finchè avrò le forze per combatterlo.

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