Bollettino di
guerra:
giovedì notte: mamma –con – calzettoni si trasforma in mamma - con - bacinella - al – seguito
venerdì: mocci che
iniziano a colare e mamma – con – calzettoni che inizia ad essere tramortita
dal mal di gola
sabato
pomeriggio: Lui steso sul divano con bacinella non solo a uso soprammobile
lunedì
pomeriggio: Princi con alterazione e Briciolina con naso inizialmente colante
da martedì a oggi: nasi che
colano, tosse continua, febbrine
Bene. Aggiungiamoci lo scoramento, le
notti in bianco, la stanchezza… E, tanto per tirarmi su, Lui ieri sera facendo
zapping si imbatte in “Motherhood. Il
bello di essere mamma”, pellicola del 2009 con l’incasinatissima ma
costantemente affascinante mamma Uma Thurman e, per papà, il pacatissimo e
distante Anthony Edwards, compianto Dottor Green di ER.
Ed è di questo che vorrei scrivere. Perché
se il film ha avuto l’indubbio merito di tenermi sveglia fino alle 22.45, e se
in alcuni momenti mi ha fatto sorridere perché ha proiettato sullo schermo situazioni
ed emozioni che si manifestano quotidianamente anche nella casa – con – i calzettoni,
a ben vedere è piuttosto improbabile. Questa mamma che vive in un appartamento
rispetto al quale il nostro sembra la reggia di Caserta non solo per dimensioni
ma pure per pulizia e ordine; che deve organizzare – nelle sue intenzioni – la festa
perfetta per il sesto compleanno della figlia maggiore e deve ancora comprare
tutto l’occorrente per farlo; che ha un figlio piccolo stile ameba, che dove lo
mette sta e quindi se lo trascina senza che lui batta ciglio... beh, questa
mamma, riordina la casa solo per togliere i residui della colazione, peraltro l’unico
pasto della giornata; questa mamma, che seguiamo proprio nella giornata del
compleanno della sua piccola, non solo riesce a rifornirsi di ciò che le serve
per il mini party (io, tanto per dirla, avevo iniziato a far la spesa due
settimane prima e sono arrivata in affanno comunque) e addobbare la casa, ma
trascorre la mattina a fare shopping con le amiche dopo aver portato il bimbo
al parco giochi e aver affrontato varie discussioni con cafoni variamente
incontrati per strada. E se già per fare tutto ciò, la giornata di una mamma
normale si sarebbe dilatata da 24 a 48 ore, lei, senza battere ciglio, trova pure il tempo per sedersi – che sia
al giardinetto, sulle scale durante la festa della figlia o alla scrivania di
casa -, accendere il computer e
pubblicare continui post a commento della sua giornata. E così, da 48, le
ore della giornata sarebbero passate a 72. Perché è vero, ora sto scrivendo: ma
sarebbe stato più opportuno e forse salutare
per me dormire visto che la notte è stata costellata dai colpi di tosse di
Briciolina e che, come testimonia il bollettino di guerra iniziale, tutta la
settimana è stata (e continuerà a essere) dura. Comunque è vero: si tratta di
un film, quindi cosa aspettarsi?
Però a qualcosa è servito: farmi pensare
cosa significhi per me
essere mamma.
Essere mamma è come vestire i panni di un’acrobata: non per la miriade di cose da
incastrare per far funzionare tutto, ma per il timore che qualcosa vada storto
e loro stiano male, si facciano male, qualcuno faccia loro del male. Mi fa
sentire come una Penelope alla guerra:
perché ogni giorno bisogna combattere per lavare i denti, i capelli, bere il
latte, finire ciò che è nel piatto, vestirsi non con i sandali in dicembre.
E’ una
vertigine continua, un infinito viaggio sulle montagne russe che ti fa
passare dall’esaltazione per un abbraccio inaspettato e un “ti voglio tanto
bene!” sussurrato sul vater (nel momento del bisogno?!) allo sbigottimento per
capricci con strilla e batti piedi che non si sa da cosa sia stato innescato,
al senso di colpa per essere stata troppo dura, per aver fatto volare una mano
o una parola fino al timore di star sbagliando tutto perché tio chiedi da dove
vengano quelle bambine. Essere mamma è un puzzle
i cui pezzi si combinano ogni giorno in modo diverso: perché oggi puoi lavare
prima la grande, domani devi lavare di urgenza la piccola sopraffatta dalla
cacchina santa e tu chissà quando potrai fare la doccia; e se anche non
connetti finchè non bevi il caffè, il tuo lo bevi all’ora di pranzo perché prima
devi scaldare il latte a una, poi preparare il bibe all’altra e mandare al
lavoro Lui. Essere mamma è sostituire la musica degli U2 con le sigle di Peppa
Pig e Olivia, le serate a teatro e al cinema con le apparecchiature notturne del
tavolino da gioco. Essere mamma è dare ancor meno importanza al tuo look di
quanta ne dessi prima, scoprire che il tuo guardaroba è la metà di quello delle
piccole: e quando sei finalmente fuori da sola e potresti fare shopping, invece
che entrare nella catena che tanto ti piace, senza sapere come ti ritrovi davanti
ai negozi per bambini. Essere mamma è confondere i nomi di conoscenti e amici
con quelli dei protagonisti dei cartoni animati e pensare siano i tuoi vicini
di casa. Essere mamma significa credere che un cavallo stia correndo accanto
alla vostra auto e che una giraffa si stia affacciando alla finestra del
salottow. Essere mamma significa scoprire come sarebbe stato avere una famiglia
con un papà e una mamma, avere un fratello o una sorella. Essere mamma
significa capire a posteriori frasi e comportamenti che bisognerebbe ricordare
per non ripeterli: essere mamma è un esercizio di memoria e un atto di fede per
il futuro.
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