venerdì 7 febbraio 2014

Peppa-pleanno (con annessi e connessi)


Nel frattempo ci sono stati vari eventi; e da 36 adesso siamo a 38 più due.
Insomma: il timore che nascesse in anticipo, poi lentamente trasformatosi in speranza, sta ora diventando una quasi certezza che la Pulci arriverà in ritardo (o quasi). Anche se in questi ultimi due giorni sento più forti quelle sensazioni di imminente corsa all’ospedale che mi accompagnano da tempo e che vanno a braccetto con l’auspicio che, se proprio è il giorno dell’allunaggio, sia un giorno in cui ho dormito a sufficienza per non rischiare l’abbiocco in sala parto. 
Comunque: nell’elenco degli avvenimenti, senza dubbio in pole position ci sono stati i preparativi e poi i festeggiamenti per il comple-Princi, quest’anno trasformatosi in Peppa-pleanno. Da tempo cercavo su internet idee su come realizzarlo non spendendo una fortuna dato che 8 piattini o 8 bicchieri costano quasi 5 euro: allucinante per cose che poi finiscono nella spazzatura. E così ho optato per festoni homemade, tovaglia plastificata con la stampa di maiali vari (questa sì comprata), Peppa-corone e Peppa-torte. A questo proposito, si è mobilitata pure la Princi che ha subito imparato cosa dire al suo pasticcere di fiducia, il cui nome è stata credo la seconda parola che ha pronunciato dopo mamma. Quindi la “filastrocca” era questa:
mamma: «Signor…»
Princi: «C…»
mamma: «dovremmo ordinare due torte… »
Princi:«Moolto dandi» (il tutto accompagnato da braccine che si aprivano a dismisura
mamma: «E molto…»
Princi: «Bone»
mamma: «A forma di….»
Princi: «Peppa!»
Ovviamente davanti al pasticcere, da lei chiamato a gran voce nel mezzo del negozio colmo di clienti, la Princi si è chiusa nel silenzio stampa. Però il risultato è stato ottimo: tutti le hanno onorate con il bis, complice la curiosità per i loro diversi gusti.

Comunque prima di arrivare alla festa vera e propria ci sono stati i preparativi per i festoni e gli inviti, approntati con circa un mese di anticipo, colorati e ritagliati a tappe, appesi circa tre giorni prima per avvantaggiarmi con il lavoro: e se parlo al singolare un motivo c’è dato che Lui ha avuto un minimo ruolo nell’organizzazione del tutto. Ammetto che sia successo perché mi piace avere tutto sotto controllo, sentirmi fiera e soddisfatta se le cose poi filano liscio e riescono bene; però finchè non sono stati messi in tavola i vassoi non sapeva nemmeno cosa avrei preparato. Già, perché ho pure preparato io le cibarie, che comunque è stato un divertimento come tutto il resto: ma quanto avrei apprezzato che invece di chiedermi «Serve una mano?» (frase che ho iniziato a detestare da tempo) spaparanzato sul divano mentre mi inerpicavo sulla scala per appendere il terzo Peppa-festone, si fosse alzato dicendomi «Faccio io, tu riposati». Ha effettivamente prestato le sue braccia al trasporto della spesa, all’apertura del tavolo e alla sistemazione delle sedie. Poi stop. Ho dovuto persino ricordargli di cambiarsi i vestiti dieci minuti prima dell’arrivo degli invitati. E così, alla soddisfazione per la buona riuscita dell’esperimento di avere circa trenta persone in venti metri quadrati di salotto, si è unita la stanchezza di un pomeriggio in piedi a spalmicciare salse su tramezzini e tartine.

Ma tutto è andato per il meglio, la Princi (che ha indossato per un nano secondo la coroncina preparatale con tanta passione) si è divertita come una pazza. Ma come sempre, quando c’è di mezzo Peppa Pig, il tutto si è concluso in gloria, alias: febbre post festa. Insomma: tre Peppa avvenimenti su tre che culminano in malanni mi danno seriamente da pensare sul fatto che questa maialina porti sfiga, almeno alla Princi: che, quindi, non so se spedirò con qualche accompagnatore non ancora identificato allo spettacolo teatrale di fine aprile dedicato alla famiglia rosa.

A onor del vero la causa potrebbe essere un’altra, ben più tangibile rispetto alla generica sfiga: il fatto, cioè, che tre giorni prima siamo andate a visitare una scuola materna dove per contare i nasi colanti non erano sufficienti le dita di due mani. Intendiamoci: l’occasione è stata importante, il mio – anzi, il nostro – primo tuffo nel mondo strutturato delle mamme e dei papà e il suo primo approccio con quella strana cosa che è la scuola, da cui al momento pare tanto attratta. Si è divertita parecchio, fiondandosi immediatamente nel tubo di plastica, nella casetta facendomi cucù da dietro le tendine, venendo a cercarmi ogni istante seppure fossi nella stessa stanza non appena le si avvicinava un bambino. Ma se il risultato di un’ora di scuola materna sono due giorni di febbre con raffreddore e tosse non oso immaginare come sarà quando dovrà effettivamente frequentarla. Credo che il respiro di libertà tanto atteso tarderò a emetterlo; o sarà un respiro a singhiozzi, e non solo perché nel frattempo ci sarà la Pulci che – tanto per gradire – si accatterà tutto ciò che le porterà la sorella.

Sorella che, come mi è stato diagnosticato, probabilmente sente odore di cicogna in iper avvicinamento: e così, raffreddore a parte, sono circa dieci giorni che non dorme nel suo letto, nella sua stanza ma in mezzo a noi. E per sopravvivenza ho ceduto pure io, che finora ho sempre preferito alzarmi per riaddormentarla nel suo lettino anziché trasportarla nel nostro. Sotto questo profilo mi sento sconfitta, demoralizzata: ma mi pare anche una battaglia persa insistere sia perché la mia stanchezza, già notevole, centuplicherebbe, sia perché comunque nei giorni che trascorrerò in ospedale dormirà nel lettone con Lui. Quindi, tutto rimandato al momento del ritorno a casa: quando dovremo capire (plurale maiestatis) se sarà meglio tenere una belva in camera con noi e una nella stanza a fianco o provare immediatamente ad accoppiarle. Con il rischio che la grande infili il ciuccio del suo nuovo Cicciobello nella gola della piccola.

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