sabato 8 dicembre 2012

neve, febbre, Princi

 
Nevica. La prima neve della Princi.

Oggi non la vedo per quasi tutto il giorno e mi manca: anche se le giornate appena trascorse sono state pesanti, data la sua prima febbre “seria”. Ma un conto è dover convivere con un mugolio frignante senza motivo, un conto è sapere che il motivo c’è. E che ti sta tappezzando i vestiti con smoccolamenti. E il pavimento  di casa con una scia di bava degna di una lumaca: anzi, di una balena, dato che – merito dei dentini che evidentemente si annunciano con degno anticipo – lo sbavamento è a getto. Continuo, peraltro.
 
 
Comunque nevica. E oggi andare al lavoro è stato surreale. Perché lo era l’atmosfera. Temevo che avrei odiato la neve appena scesa di casa, dovendo fare i conti con la pulizia dell’auto, con la neve sulla strada, gli automobilisti imbranati, varie ed eventuali. E invece mi sono lasciata avvolgere dal paesaggio da fiaba che mi circondava, tutti i rumori attutiti, il bianco luminoso che amplificava l’orizzonte; e vedere persone, tante persone, che spalavano, gettavano sale, pulivano le strade. E poi il raduno dei fuoristrada in cui mi sono imbattuta: io con la mia scatoletta a quattro ruote tra una serie di Big foot. Divertente. Surreale, appunto.
La Princi, così come il gatto Degas, ha visto la neve dalla portafinestra del soggiorno ma non so se abbia capito; il gatto Billy, invece, è voluto uscire ma, dopo aver lasciato l’impronta della sua sagoma sul baule della terrazza, ha deciso che no, non è un gatto delle nevi.
 
Comunque, visto che è in stand by da tempo e che i vocaboli da snocciolare risultano oltremodo attuali rispetto alla lettera cui sono arrivata, riprendiamo l’alfa-Princi.
Lettera F, dunque.
 
F come febbre: la prima febbre si era manifestata in vacanza, giustamente; ma era stata ben poca cosa (così come la febbre da vaccino) rispetto a quello che ci è toccato in questi giorni. A dire il vero è una di quelle situazioni che mi fa dubitare di esser portata a fare la mamma: perché io, della febbre, finora non mi sono mai accorta. Se n’è accorto sempre Lui, semplicemente tenendo in braccio la Princi e avvicinandosi alla sua testolina. La temperatura ha cominciato a salire lunedì sera, dopo una giornata in giro alla fiera insieme alle amichette di pancia: insomma, come mi è successo in tante altre occasioni, al divertimento segue sempre una mazzata. Ci siamo barcamenati fra 39° e 38° per un paio di giorni, abbiamo sperimentato l’ebrezza della supposta e abbiamo stipulato una convenzione con la ditta produttrice di salviette umidificate per pulirle il nasino intasato. Ma, soprattutto, la febbre della Princi è stata utile a me: abituata a trascorrere tanto tempo con lei, mi sono resa conto che in realtà quello passato assieme finora era tempo fittizio. Facile è infatti uscire a passeggio; più difficile ma anche più “vero” è il tempo che si trascorre a stretto contatto. E così mi sono resa conto una volta di più di quanto sia innamorata di lei, di quanto sia spaventoso e bellissimo sentirsi avvinghiare dalle sua braccine in cerca di conforto e protezione, di quanto sia splendido vederla osservarmi e ripetere i miei gesti. E così in questi giorni, strano a dirlo, è come mi fossi riposata: riposata dal lavoro e da qualsiasi pensiero che non fosse lei per vederla scoprire nuove cose, aprirsi in nuove espressioni. Tanto che ieri, mentre la stringevo e ascoltavo la Nannini cantare “Amor che bello darti al mondo”, mi sono rivista in sala parto, con lei vicino al mio viso per la prima volta: e mi son messa a piangere di felicità.
 
F come frigna: come dicevo, un conto è sentire un sottofondo lamentoso h 24 sapendo che un motivo c’è, un conto è sentire un sottofondo lamentoso senza che ce ne sia ragione. Impossibile resistere: mezzo minuto di frigna equivale a una settimana di pianto martellante. Quando poi la frigna si manifesta giusto la sera, quando si è finalmente tutti insieme, si deve/vuole cenare e si potrebbe giocare un po’ prima di dormire è davvero massacrante. Le ultime settimane sono state così: vuoi per i denti, giustificazione che sfoderiamo a ogni occasione ma che non sempre regge, soprattutto se non supportata da nuovi arrivi nella boccuccia di rose; vuoi per mammite/babbite acute. E giù sensi di colpa. Che, dopo questa settimana di influenza, si sono dissolti; ma speriamo che ora non si sia troppo abituata a essere coccolata, tenuta in braccio, consolata e…addormentata nel lettone.

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