domenica 16 dicembre 2012

felice Natale...


Stamattina non sarei voluta uscire di casa.
Ma nemmeno rimanere a casa.
Anzi: ero tutto sommato contenta di dover lavorare. Perché a casa non sarei stata utile a nessuno, anzi: avrei fatto male a qualcuno. Non fisicamente, ovvio: anche se a un certo punto, fra la spruzzata di profumo e rifare il lettino avrei voluto prendere e sbattere a terra una qualsiasi cosa.

Oggi girava così, girava male.
 
Poi, per fortuna, son andata a lavorare e mi son trovata alle prese con il riscaldamento che non funzionava (e meno male che avevo messo il maglione da husky), i conti da fare, rifare e disfare, le mail di auguri da inviare. Già, proprio oggi. Assurdo averlo fatto quando il mio spirito natalizio era oltremodo sotto i tacchi. Però forse mi ha aiutata. Deve avermi aiutata soprattutto vedermi davanti agli occhi, per centinaia di volte, la foto della Princi che sorrideva. Così, pian piano e senza che nemmeno me ne accorgessi, la depressione pre-natalizia è scivolata via, forse ad albergare in qualcun altro. Perché ne sono profondamente persuasa: luci, lucine e gioia forzata inducono la tristezza anziché contribuire a diffonderla.
 

E poi, per me, il solito, trito e ritrito pensiero da cui vorrei fuggire ma ancora non so come: i pranzi e le cene. Sapere che nelle prossime settimane mi torturerò per cercare di mangiare meno del solito perché poi c’è quello e quell’altro invito; e poi le persone da DOVER vedere…la gioia da DOVER simulare…e da quest’anno la dovrò simulare davvero se anche non mi pervade perché c’è la Princi…
 

Lo giuro: vorrei costruirle e costruirmi un Natale diverso, di quelli zuccherosi che si vedono nei film, con una cioccolata calda fra le mani mentre si addobba l’albero e biscottini di Natale da sgranocchiare mentre si ascolta Jingle Bells. E il calore delle persone attorno. Invece la cioccolata non c’è perché a casa nostra non entra per evitare le tentazioni, i biscottini idem perché sennò poi li mangio; e le persone sì, quelle ci sono, ma alle prese con gli incespicamenti della vita reale, di quelli che  vorresti avere la bacchetta magica per annullarli perché no, ancora una volta non si può.

Vorrei, e a questo punto credo di essere convinta che sia possibile, che l’orologio tornasse indietro per poter rivivere i natali di quand’ero bambina, quando tutti questi pensieri non li avevo e neppure avevo il pensiero di non pranzare perché poi stasera si va a cena fuori. Che poi tanto alla cena non mangio uguale.

Ma ormai tutto questo sembra utopia; solo che vorrei che la Princi non lo sentisse e invece so che percepisce già adesso questi pensieri e anche il mio costante, martellante e invalidante senso di fallimento. Perché avevo dei sogni e credevo sarei stata come non sono. Nemmeno mi ci avvicino un po’, a quell’ideale. Chissà dove si è inceppato il meccanismo.

Però anche stamattina il suo sorriso arginava questo senso di fallimento: la Princi mi faceva star bene.

Però non dovrebbe essere così: dovrebbe piuttosto essere il contrario, la mamma che fa star bene la bimba.
 
Eppure ha continuato a essere così anche vedendo le foto: le foto di ieri, quando abbiamo allestito il suo primo albero senza che lei lo sapesse. Perché mentre Lui e io addobbavamo lei disallestiva; mentre Lui e io scartavamo babbi natale, renne e affini, lei giocava con la carta; mentre Lui si è appisolato sul divano e io ascoltavo il cd con le musiche di Natale, lei arrestava lo stereo.
 
Ma mentre la guardavo armeggiare con palline e gingilli vari, mentre vedevo i suoi occhi sgranarsi sempre più alla scoperta di questo mondo rosso e oro…tanto per cambiare mi son messa a piangere. Perché questo, sì, è uno spicchio di quello che avevo sempre sognato: una bimba piccola e felice in mezzo agli addobbi, una metà mela che sorride guardando divertito la nostra bambolina, un alberello gioioso, canzoni natalizie in sottofondo.
Solo che la bambina al centro di tanto amore forse immaginavo sarei stata io.

Io che stamattina nemmeno mi son preparata il termos di caffè caldo da portare al lavoro perché tanto non importa. Io che spero sempre qualcuno legga nel pensiero i miei desideri perché non posso essere io a proporre di andare da qualche parte, mangiare/bere qualcosa. Io che quando pranzo al lavoro mi porto un pacchetto di cracker e oggi che ci ho messo vicino due mele è già troppo.

Io che sono stufa di tutto ciò ma non so come farlo finire.

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