Devo scrivere, altrimenti se ci penso
scoppio a piangere. Così come se mi fermo a guardarla, soprattutto ora che
dorme ed è più indifesa che mai.
Tra tutti gli
incidenti a cui avrei pensato, questo era proprio in fondo alla lista; anzi:
nella lista proprio non era contemplato. Ma va da sé: e a questo proposito si
potrebbe sciorinare un bel rosario di luoghi comuni tipo «i bambini sono
imprevedibili», «bisogna avere cento occhi», o il fantasmagorico «ma son
bambini». Già, però…
Però stamattina arrivo in ludoteca, tutta pimpante perché la
Princi è insolitamente (per questo periodo) tranquilla: svegliata alle 7, mi ha
permesso di sistemare la casa, ha fatto merenda, un pisolo mentre mi preparavo.
Insomma: un gioiellino.
Ammasso i nostri giubbotti sulla montagna di altre giacche che
già occupano il mini-guardaroba, sistemo le borse in un angolo con la
complicità di un’educatrice che intrattiene la Princi mentre mi infilo i calzettoni con Snoopy. Prelevo
il fagotto e la appoggio a terra per farla camminare lasciandomi trasportare da
lei verso ciò che più la attrae.
Si distrae guardando un collega che gioca a pallone con il nonno
e mi distraggo anche io pensando che quello
che sta correndo nella sua direzione, le braccia aperte, voglia semplicemente
abbracciarla.
Abbracciarla,
non strozzarla. Abbracciarla, non mangiarla.
Quando vedo che la morsa si prolunga cerco di aprire le braccia
a ganascia e, nel frattempo, si precipita anche la mamma dell’amante irruento. Troppo tardi: credo lei sapesse cosa stava
succedendo, io purtroppo no.
Da dietro la Princi non sono riuscita a vedere che il biondino non era propriamente un dolce principe
azzurro ma piuttosto un piccolo Hannibal Lecter che al posto di schioccare
un bacio sulla paffuta guanciotta della Pallina l’ha assaporata con un bel
morso sul labbro. Come dire: non stiamo a perder tempo in smancerie.
Un attimo e in
ludoteca sembrava essere scattato l’allarme antisismico. Con la Princi in
braccio e urlante non sapevo (urlante a mia volta) dove girarmi finchè non mi
ha “presa” l’educatrice di poco prima per portarmi in una stanzetta per
sciacquarla e disinfettarla. Non fosse
stato per lei sarei corsa dal pediatra, al pronto soccorso: soprattutto, me ne
sarei andata, e in lacrime. Ma, a pensarci, non sarebbe stata una
soluzione: come quando cadi dalla bicicletta e devi tornar subito in sella.
Così, appena ci
siamo riprese (io in particolare), abbiamo cominciato a giocare, ma con fare
molto circospetto: ad ogni bimbo/a che si avvicinava oltre la soglia di
sicurezza, la Princi faceva scattare
l’allarme antimorso. Me la sono stretta come non mai, e lei si abbandonava
sulla mia spalla in cerca di protezione: una
protezione che non ho saputo garantirle.
Per la serie: una mamma lo sa.
Una mamma lo sa
che dovrebbe tenere gli altri bambini sott’occhio, che un abbraccio troppo
prolungato può essere un morso, … invece io non l’ho saputo e non ho saputo
difenderla.
La guardo: con
il bozzo sulla testa (risultato di una lap
dance poco riuscita intorno alla gamba del tavolo) e il labbrotto tumefatto
sembra Rocky Balboa in cima alla
scalinata; ma da lì, lei non urla «Adriana» ma chiama mamma. E io mi sento uno
straccio: sento che avrei dovuto
prevedere, che non ho saputo difenderla, che ora (fra l’altro) mi sentirò
addosso il giudizio di nonne e parenti vari.
Oggi, che finisco di
scrivere, è un nuovo giorno.
Come accade
sempre quando si fa male, la Princi ha superato subito il dolore mentre io
continuo a sentire un tremito interiore che non si placa. Sono avvilita, ancora sconvolta e piena di dubbi tra cui uno che da
tempo mi pongo: qual è il limite tra l’avere fiducia negli altri e pensare che possano
farti del male? E penso pure a quando tornerò in ludoteca: non voglio
vestire i panni dell’untore, ma a chi già ieri mi chiedeva se fosse caduta
rispondevo sottovoce che no, era stata morsa: perché seppure non ritengo giusto
ghettizzare nessuno, penso anche che sia giusto per gli altri genitori sapere ed
evitare una piccola tragedia.
Tragedia che,
come dicevo, la Princi sembra aver metabolizzato già poche ore dopo: a parte una buona dose di mammite e
babbite, è quella di sempre, pronta a spalancare i suoi occhioni per vedere
meglio le decorazioni natalizie di cui ho iniziato a cospargere la casa, a
ridere a crepapelle se le si mangia il panciotto e a sorridere teneramente
facendo naso-naso.
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