mercoledì 14 ottobre 2020

la fatica è servita

 


Quand'ero bambina, ogni mattina mi alzavo e trovavo la colazione pronta sul tavolo: mancava solo il caffelatte, bevuto sin dall'asilo perchè ogni volta che convincevo la mamma a comprarmi l'Orzoro o il Nesquik, con l'idea che quella tazza fumante mi avrebbe regalato solo sorrisi e felicità come promesso dalla tv, la magica polvere finiva prima o poi nella pattumiera.

Poi arrivava la ricreazione e mi ritrovavo la solita merendina, spesso proprio quella che non mi piaceva – ma piaceva alla mamma: forse perchè la considerava più sana, soprattutto se farcita di marmellata - e per la quale ho sviluppato un'avversione che perdura tuttoggi. La scartavo e intanto osservavo che E. aveva il panino con la frittata, M. la rosetta con il formaggino, A. con il prosciutto, F. con il salame ungherese il cui odore riempiva ogni corridoio della scuola; il tutto era poi spesso innaffiato da succhi di frutta che non erano 95% estratto di pesca come quelli di oggi: ma, al tempo, i pediatri non rompevano per questo.

Alle volte trovavo il coraggio di chiedere perchè non potessi avere anche io un panino, incalzata in questo dal mio maestro che inorridiva lanciando finte urla di vera riprovazione ogni volta che mi vedeva aprire la crostatina. Risposta: «Ma il pane è duro». Forse quello degli altri non lo era, magari perchè la mattina avevano bevuto l'Orzoro e quindi anche il pane sorrideva alla loro giornata. Di tanto in tanto, spinta credo dallo sfinimento delle mie comunque saltuarie richieste, la mamma decideva di accontentarmi: infilava il prosciutto in due fette di pan carrè confezionato o, se voleva far le cose perbene, il giorno prima si fermava nel panificio del centro famoso per i filoni di pane in cassetta fresco. Credo che quel panino mi intristisse più delle merendine.

Poi arrivava il pranzo, la sera la cena: e ciò che c'era nel piatto, mangiavo (almeno fino ai 14 anni), senza nemmeno un grande interesse su cosa avrei trovato a tavola quando mi ci fossi seduta.

Ecco: tutto questo preambolo per parlare delle nostre diatribe culinarie.

Il nostro cassetto della colazione

Sbagliavano mia mamma e mia nonna a imporre ciò che volevano e reputavano migliore/più comodo/più sano senza chiedermi cosa preferissi o sono io nel torto esordendo sempre con «Cosa vorreste/cosa vi va?»? Indubbiamente, per la salute mentale del genitore, la ragione sta nella prima opzione: e ogni settimana viene il giorno in cui annuncio l'entrata in vigore di un regime totalitario e la caduta della democrazia relativamente alla questione cibo. Solo che poi non tengo fede alla proclamata cattiveria e cedo, gratificata da una mezza giornata di accondiscendenza delle belve per ciò che schiaffo nel piatto.

C'è stato un periodo in cui la colazione cambiava ogni giorno e comprendeva spesso omelette al prosciutto o toast. Poi, complice la necessità di colazioni più rapide per venire incontro alla routine settimanale, è entrata in vigore la monotonia delle gocciole: bianche per la Princi, nere per la Pulci.

Sempre quelle.

Ogni mattina.

Senza alternative.

Una tristezza... cerco di cambiare biscotti ma nulla.

La dispensa...

Raramente adesso, e solo per sporadiche mattine, questo piattume viene animato da una fetta di pane e cioccolata, dei cereali... ma la marmellata, per esempio, non si sa cosa sia e, come dicevo, biscotti diversi da quelli con le gocce di cioccolato sembrano un chiaro segno del demonio. Certo, conoscere i gusti dei propri polli può essere un vantaggio: quando si vedono quei biscotti in offerta speciale, se ne riempie il carrello. Salvo poi che magari la settimana dopo inizia “il mese dei cornflakes”, per cui le scorte rimangono inutilizzate fino a data da destinarsi.

E mentre si sciroppano il latte e Nesquik (il caffelatte? per carità) si avvia la vertenza sindacale sulla merenda. Spesso per evitarla preparo il portamerenda prima che si alzino infilandoci yogurt, ma sempre agli stessi gusti, o frutta: già, ma quale? Per la Princi le banane devono essere verdi, la Pulci è -credo- l'unica bambina al mondo a cui la banana non piace. A sgranocchiare una mela ci starebbero tutti i 24 minuti di ricreazione; poi per la Pulci adesso – con quel dente pencolante che non vuole far cadere – è improponibile. Per lei allora uva. Al massimo le susine, ma con moderazione, mi raccomando.

Pranzo e cena vedono sempre un loro parere su cosa preferiscono e ho ben voglia di lambiccarmi su come proporre delle verdure in modo appetitoso, tanto chissà se le mangiano e chissà chi delle due le mangia: perchè, giustamente, ognuna ha i suoi gusti.

Insomma: anche oggi la nostra giornata è iniziata con un dibattito sulla merenda, il pranzo e affini.

«Facci provare altri biscotti!» dichiara la piccola serafica, con la consueta faccia da schiaffi.

«Ma se neppure mangi quelli che scegli tu?! Quelli americani con le gocce di cioccolato (e ti pareva!) sono ancora nel cassetto! Quando ero piccola (come odio iniziare le mie frasi in questo modo: mi autoproietto nella preistoria) la nonna mi dava la merenda senza chiedermi cosa volessi. E non protestavo. A voi invece vi lascio scegliere e protestate pure!». Per quest'ultima parte del mio rimprovero, vengo accompagnata dal loro coro: ormai conoscono la storia a memoria.

Conclusione: «Con voi bisognerebbe vivere in un supermercato!».

Già, ma di quelli in cui puoi aprire ogni confezione per assaggiare un pezzettino, dare una leccatina, addentare un quadratino. Poi riporre tutto negli scaffali, in attesa che venga il momento in cui quella cosa appena spacchettata possa piacere.

E intanto saranno passati gli anni: la cioccolata sarà troppo cioccolatosa; i biscotti dovranno essere vegani; i cereali meglio se estratti dalla polvere di strada (come diceva mia nonna); il latte dovrà essere rigorosamente estratto dal melograno boliviano; il pane dovrà essere impastato senza violentare i semi di grano.

Insomma: oggi erano le 7.30 e un'altra faticosa giornata era già stata servita.

Ps: cercando immagini delle merendine spreferite (già proprio così) mi sono imbattuta in queste. Chi se le ricorda? mi è tornato in mente il sapore, quella cioccolata densa e quella nocciola da rompere i denti... DOVE SONO FINITE LE BIRICCHE?????

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