Anni fa, oltre ad
averlo letto e aver visto lo sceneggiato tv, guardavo il cartone animato
ispirato al libro “Cuore”. La sigla,
nella quale (stranamente) non riecheggiava la voce della star musicale per l’infanzia
di quel tempo, diceva: “Ricordo ancora
il primo giorno a scuola/le mie matite e i pennarelli blu”. La musica di
sottofondo, così come il testo della canzone, parlavano di un mondo passato, diverso.
E’ da quando ho
avuto la notizia della sua partenza che queste parole mi riecheggiano nella
mente e ho capito solo ieri, quando lo salutavo, il motivo. Con Lui se n’è andato un mondo. Con Lui se
n’è andata la nostra infanzia. A Lui sono legati molti nostri ricordi. A Lui
dobbiamo il fatto di essere ancora qui, dopo oltre vent’anni, a interessarci l’uno
all’altro.
E allora dall’altra
sera e anche per queste due notti sono balzati dalla memoria ricordi che avevo temporaneamente
accantonato.
E piano piano quel mondo è
riaffiorato.
Un mondo in cui la
scuola si chiamava “elementare” e
non primaria di primo grado e quando ci andavi non studiavi educazione all’immagine
o educazione motoria ma disegnavi e facevi ginnastica.
Un mondo in cui la bidella viveva dentro la scuola e,
se la mamma non aveva avuto tempo di prepararti la merenda, al momento della
ricreazione nascondeva il giornale di gossip sotto il tavolino per lasciare
spazio a un paio di merendine.
Un mondo in cui ogni
compleanno veniva festeggiato e
potevi portare ciò che volevi per offrirlo ai tuoi compagni perché nessuno era
allergico o intollerante.
Un mondo in cui chi ti veniva a prendere a scuola non
doveva aver fornito le sue generalità e gli estremi del conto in banca per
prelevarti ma rischiavi anche di essere “dimenticato” sotto la pioggia e
portato a casa da uno sconosciuto vedendo poi la casa riempirsi di moniti
colorati “Ricordarsi di andare a prendere E. a scuola” (tutto vero!).
Un mondo in cui la
massima raccomandazione e il più grande timore dei genitori era che qualcuno ti offrisse le caramelle perché
potevano essere drogate mentre la parola “pedofilo” ancora non si sapeva cosa significasse.
Un mondo in cui se
prendevi un brutto voto o ti
comportavi male i genitori non davano la colpa agli insegnanti ma ti mettevano
in punizione; e se solo avevano la percezione che non avessi fatto il tuo
dovere, la Befana ti portava il carbone (vero anche questo!).
Un mondo in cui non si
discuteva di maestro unico perché uno
ce n’era per tutte le materie, escluse religione e ginnastica.
Un mondo in cui il nostro maestro unico è stato IL MAESTRO, senza
bisogno di specificarne il nome perché per tutti – genitori e nonni compresi - IL
MAESTRO era solo lui.
Lui che ci insegnava italiano, storia, geografia,
scienze, matematica e che – visto che avanzava tempo – ci faceva giocare a
calcio maschi contro femmine: privilegiando, come ovvio, la squadra rosa.
Lui che, quando
avanzava altro tempo, portava il registratore e ci insegnava le canzoni di Renzo Arbore: ed è dall’altra
sera che non riesco a scacciare dalla mente “Dicono che son so, dicono che son
so, dicono che son solo canzonette (…) grazie, dei fiori grazie, dei fiori grazie,
dei fiori gra!”
Lui che ci insegnava
la grammatica a suon di filastrocche:
“fi fe fa, accento non ci va”; “qua, que, qui, accento non sta lì”.
Lui che mentre correggeva i temi di italiano o i problemi
in cui infilava noi come protagonisti ci abbracciava e “struccava” senza remore.
Perché quella volta non c’erano ombre nel farlo così come non c’erano dubbi che
se uno veniva definito “baul” o “casson” un motivo c’era: e i genitori non
partivano a razzo dal direttore con l’avvocato al seguito.
Lui che aveva coniato
un giudizio tutto suo: non bene o
bravo. Troppo poco. Neppure bravissimo. Ma –ISSIMO poteva andar bene: «Perché prima
potete metterci quello che volete. Può essere bravissimo, bellissimo,
intelligentissimo …». Ma non bastava; e allora: SUPER. Che gare per fare in modo che siglasse i
problemi di matematica!
Lui che si
preoccupava se ogni giorno a ricreazione
mangiavi merendine confezionate ed esultava quando ti preparavano un seppur triste
panino e indagava a che ora andassimo a letto la sera.
Lui che si ricordava
di ogni compleanno e, girando tra i
banchi, faceva intonare a ciascuno “Ta” per poi partire tutti assieme con “tanti
auguri”.
Lui che ci conosceva forse meglio dei nostri stessi
genitori sin dal nostro primo incontro, senza che gli avessimo detto nulla
di noi: sapeva delle nostre passioni, manie, tic, inclinazioni e, soprattutto,
potenzialità credendo in ognuno di noi sempre e inducendo noi stessi a fare
altrettanto.
Lui che, dettandoci,
un brano sulla morfologia della regione, la ribattezzava “Friuli - Venezia
mamma di Elisa” perché conosceva tutte
le nostre famiglie, da papà e mamma ai fratelli, e di ognuno sapeva il
carattere e – pure di ognuno di loro – le passioni.
Lui, che dopo averci
insegnato ginnastica per due anni, era passato a insegnarci tutto il resto e
soprattutto la vita.
Lui che, quando era
diventato il nostro maestro, ci aveva intimoriti redarguendoci subito sul dargli del lei e insegnandoci quello strano
modo di uscire da scuola: in fila, lui di fianco alla porta che proclamava “Salutare
e partire!”.
Lui che ci ha
insegnato cose che ancora ricordo mentre fatico a ricordare la storia e la
filosofia studiate al liceo.
Lui, che girava sempre
con le mentine in tasca.
Lui, che non aveva
smesso di interessarsi alle nostre vite, ai nostri percorsi.
Lui, che ci aveva
capito più e prima di noi stessi indicandoci strade spesso e fortunatamente
intraprese.
Mi viene in mente il
passo dell’Iliade in cui Andromaca saluta Ettore prima del duello con Achille: “
Tu sei stato per me marito, padre, fratello”. Ecco: Lui è stato questo per noi.
Maestro, padre, nonno, faro. Inimitabile.
Così come inimitabile e purtroppo passato è il mondo a cui apparteneva.
L'ho letto tutto d'un fiato. Quante cose mi hai fatto tornare alla mente. Grazie
RispondiEliminae chissà quante altre ce ne sono...grazie a te per aver letto!
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