lunedì 2 aprile 2018

ansie mattutine

Eccomi qui.
Mi sono alzata alle 4.20, ero sveglia dalle 3 credo.
Non so perchè.
Non ho pensieri particolari: se non che continuo a ingrassare, che vorrei non mangiare, che sto trascurando le bimbe, che sto trascurando Lui, che sono nervosa, stanca, che non sono coerente nel comportamento con ciò che cerco di insegnare (ma c'è qualcuno che lo sia?).
Beh, in effetti mi pare già sufficiente per svegliarsi in piena notte.
Penso alle tante cose che vorrei fare senza riuscirci: e forse, se ne facessi solo una di questa interminabile lista, le cose potrebbero andar meglio.
Scrivere.

Cavolo: è da quando ero adolescente, da quando potevo immaginare recensioni che iniziavano con «Questa giovanissima scrittrice» che mi scorrono nella mente frasi del romanzo della mia vita, poi di quella degli altri. Ma scorrono: e a volte sono così veloci che non riesco a catturarle, o non trovo mai il giusto tempo per mettermi seduta a pensarci, o mi lascio deviare dalla fatica che comporterebbe scrivere veramente.
Fatica emotiva, mentale.
Eppure so che dovrei svuotarmi, che magari così riuscirei a sciogliere questo nodo che sento costantemente dentro, questa insoddisfazione perdurante, questo desiderio di fare pulizia di sentimenti ingombranti.
E allora intanto scriviamo qui sul blog.
Di questo periodo difficile per la ripresa del lavoro, per la riorganizzazione di tempi e spazi che hanno stravolto la routine imponendo una quotidianità più faticosa, arrancante, che si è arricchita di soddisfazioni (non moltissime a dire il vero, ma alcune significative) e di nuove persone.
Ne abbiamo risentito tutti di questi nuovi ritmi, con week end completamente stravolti e passati scollegati, pomeriggi incentrati quasi esclusivamente sui compiti, mattinate impostate sul ritmo di continui «Forza che facciamo tardi!» e musi/capricci per il poco e brutto tempo passato insieme.
Spesso in questi mesi ho sperato di essere una mamma da copertina, di quelle da “Come fa a far tutto?” sempre pimpante, allegra e capace di non far pesare la casa da sistemare, gli incastri da organizzare, la spesa da riordinare.
Credo di non esserci mai riuscita.
Ho troppo spesso privilegiato la facciata rispetto al sentimento vero, l'organizzazione di feste che forse nemmeno ricorderanno e di pomeriggi con le amichette che mi sono costati qualche sclero per le pulizie pre e post gioco.
Ho cercato di continuare a essere una mamma che risponde, racconta, spiega, anche il perchè sia tanto importante lavorare. Non sempre sono riuscita ad ascoltare, guardare, vedere cosa stesse succedendo, a non arrabbiarmi o urlare. Mi sono detestata per tutto questo e continuo a farlo.
Senza contare la sensazione di disfatta per il tempo che mi sta sfuggendo dalle mani mentre loro crescono: cosicchè tra poco lo sporadico «Sei la mamma più peggiore del mondo!» non verrà blandito da «Ma sei la più bella delle mamme» così come «Odio la famiglia» (entrambe perle della Pulci) manterrà una sua perdurante stabilità.
Spero, per scaricarmi la coscienza, di non essere stata così terribile come sembro secondo il mio implacabile metro di giudizio.
Il dubbio, però, è di esserlo stata ancor di più. Anche perché loro hanno continuato a regalarmi emozioni.