E oggi anche noi abbiamo ricominciato la scuola.
Una volta non era un evento, o forse
non me lo facevano percepire come tale o forse essendo bambina non sentivo il
gran rumoreggiare che si fa adesso intorno a qualcosa che è naturale, normale,
direi scontato. Mi pare che oggi si tenda a drammatizzare e ingigantire troppe
cose, magari perché – come ho sentito dire in alcune occasioni – non ci sono
più i riti di passaggio di un tempo e quindi abbiamo bisogno di rendere tali
dei comuni momenti di crescita o di mettere in negativo fatti altrettanto
normali.
Come i compiti delle vacanze:
io li facevo, da sola, così come da sola ho sempre fatto quelli per casa, senza
bisogno che mia mamma sapesse cosa o quanto o come dovevo fare e dando sempre
ragione ai maestri se ne avevo tanti. «Bene così!» ricordo che aveva risposto
alla mamma di una mia compagna che si lamentava per le pagine e pagine di verbi
da coniugare che ci aveva assegnato una supplente. E in effetti, seppur non ne
ricordo il nome, la ringrazio perché così
ho imparato a usare correttamente congiuntivo e condizionale. Magari tutto
ciò accadeva perché mi è sempre piaciuto andare a scuola, tanto che pure ora
vorrei fare corsi su corsi di lingue, informatica e chissà che altro. Magari tutto
ciò accadeva perché ero parecchio secchiona. Chissà. Sta di fatto che quest’estate
(due mesi soltanto, a dire il vero, essendo terminato l’asilo a fine giugno) la
Princi dapprincipio non ne voleva sapere di disegnare sui libri delle vacanze
nonostante le piaccia un sacco pasticciare con pennarelli, matite e cerette. Poi,
come per magia, ha iniziato a chiedere
lei di fare i compiti: e così ogni giorno se ne andava una pagina fino a
completare entrambi i fascicoletti. Ammetto di essere stata molto orgogliosa: un orgoglio pari a quello che provo quando
la vedo aiutare Briciolina, stringerla, tentare di imboccarla e viceversa.
Tra
i vari suoi soprannomi, Mini minor si è
recentemente conquistata anche quello di Portobello per le riuscite
imitazioni della sua mentore.
Comunque, tornando all’inizio della
scuola, stamattina mi sembrava trascorsa una vita da quando mi affannavo per
prepararci tutte e tre, rifacendo pure i letti e riordinando dalla colazione, pur
di arrivare a scuola in orario. Ma quando mi sono ritrovata a uscire dal
cortile, mi è sembrato di averlo fatto pure il giorno prima. E una volta
arrivate, tutto uguale e tutto nuovo. Cerco di ricordare com’era andata lo
scorso anno, cosa dovevamo portare e penso poi che sicuramente lo scoprirò.
Ma poi, siccome di solito per uno strano virus contagioso le cose accadono tutte contemporaneamente,
ecco che l’inizio della scuola coincide con mille altre riprese o nuove
avventure.
Innanzitutto, il lavaggio del cervello
fatto dal momento del suo concepimento in avanti ha fatto sì che domani
la Princi proverà la sua prima lezione di danza. Difficile esserne
felice e basta: da un lato noto in lei una certa predisposizione (ma chi non lo
direbbe del proprio figlio?), d’altro canto vorrei onestamente che si sentisse libera
di scegliere se le piace o meno. Solo che al di là dei commenti che posso fare,
ci sono atteggiamenti e modi di dire inconsci che difficilmente riuscirò a
tenere sotto controllo. Intanto, però, su suo spontaneo suggerimento, proverà
anche ginnastica ritmica, in teoria sempre questa settimana. Settimana
che però non vorrei fosse troppo ricca di emozioni che potrebbe scaricare in
crisi di stanchezza: in mezzo agli impegni certi (già molti per tutti quanti)
si è infatti infilato un inatteso invito di compleanno.
Riprese. Anche io sto tentando di riprendere a
fare un po’ di movimento. Ne vedo l’impellente necessità. Questi ultimi
mesi sono stati molto duri sotto questo profilo. I momenti in cui decido di
lasciarmi andare ad aperitivi, gelati o feste, sono ancora e sempre in
conflitto con le restrizioni che cerco di darmi e che purtroppo restano senza
risultati. Sono piuttosto avvilita per questo, anzi, mi sento avvolta da un umor nero che mi dico di
poter dissolvere solo grazie a dell’attività mirata. E stasera comincerà la
nuova stagione di aerobica pure per me: conto in una maggiore assiduità grazie
alla presenza in casa della mamma-nonna
che, oltre all’aiuto oggettivo, sembra silenziare i sensi di colpa.
Riprese. Sono mesi che lo aspetto, ma
forse finalmente ci siamo. Mi mancava, mi impaurisce, mi incuriosisce. Non un
vero e proprio lavoro, ma un lavoro di cui ho bisogno per ossigenare il
cervello, per dare aria ai pensieri e togliere la ruggine alle parole.
Non scrivo oltre. Sono ancora, spero per poco, nella fase waiting for Godot.
Nuovi inizi. Dopo mesi trascorsi veloci
come giornate, finalmente ci siamo: mercoledì i muratori inizieranno a plasmare la
nostra nuova casa. Felice? Emozionata? Non so. Credo – almeno per
ora - indifferente. Spero la trasformino come ha promesso Lui, in modo che ne
risultino trasformati i ricordi che l’accompagnano.
E per ora, come novità, mi pare possano
bastare.
Nessun commento:
Posta un commento