Ieri la Princi ha compiuto 18 mesi.
Ormai è tanto
se ci ricordiamo del suo complimese, quindi non erano previsti festeggiamenti
se non una serata-pizza tutti insieme dalla Mamma-nonna solo perché sarei
rimasta da lei fino a tardi.
Lei, però,
ha festeggiato.
Sarà che ha
sviluppato una precoce sindrome da Peter
Pan, ma così com’era stato per il giorno del suo compleanno ieri è stata una giornata frignosamente paurosa. E spero
questo trend si interrompa prima dei diciott’anni.
Abbiamo cominciato
appena svegli. Ore 6.30: dopo aver frignato perché voleva che il latte fosse pronto più che
immediatamente, nell’attesa ha pensato bene di tirare fuori un po’ di pentole dall’armadio. Poi, come ogni
mattina, è stata la volta del bagnetto
con tragedie che ieri hanno toccato i massimi livelli prima ancora che aprissi
il rubinetto della doccia per sciacquarla. Per la serie: piango così, per
partito preso. E allora mamma sai che fa? Visto che tanto piangi comunque, ti
annaffia ben bene cercando di tenerti la testa forzatamente all’indietro per
non bagnarti gli occhi. Poi per fortuna è venuta la nanna: e ha chiesto lei, in totale autonomia, di balzare nel
lettino per mettersi sederino all’insù abbracciando Winnie Pooh (che fa pure
rima).
Ma la pausa
è stata solo temporanea.
Pur risvegliatasi con il sorriso, ci sono voluti:
10 minuti per
convincerla a mettere i sandali: era
troppo impegnata a scegliersi i cataloghi di mostre da consultare prima di
uscire;
10 minuti per dissuaderla dal portarsi dietro “un’abbracciata”
di pelouche: la scimmia, Gimpo piccolo, Gimpo grande (i suoi primi
pupazzetti), il coniglietto. A nulla serviva dirle: «Mettili almeno qui nella
borsa», in una delle tante, cioè che avevo a tracolla o variamente spalmate
addosso.
10 minuti per farle scendere le scale di casa da
sola: cosa che fa puntualmente con Lui ma non con me. Solo che stavolta proprio
non ce la facevo, anche perché c’erano pure gli “ospiti” (il coniglio e Gimpo
piccolo) da cui non si è staccata neppure quando si è decisa a muoversi: il che
è successo solo perché le ho detto che avremmo salutato il pizzaiolo sotto
casa.
10 minuti
abbondanti per farla entrare in auto:
avendole promesso che avrebbe salutato M., ci si è impegnata molto a fondo ed
evidentemente non voleva lasciarlo solo; o forse stava solo cercando di
accaparrarsi un trancio di pizza per merenda.
10 minuti per farla uscire dalla palestra dove sono
andata per approfittare dell’ultimo giorno di promozioni assicurandomi così un
numero d’ingressi per acquagym che –vista la frequenza con cui ci vado- mi
porterà dritta alla soglia dei cinquant’anni. Affezionatasi (e mica scema,
lei!) all’istruttore a cui ha inviato molteplici baci, ha sostituito questo
innamoramento precoce con quello verso i distributori automatici. Alias: unico
modo per convincerla a riprendere il viaggio verso la casa della Mamma-nonna è
stato comprarle un pacchetto di biscottini. Che ha sdiluviato in cinque minuti
netti.
Poi la situazione è un po’ rientrata grazie anche
a G. con cui siamo uscite per una lunga passeggiata anche in vista di
possibili (auspicabili?) turni di baby sitteraggio. Un punto a suo favore è
stato che la Princi, spontaneamente, le ha dato la mano mentre camminava per
strada: cosa che non fa neppure con me.
Il seguito
della giornata è stato un continuo saliscendi, certo influenzato pure dal mio
malumore per motivi lavorativi (serviva studiare tanto per…?). Evidentemente
lei li ha percepiti ma è riuscita anche a fare un pisolo dal quale si è risvegliata con il desiderio di spalmarmisi
addosso stile koala: bellissima sensazione, se non fosse che la temperatura
sfiorava i 35°.
Poi sono riuscita ad andare in biblioteca e a una conferenza
senza il bisogno di sgattaiolare via non vista: era troppo presa a saltare e ridere sul lettone della Nonna-bisnonna. E
così, poi, ho chiamato Lui:
«Allora cosa faccio? Vengo lì?» il dubbio era motivato dal fatto
che gli avevo raccontato, molto demoralizzata, dei capricci e dello sfinimento
principeschi.
«Mah, non so…»«Vengo e usciamo a cena noi due!»
«Ma lo sai che giorno è?!»
«Ehhh! Ma lo sai quanti complimesi ci saranno?»
Al solito, ha
avuto pienamente ragione.
Era tanto che
non ci concedevamo una serata per noi. Una serata in cui riuscire a parlare
senza essere interrotti dai grugniti di Peppa Pig, da urla che chiedono «Quacqua!»,
da una forchettata a me e una alla Princi. Ne
avevo davvero bisogno. Ne avevamo davvero bisogno, tutti e tre. Nonostante i
profondi sensi di colpa che mi ha provocato lasciarla nel giorno del
complimese. Sensi di colpa che si sono attenuati quando l’abbiamo ritrovata addormentata fra le braccia della
Nonna-bisnonna e ci è stato raccontato quanto si sia divertita con bambola
e passeggino.
Ne avevamo bisogno tutti e tre perché
oggi la giornata è cominciata con uno sprint diverso: i brutti pensieri dissipati,
noi rilassati nonostante senza un motivo preciso siamo rimasti entrambi svegli
per gran parte della notte (e per la legge di Murphy: la Princi ha ronfato), la
doccia fatta senza troppi urli…
Solo che i capricci sono arrivati
dopo: perché
l’ho svegliata per toglierla dall’auto, perché dopo venti minuti ininterrotti
ho pensato di far andare sull’altalena gli altri bambini che aspettavano, perché
dopo pranzo aveva sonno ma non voleva cedere facendomi così arrivare tardi al
lavoro perchè non me la son sentita di lasciare la Mamma-nonna con una piccola
iena urlante.
Però, quando mi sono stesa un attimo sul divano
sfinita dal caldo, dal mancato riposo notturno e dalla stanchezza di vederla
rotolare in ogni dove, la Princi mi è
venuta vicina per riempirmi le guance di baci. Poi si è allontanata ed è
tornata per darmi bacini sui piedi, sulle ginocchia, sulle braccia e di nuovo
sul viso.
E allora quello
che è venuto dopo non ha avuto importanza.
P.s.: come sentirsi un Dio: tanti sforzi per addormentarla hanno portato a due ore e mezza di pisolo...e di relax per la Mamma-Nonna!
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