giovedì 1 agosto 2013

prima maturità


Ieri la Princi ha compiuto 18 mesi.
Ormai è tanto se ci ricordiamo del suo complimese, quindi non erano previsti festeggiamenti se non una serata-pizza tutti insieme dalla Mamma-nonna solo perché sarei rimasta da lei fino a tardi.

Lei, però, ha festeggiato.
Sarà che ha sviluppato una precoce sindrome da Peter Pan, ma così com’era stato per il giorno del suo compleanno ieri è stata una giornata frignosamente paurosa. E spero questo trend si interrompa prima dei diciott’anni.

Abbiamo cominciato appena svegli. Ore 6.30: dopo aver frignato perché voleva che il latte fosse pronto più che immediatamente, nell’attesa ha pensato bene di tirare fuori un po’ di pentole dall’armadio. Poi, come ogni mattina, è stata la volta del bagnetto con tragedie che ieri hanno toccato i massimi livelli prima ancora che aprissi il rubinetto della doccia per sciacquarla. Per la serie: piango così, per partito preso. E allora mamma sai che fa? Visto che tanto piangi comunque, ti annaffia ben bene cercando di tenerti la testa forzatamente all’indietro per non bagnarti gli occhi. Poi per fortuna è venuta la nanna: e ha chiesto lei, in totale autonomia, di balzare nel lettino per mettersi sederino all’insù abbracciando Winnie Pooh (che fa pure rima).

Ma la pausa è stata solo temporanea.
Pur risvegliatasi con il sorriso, ci sono voluti:
10 minuti per convincerla a mettere i sandali: era troppo impegnata a scegliersi i cataloghi di mostre da consultare prima di uscire;
10 minuti per dissuaderla dal portarsi dietro “un’abbracciata” di pelouche: la scimmia, Gimpo piccolo, Gimpo grande (i suoi primi pupazzetti), il coniglietto. A nulla serviva dirle: «Mettili almeno qui nella borsa», in una delle tante, cioè che avevo a tracolla o variamente spalmate addosso.
10 minuti per farle scendere le scale di casa da sola: cosa che fa puntualmente con Lui ma non con me. Solo che stavolta proprio non ce la facevo, anche perché c’erano pure gli “ospiti” (il coniglio e Gimpo piccolo) da cui non si è staccata neppure quando si è decisa a muoversi: il che è successo solo perché le ho detto che avremmo salutato il pizzaiolo sotto casa.
10 minuti abbondanti per farla entrare in auto: avendole promesso che avrebbe salutato M., ci si è impegnata molto a fondo ed evidentemente non voleva lasciarlo solo; o forse stava solo cercando di accaparrarsi un trancio di pizza per merenda.
10 minuti per farla uscire dalla palestra dove sono andata per approfittare dell’ultimo giorno di promozioni assicurandomi così un numero d’ingressi per acquagym che –vista la frequenza con cui ci vado- mi porterà dritta alla soglia dei cinquant’anni. Affezionatasi (e mica scema, lei!) all’istruttore a cui ha inviato molteplici baci, ha sostituito questo innamoramento precoce con quello verso i distributori automatici. Alias: unico modo per convincerla a riprendere il viaggio verso la casa della Mamma-nonna è stato comprarle un pacchetto di biscottini. Che ha sdiluviato in cinque minuti netti.

Poi la situazione è un po’ rientrata grazie anche a G. con cui siamo uscite per una lunga passeggiata anche in vista di possibili (auspicabili?) turni di baby sitteraggio. Un punto a suo favore è stato che la Princi, spontaneamente, le ha dato la mano mentre camminava per strada: cosa che non fa neppure con me.

Il seguito della giornata è stato un continuo saliscendi, certo influenzato pure dal mio malumore per motivi lavorativi (serviva studiare tanto per…?). Evidentemente lei li ha percepiti ma è riuscita anche a fare un pisolo dal quale si è risvegliata con il desiderio di spalmarmisi addosso stile koala: bellissima sensazione, se non fosse che la temperatura sfiorava i 35°.

Poi sono riuscita ad andare in biblioteca e a una conferenza senza il bisogno di sgattaiolare via non vista: era troppo presa a saltare e ridere sul lettone della Nonna-bisnonna. E così, poi, ho chiamato Lui:
«Allora cosa faccio? Vengo lì?» il dubbio era motivato dal fatto che gli avevo raccontato, molto demoralizzata, dei capricci e dello sfinimento principeschi.
«Mah, non so…»
«Vengo e usciamo a cena noi due!»
«Ma lo sai che giorno è?!»
«Ehhh! Ma lo sai quanti complimesi ci saranno?»


Al solito, ha avuto pienamente ragione.
Era tanto che non ci concedevamo una serata per noi. Una serata in cui riuscire a parlare senza essere interrotti dai grugniti di Peppa Pig, da urla che chiedono «Quacqua!», da una forchettata a me e una alla Princi. Ne avevo davvero bisogno. Ne avevamo davvero bisogno, tutti e tre. Nonostante i profondi sensi di colpa che mi ha provocato lasciarla nel giorno del complimese. Sensi di colpa che si sono attenuati quando l’abbiamo ritrovata addormentata fra le braccia della Nonna-bisnonna e ci è stato raccontato quanto si sia divertita con bambola e passeggino.

Ne avevamo bisogno tutti e tre perché oggi la giornata è cominciata con uno sprint diverso: i brutti pensieri dissipati, noi rilassati nonostante senza un motivo preciso siamo rimasti entrambi svegli per gran parte della notte (e per la legge di Murphy: la Princi ha ronfato), la doccia fatta senza troppi urli…
Solo che i capricci sono arrivati dopo: perché l’ho svegliata per toglierla dall’auto, perché dopo venti minuti ininterrotti ho pensato di far andare sull’altalena gli altri bambini che aspettavano, perché dopo pranzo aveva sonno ma non voleva cedere facendomi così arrivare tardi al lavoro perchè non me la son sentita di lasciare la Mamma-nonna con una piccola iena urlante.

Però, quando mi sono stesa un attimo sul divano sfinita dal caldo, dal mancato riposo notturno e dalla stanchezza di vederla rotolare in ogni dove, la Princi mi è venuta vicina per riempirmi le guance di baci. Poi si è allontanata ed è tornata per darmi bacini sui piedi, sulle ginocchia, sulle braccia e di nuovo sul viso.

E allora quello che è venuto dopo non ha avuto importanza.
P.s.: come sentirsi un Dio: tanti sforzi per addormentarla hanno portato a due ore e mezza di pisolo...e di relax per la Mamma-Nonna!

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