Bene: le feste sono
ormai al giro di boa. Beh, magari per noi non proprio dato che dalla prossima
settimana comincia il tour de force dei compleanni che coinvolgono
tutte e tre le nostre famiglie.
Però per placare i miei soliti
pensieri, ricomincerò anche a frequentare la palestra, spero, e spero da
domattina: e spero di rimanere in piedi fino alla fine della lezione in modo da
poter urlare “Adriana!” all’ultimo scalino di casa.
Comunque sono state
feste strane, costellate di influenze o pseudo tali che ci han fatto
trascorrere giornate indubbiamente diverse da come preventivato e paventato. Avrei
voluto il Natale perfetto perché era il primo della Princi ma mi consola il
fatto che, se anche fosse stato perfetto, lei non se lo sarebbe ricordato. Quindi
ora puntiamo all’ottimizzazione dei festeggiamenti per il suo primo
comple-Princi.
A parte le questioni
sanitarie, sono state delle feste strane perché continuavo a pensare a come ero
ed eravamo un anno prima: profughi a casa della mamma-nonna, preda
dell’incertezza sulla possibilità di rientrare in casa in tempo per la fuga in
ospedale, vittime (anzi: vittima) dell’ansia su quando e come si sarebbe compiuto
l’allunaggio.
Abbiamo così sfiorato
il paradosso quando abbiam deciso di trascorrere il Capodanno come dodici mesi fa.
Non avendo altre prospettive all’orizzonte e dopo aver confessato quanto mi
fosse piaciuto vedere i fuochi in piazza (cosa che non facevo e facevamo forse
dall’anno in cui ci siamo fidanzati, quindi un enormità di anni luce fa) Lui mi
ha proposto di trasferirci per un giorno di nuovo dalla mamma-nonna,
ovviamente gongolante per la proposta.
Il 31 dicembre,
però, rischiava di naufragare miseramente contro il mio malumore. E’ vero,
riconosco di aver sbagliato e aver reiterato un modus vivendi tipico di casa
mia: prima il dovere, poi (forse) il
piacere. E così, nonostante avessi più volte tazzato l’anima sui presepi
dei dintorni che saremmo potuti andar a vedere, ho finto di ignorare la
splendida e calda mattinata di sole trincerandomi
dietro la polvere che rotolava per casa. E iniziando a ramazzare, stirare (perché
no, dato che c’ero?) e simulando la preparazione di un pranzo, almeno per la
Princi. Ma sperando che Lui arrivasse a cavallo di un manico di scopa
elettrica bianco e sfavillante per rapirmi da tanto grigiore.
Ora, i casi erano
due:
a.
sentirmi in colpa
per non aver assicurato una giornata divertente alla Princi e a tutti noi;
b.
sentirmi in colpa perché
la Princi raccoglieva da terra gomitoli grigiastri da usare al posto del Lego.
Ma, peraltro, i casi
erano due anche in un altro senso: cioè Lui, anziché tornare a sedersi sul
divano dopo avermi proposto di andare al mare a vedere i presepi di sabbia, si
sarebbe potuto rimboccare le maniche e aiutarmi per finire prima. Invece
l’unico lavoro che ha fatto è stato riordinare
i giochi della Princi che, mezzo secondo dopo, si è premurata di spalmare
nuovamente sul pavimento. Esempio di
lavoro familiarmente inutile.
Poi, però, il
riscatto: «Cosa dici se andiamo a pranzo fuori?».
Risposta incredibile,
soprattutto perché scaturita immediatamente dalla mia bocca: «Ti dico di sì e
che speravo me lo chiedessi»; più, ovviamente, tutta una tiritera di rimproveri
per come si sarebbe potuto comportare, per cosa mi aspetterei da lui, etc. etc.
etc.
Più o meno all’unisono
decidiamo di vestire per la prima volta, forse la seconda, i panni dei genitori degeneri abbandonando la
Princi dalla mamma-nonna, andando finalmente a provare il fast food che ha
aperto già un anno fa (e qui, però, mi son giocata lo stomaco per tutto il
giorno dopo). Recuperiamo però, subito dopo, con una passeggiata con Princi e
mamma-nonna, spesa, puntatina a casa per sistemare le vettovaglie per Mr. Billy
e il signor Degas, ritorno dalla Princi per il suo primo cenone. Poi, come un
anno fa, prepariamo una cena veloce e un
po’ arruffata, ci mettiamo a vedere la tv nella mia vecchia cameretta: gli Aristogatti, visti anche lo scorso anno,
con l’unica differenza che – a Lui che russa e alla mamma-nonna mugolante –
continuo a ripetere quanto ne andrebbe pazza la Princi.
A mezz’ora dall’inizio,
partiamo per andare a vedere i fuochi: cavolo, forse è vero che in gravidanza si ha meno freddo, ho i piedi come Mr.
Frost e se non fosse che già ho lo stomaco in subbuglio mi berrei volentieri un brulè. Però è
tutto bello e strano: strano sapere che eravamo lì in tre a saltellare l’anno
prima e che ora invece il meloncino scatenato è quello che ritroveremo nel
lettino… addormentato… si spera…
E infatti quando
torniamo a casa il piccolo uragano dorme ma dopo solo tre ore caccia un urlo di
quelli che ormai da una settimana interrompono le nostre (più le mie, a essere
onesti) notti. Poi, alle 6, altro acuto che mi fa decidere di alzarmi e prepararle
il latte nella speranza di riaddormentarla: stesa nel lettone; sopra di me; di
fianco a me; sempre più vicino a Lui; più vicino a me; in braccio passeggiando…
Ok, ci alziamo.
E poco dopo si
alzano anche la mamma-nonna e la nonna-bisnonna che solo una volta annuncia «Vabbè,
io me ne torno a letto» per poi lasciarsi travolgere dallo spirito mattiniero
della Princi. Che, poco dopo, ci regala la prima super-mega cacchina dell’anno,
vanificando il proposito di farle fare un super bagnetto con bestie varie nella
vasca perché, messa com’è, ha bisogno di una pulizia immediata.
Il resto è stato un miscuglio di past and present: con la mente pensavo all’anno prima ma, con il resto del corpo, correvo
dietro a una pallina che si strofinava lungo il corridoio, si agganciava al
letto della nonna-bisnonna e, fingendo che fosse una sbarra, iniziava a fare
una serie di relevè e pliè per riposarsi poi seduta in poltrona a sfogliare i
miei vecchi Topolino. Senza dimenticare di guardare, come da tradizione, il concerto di Capodanno: solo che
stavolta, in prima fila, c’era lei, affascinata non so se più dalla musica o dalle
evoluzioni di Roberto Bolle ma, in entrambi i casi, spassosissima.
Altra novità
rispetto all’anno scorso è stata correre
a lavorare: ma è stato un pomeriggio piacevole, con il consueto entra-esci
di persone stupite che si debba pagare un biglietto per visitare un museo, un
gruppetto di visitatori interessati e qualche pagina di diritto mandata a
memoria: e forse, dopo la Princi, è proprio quest’ultima la grande novità che
mi riguarda.
P.s: per la serie
chi ben comincia, oggi, invece, il diritto non è stato toccato con alcun
profitto. Vabbè, tanto per rimanere in tema di proverbi, applicherò allo studio
il motto Festina lente.
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