martedì 15 novembre 2011

giornate del ...tubo (quello per i termosifoni)



Da mamma-con-i-calzettoni, mi sono trasformata in mamma-con-tris-maglia. Da ieri mi sono travestita da portinaia della nostra fredda casa: apro e chiudo ai termoidraulici che, indipendentemente dagli accordi preliminari fra il loro principale e Lui, spaccano e sminuzzano le pareti come fossero di cartone. E se già la scorsa settimana, quando avevamo iniziato a smantellare il bagno, il nostro appartamento aveva un aspetto poco rassicurante (per la serie: chissà come e quando tornerà vivibile) adesso è decisamente la disperazione a farla da padrone.

E pure la principessa sembra esserne consapevole. Sedute sul divano, incastrate fra il tavolo, il tavolino, la palestrina dei gatti e la stufa (utile supporto alle tre maglie, ai calzettoni di lana da montagna e al pancerone rosa che indosso), cerchiamo di farci compagnia lavorando un po’ al computer, leggendo e – in buona sostanza – fingendo che sia tutto come sempre.

Fingendo cioè che non ci siano due, talvolta tre, estranei che girano per casa; fingendo di poterci alzare e andare a far pipì quando e come vogliamo senza ricorrere al bagno d’emergenza della pizzeria sotto casa (e meno male che c’è); fingendo, anche, che siamo ancora una quasi mamma e una quasi figlia e non una figlia/nipote di ritorno con fagottino al seguito.

Intendiamoci: il trasloco dalla mamma/nonna con annessa nonna/bisnonna non sta andando così male come me l’ero figurato. I lati positivi ci sono e ne ero ben consapevole anche prima: niente lavori di casa, pranzo e cena in tavola senza doverci pensare (e, fortunatamente, posso anche contare sul cameratismo della mamma/nonna che mi lascia mangiare secondo il mio solito senza inondarmi di sermoni), panni lavati e stirati da dover unicamente infilare nella porzione di cassetto che ci è stata riservata. Però rimane la stranezza del contesto, anche perché – soprattutto la scorsa settimana ma immagino anche in questo week end, probabilmente dedicato alle pitturazioni – sono stata una “vedova bianca”, con Lui che, finito il lavoro, correva a casa per continuare a lavorare fino all’ora di cena.

E non mancava solo a me, che avrei voluto (come mio solito) inondarlo di discorsi sulle mie piccole/grandi avventure quotidiane e aggiornarlo sulle vicende degli amici apprese dal web. Lui è mancato tanto anche alla principessa, incredibilmente agitata soprattutto la notte forse perché voleva rotolarsi vicino alla mano del papi per farsi coccolare; e mancava pure ai gatti, che dalle 17.30 (orario in cui, solitamente, torna a casa) si piazzavano sul tappeto di fronte all’ingresso attendendo il suo ritorno, salvo poi rimanere delusi e ricompensarsi tenendolo in ostaggio quando, la sera, si sdraiava a fingere di vedere la tv.

Insomma: sono sicura che di tutto questo fra qualche mese rideremo, lo ricorderemo con affetto e con un sorriso per tutti gli intoppi che abbiamo incrociato, non ultimo la recrudescenza del raffreddore che - non avendomi mai del tutto abbandonata – si è ripresentato causa gli sbalzi termici fra casa nostra e, per esempio, la doccia a 40° che mi sono concessa ieri sera per tornare a sentir vive le dita dei piedi.

Però, per il momento, siamo solamente stufi, ansiosi che i lavori finiscano e speranzosi che riescano al meglio. Perché poi, quando Lui avrà finito il turno di sovrintendenza alle grandi manovre, toccherà a me dirigere la piccola squadra di volontarie alle pulizie che sembra essersi raccolta: e allora sì che ci sarà da mettersi le mani nei capelli impolverati!


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