Oggi è il settimo complimese della
Princi.
Ho avuto un periodo vergognosamente lungo di
assenza ma depongono a mio vantaggio una serie di eventi concomitanti. In
primis l’inizio di un nuovo e inatteso
lavoro: chi pensava infatti che, in tempi di crisi, spedendo il mio
curriculum il lunedì venissi chiamata per un colloquio venerdì mattina con
bozza di contratto già pronta e primo turno in programma per il martedì
seguente? E invece così è stato, mandandomi completamente nel pallone: perché il secondo elemento a mio discarico è
lo svezzamento, che proprio in quei
giorni stavo intensificando e che mi metteva in crisi per la gestione della
Princi con le nonne, per la serie: se non mangia la minestra chi salta dalla
finestra?? Anche se, devo ammetterlo, la mia ansia principale verso le pappe
era (ed è tutt’ora) alimentata (tanto per usare giochi di parole) dal rapporto
distorto che ho io con il cibo. Comunque di questo scriveremo in altra sede, e,
proseguendo negli elementi a discarico per il lungo silenzio bloggista, ci sono
le ferie: due settimane al mare,
necessarie perché altrimenti sarei impazzita anche se il delirio sembra si stia
verificando di più ora, con la Princi che pare la protagonista mignon di quei
vecchi spot su una ben nota (soprattutto adesso) compagnia di crociere in cui,
al ritorno dalla vacanza, il turista cadeva in depressione. E in effetti le sue mattinate sono un
piagnisteo pressochè continuo, inspiegabile, straziante e, diciamolo pure,
snervante.
Comunque, mettendo da parte le scuse elencate
finora, oggi credo sia il giorno migliore per riprendere a scrivere facendolo
per snocciolare alla Pallina una serie di auguri che si vanno ad aggiungere a
quelli che le ho già espresso in altro post e che sono maturati proprio durante
le vacanze.
Cara Princi,
pur vedendoti ogni giorno ed essendo certa che quando
piangi perché non vuoi addormentarti lo fai semplicemente perché non vuoi
privare il mondo della luce che emana dai tuoi occhi, solo ora mi sono resa
conto di quanto siano splendidi e preziosi: solo ora che ti ho vista sbarrarli
per ogni minimo gesto o situazione nuovi, come lo sventolare di una bandiera, quello
dell’ombrellone, la frescura e il rumore delle onde, le voci degli altoparlanti
in spiaggia o al supermercato. Spero tu
possa sempre conservare quello sguardo candido e sognante, pieno di felicità e
candore a cui aggiungi un tocco di felicità pura quando decidi di arricchirlo
con quell’arricciare il naso che dice tutto il tuo entusiasmo.
Vorrei conservare per te memoria di tutte le persone che si incantano a guardarti, che rimangono abbagliati dal tuo sorriso sdentato e dai fari che punti sui loro volti per scrutarli e carpire con attenzione tutto ciò che dicono.
Vorrei annullare con un colpo di spugna o, come si direbbe oggi, resettare, i momenti in cui è la stanchezza a rispondere con esasperato smarrimento alle tue richieste, così come vorrei annullare le disattenzioni che ho avuto nei tuoi confronti nell’assurda illusione di non compierne più.
Solo ora che ci sei, Princi, mi rendo conto del perché tante volte la mamma-nonna non ci sia stata come avrei voluto e avrei avuto bisogno; solo ora capisco perché si dica che i papà giocano più delle mamme, travolte a livello reale e mentale dall’incessante, rutilante e – ebbene sì – entusiasmante infinita serie di cose cui provvedere, pensare, organizzare, fare aggiungendole a quelle cui già si provvedeva, pensava, organizzava e faceva.
Ti auguro, e ci auguro, cara Princi, che finalmente i denti si decidano a spuntare e il raffreddore a passare: così magari, questa sera, potremmo festeggiare con calma, sorrisi e amore il ricordo dell’indimenticabile e per molti versi ancora irreale giornata in cui sei arrivata.
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