martedì 20 dicembre 2011

spigolature, ovvero: cosa cavolo stai dicendo?


In questi giorni una folla di pensieri violenta la mia mente: già, proprio violenta, dato che rende il mio sonno costantemente agitato impedendomi – se mi sveglio a metà notte – di tornare fra le braccia di Morfeo. Quando capita così, ricordo sempre le parole di un’amica: è come se la mia testa fosse una radiolina che si accende appena apro gli occhi e si spegne solo quando mi addormento.

Siccome non ho voglia di pesantezze, riporterò solo le cretinate che fanno compagnia alla crescente ansia preparto di cui ormai sono preda e che, per fortuna, trova un solido sbarramento nella placida serenità, quasi indifferenza, di Lui: «e vabbè! – direte - bella forza: mica toccherà a lui sopportare giornate di travaglio, dolori lancinanti che ti portano a sbatter la testa nel muro per sentire il dolore in una zona diversa dal ventre, o rotolarsi nel letto per trovare il punto esatto in cui non percepire il ricamo a punto croce di cui ti hanno impreziosita». In effetti è vero: tanto che mi pare di non esser presa molto sul serio neppure ora, quando dico che non riesco ad allacciare le scarpe, che ho il fiatone se parlo con troppa enfasi, che non dormo perché qualcuna imita la Sirenetta in uno spazio ampio meno di un bidet o quando sono costretta a sedermi se ho salito la rampa di scale verso la cantina per metter le ciabatte e subito dopo quella che porta al bagno del primo piano per lavarmi i denti.

Comunque continuo a chiedermi perché in tanti mi hanno rimproverata, all’indomani dell’apertura del blog, per le mie paranoie sulla pancia o per il fatto che parlassi del fagottino in arrivo come “pancia”. Sono sempre più convinta che le mie paturnie (reali, per carità! e pure persistenti) si sposino alla perfezione e vengano ben concimate dal senso comune e dalle boutade più o meno sconvenienti di chi si incontra. Due esempi.

1              «Quanti chili hai messo su?» Ora, a prescindere dal fatto che personalmente non lo chiederei mai a nessuno così come non mi sognerei mai di commentare l’eventuale e pur visibile ingrassamento o dimagrimento di chi mi sta di fronte, le opzioni di risposta sono molteplici: la verità, la verità camuffata (dichiarare meno chili del vero) o, risposta più sincera ma poco applicabile:«ma che c… te ne frega???». Non capisco infatti cosa cambia una volta che l’interlocutore ha ottenuto la risposta: sei una brava mamma se ne hai messi su di più (come sostiene la nonna-bisnonna, a cui la mia pancia «fa pena»: parole testuali), o sei la paziente modello per i ginecologi se non hai sforato la mitica soglia dei 9?

2             «Eh: adesso la pancia si vede!» e grazie al cavolo: sto pure per partorire!!
3         «Se è così, allora desso devi star attenta al mangiare» già sto pensando che questi nove mesi di grazia stanno finendo e tornerò alla mia solita routine, ti ci devi mettere anche tu a ricordarmelo?? E poi me lo devi dire proprio ora che il mio desiderio di dolci ha raggiunto lo zenit? E, per finire: da quando hai conseguito una laurea in dietologia o, eventualmente, in psicologia tali da darti il diritto di sederti alla mia tavola o inculcarmi pensieri che alimentano quelli di sacrificio e digiuno che già ho?
Altre “perle” di curiosità da mercatino rionale al momento non me ne vengono in mente. Negli ultimi giorni sono stata però dilaniata da un pensiero. Adoro il Natale, nonostante la malinconia che mi mette addosso; mi manca, quest’anno, non aver frequentato di più i centri commerciali e i centri cittadini alla ricerca di regali che hanno ceduto il passo al senso di responsabilità per tutte le spese affrontate per la casa. E così mi ha lacerato il desiderio di fare qualcosa per me, di curarmi in vista dell’arrivo della pallocchina in modo che il suo primo pensiero non sia di terrore per la trascuratezza del mio aspetto. Dopo varie riflessioni interiori e andirivieni di sensi di colpa, mi sono detta: ma sì, ne va del suo bene (grazioso alibi, non vi pare?). Per cui stamattina, accompagnata dalla mamma-nonna, ho comprato una maglia vestito da indossare a Natale, rigorosamente non premaman e non troppo vergognosamente aderente; domani invece mi concederò una seduta di pulizia viso, allettata dalle offerte promozionali del centro estetico annesso alla palestra ed estremamente bisognosa di coccole in vista delle ansie e rotture di scatole che dovrò forzatamente sopportare in alcune occasioni nei prossimi giorni. Per finire, venerdì, ci sarà il passaggio dalla parrucchiera: devo proprio dare una sfoltita a questo ciuffo di capelli che, se rimanesse così, ingombrandomi la fronte mi impedirebbe di incrociare come si deve il primo sguardo di mia figlia.

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