Non
avrei potuto terminare la giornata senza scriverti quanto ti amo.
Quanto ti ho desiderata, amata fin dal primo momento ma anche temuta:
perchè eri una piccola rivoluzione in una routine già rodata di
pannolini, passeggini, sorrisi. E a te so di averne dati troppo
pochi, di sorrisi, abbracci e coccole, per il timore di farne perdere
a chi ti aveva preceduta.
Ma
tu sei Emma di nome e di fatto: una guerriera che dalla trisnonna ha
ereditato il carattere tosto amplificando la dolcezza che mi
dimostrava quando la accompagnavo in camera per il riposo
pomeridiano.
Vorrei
averti stretta di più, coccolata di più, guardato sempre con
dolcezza e ora penso spesso che sia troppo tardi: perchè i tuoi
capricci e la tua intraprendenza mi fanno scordare l'amore, la
comprensione, la tenerezza e il bisogno che hai di stare insieme.
Poi
però arriva sempre il momento in cui mi guardi e ti fisso anche io:
in quegli occhi in cui ci si può perdere per ritrovarci tutto il
bene che ci vuoi.
La
tua tenerezza, che esprimi nei tuoi inaspettati ma frequenti «Mamma,
ti voglio tanto bene!» o nelle volte in cui cedi di fronte alle
richieste dispotiche di tua sorella per giocare a ciò che vuole lei
o mangiare solo lei qualcosa.
Mi
chiedo come e quando tu sia diventata così, dove siano andati questi
quattro anni: perchè mi sembra di non ricordare nemmeno una delle
volte in cui ti ho cambiata, vestita o fatto il bagnetto, troppo
presa com'ero dal cercare di non dispensare cumuli di affetto in una
sola direzione.
Sei
la gioia pura del tuo sguardo felice quando hai visto accendersi le
luci di Natale in piazza. Sei le tue manine con le dita martoriate
perchè sempre in bocca. Sei il ricciolo che ti esce dalla coda. Sei
i capricci ogni mattina per mettere le scarpe di Frozen. Sei quella
che «Se non fai la brava mamma ti riprende il soldino» e tu, con
sguardo di sfida, apri il portamonete e mi allunghi lo spicciolo sul
tavolo. Sei “lamarrone” (il marrone), “anto” (alto), “siuaua”
(chihuaua), “sarfofago” (sarcofago, perchè vieni trascinata
nelle passioni di Sofia per gli egizi), "la maettra Bibiana" e “la mia sorella”, che
dici con profondo, sincero e crescente orgoglio soprattutto nelle
ultime settimane. Sei quella che risponde «se (=c'è) caccosa che
non mi convinse» quando ti ho chiesto se ti piace il corso di
ginnastica.
Sei i tuoi disegni sempre più accurati e complicati nonostante spesso tu dica di non saperli fare. Sei il semaforo quasi sempre verde all'asilo e che quindi mi fa presagire tempesta a casa.
Sei
il tormento di Degas, il punchball di Sofia, un pasticcio continuo,
una pensata sempre nuova, una contestazione perenne, una
testardissima peste.
Ma
sei Emma. E guai se non ci fossi.
Perchè
San Valentino non avrebbe più senso senza di te.
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