venerdì 28 dicembre 2018

















L'alfa e l'omega di quest'anno: da gennaio a dicembre...




Un post di foto, di momenti rubati a un anno che è passato in fretta. Come tutti, del resto.

Lasciandomi l'amarezza di non essere riuscita a fare tutto ciò che avrei desiderato, di non aver amato abbastanza le mie cucciole, di non aver giocato abbastanza con loro. Ma portandomi anche la gioia di tanti sorrisi, abbracci, musi lunghi, parole sussurrate, incazzature che non torneranno uguali.


Principesse nel cortile del Castello di Malpaga
Cos'altro mi ha portato quest'anno? Oltre all'aspirapolvere nuovo perchè Babbo Natale sa quanto ci sia da pulire ogni giorno in casa, mi ha portato la gioia e l'amarezza (per come possano essere affrettati e penalizzanti dei giudizi) di passare da «Ma perchè l'avete iscritta a scuola in anticipo??» a «La Princi è molto brava, attenta, ordinata»; la soddisfazione di vedere crescere ogni giorno la Pulci, che sembra non ascoltare mai le domande curiose di sua sorella salvo poi incamerare ogni singola risposta e input. Mi ha portato l'orgoglio di vederle trasformarsi da bimbe timorose di ogni singolo schizzo in faccia a pesciolini in perenne immersione mentre io stessa vincevo la mia ritrosia nei confronti della piscina cittadina appassionandomi al corso di acquagym.
Una vita in cartellone

Festeggiamenti senza calzettoni
Quest'anno mi ha condotto agli anta in modo rutilante, divertente, con la preoccupazione costante del tempo che scorre senza che abbia concluso niente (o poco) di quanto sono tornata a desiderare: viaggi, arte, più possibilità economiche, un lavoro serio, scrivere.
Il 2018 mi ha riconfermato l'amore e la vicinanza di alcune persone, Lui e la Mamma-nonna in primis soprattutto per come mi siano stati vicini in quest'ultimo mese accompagnandomi all'intervento, sostenendomi, aiutandomi nelle attività che non potevo/posso svolgere, prendendosi cura delle belve e di me.
La fontana del negozio Apple a Milano
Mi ha riportato vicini gli amici di una vita, quelli con cui, se anche non li vedi/senti da tempo, è come riprendere un discorso mai interrotto dal punto stesso in cui ci si era fermati. E tutto ciò anche se nel frattempo si sono aggiunti compagni/mariti/figli, ma tu – guardandoli-continui a vedere in quella mamma di oggi la bimba che stava vicino a te alla sbarra, ridendo mentre facevate il plié o il ragazzino che ti riempiva il diario di disegni meravigliosi
Il 2018, come gli anni precedenti e immagino quelli a venire, mi ha lasciato il sapore amaro di non appartenere a un'umanità che odia ed educa all'odio, che giudica, distrugge, disprezza chi e cosa ha intorno: difficile rispondere in modo equiibrato agli interrogativi di due bimbe basite per quanto sentono/vedono attorno a loro sperando, con le mie risposte, di donare al mondo delle persone rispettose, aperte, fiduciose ma non troppo nei confronti di un prossimo che può rivelarsi pericoloso.
I piccoli di casa

E come dimenticare che il 2018 mi ha regalato due nuovi amici pelosi (anzi, tre, se teniamo conto di Bizet) e la voglia di averne sempre e acora degli altri?
Insomma: l'anno trascorso non è stato male, nonostante non ci siano più le favole dell'infanzia a colorarlo, i desideri personali sbiadiscano ogni giorno di più perchè rimpiazzati da altre aspettative. E così, ai momenti di stanchezza, disillusione, sconforto per ciò che non sono riuscita a realizzare, rispondono gli occhi di perla delle belve: pronte a spiazzarmi quotidianamente con risposte, domande e osservazioni inattese.
Cosa porterà il 2019? Purtroppo o per fortuna ancora non lo so, nonostante qualche desiderio lo avrei, pure importante. Ma per il momento sono felice di salutare il suo arrivo in famiglia, con alcuni amici di sempre e le nuove generazioni a colorire la serata. Intanto, cin cin!



















sabato 17 novembre 2018

Oh mia bela Madunina

Due settimane fa siamo stati a Milano.
Ovviamente nelle mie intenzioni avrei voluto scrivere questo post più a ridosso dell'esperienza, ma tant'è: come sempre, le buone intenzioni vengono grattugiate dalla sequela di «Alzatevi che è tardi/lavatevi i denti (ripetuto dieci volte per ciascuna)/infilate i calzini (venti volte per la Pulci)/usciamo-presto-che-facciamo-tardi» alternati a faccende varie, ritiro scaglionato da scuola, compiti, prepararsi per la piscina, cenare, nanna... a cui di tanto in tanto si sovrappongono corsi, riunioni, tentativi di studiare e lavorare.
Facce da metropolitana
Il weekend milanese è nato in modo estemporaneo. La settimana precedente saremmo dovuti andare in Umbria per il battesimo di un nipotino acquisito ma causa malattia del fratellino tutto è stato posticipato alla primavera. Quindi abbiamo concretizzato questa idea, che già cullavo da tempo e che si è rafforzata nel momento in cui una dura perdita ha toccato la mia amica di sempre C. Il desiderio di starle vicino e quello di conoscere il mio nipotino acquisito (visto finora solo in foto) erano talmente palpabili che Lui una sera ha preso l'iniziativa prenotando immediatamente un appartamentino a due passi dalla fermata metro di Dergano. Così è iniziata una magnifica avventura, che spero le bimbe porteranno sempre nella memoria e nel cuore perchè, altro mio grande desiderio, era quello di far loro sperimentare la vita della grande città.
E ci si sono trovate a perfetto agio. Da subito sono sembrate aver sempre viaggiato sulla metropolitana (nonostante, prima della partenza, la perplessità della Princi riguardasse il fatto se su questo treno si dovessero usare le cinture) snocciolando i nomi delle fermate come li conoscessero da una vita. Prima di partire, hanno espresso il desiderio di mangiare al ristorante spagnolo e cinese: per la prima richiesta ci siamo riusciti (e la Princi ha addirittura avuto l'ardire di salutare il proprietario con un «muchas gracias») la seconda invece è stata soppiantata dall'urgenza di sanare la fame e quindi abbiamo posticipato a altra occasione. 

Viaggio in auto, appena arrivati passeggiata in piazza Duomo con entusiasmo fuori misura per i piccioni, inseguiti ovunque dalla Pulci. Pranzo in un Mc iper affollato da cui abbiamo adocchiato il bar per la colazione della mattina successiva (eh sì, pur essendo in appartamento, Lui ha deciso che vacanze dovevano essere in tutto e per tutto: infinitamente grata per questo!!). E dopo esserci un po' riposati tutti e quattro (poco importa la svista per cui i quattro posti letto erano tre scarsi vista l'ampiezza dei materassi e del divano), siamo “partiti” per raggiungere la casa della “zia C” dove avevo preannunciato alle bimbe che avrebbero dovuto fare da baby sitter a G. Risposta della Princi:«Allora la zia ci dovrà dare la paga». Che in effetti è arrivata, in forma di monete al cioccolato. E loro due se lo sono spupazzate tutta la sera, facendomi ancor più desiderare l'ampliamento della famiglia visto come si contendevano il pargolo.

Nelle ore in cui siamo stati a casa di C. e M. mi è sembrato di vivere una di quelle scene da film in cui si vede la reunion fra amiche con famiglie: naturale, spontanea, rilassata e divertente, con argomenti seri e altri quotidiani, consigli sui bimbi e resoconti di piccole disavventure. Ripeto: naturale, spontaneo, unico. Testimonianza di un'amicizia lunga trenta e più anni, nata alla sbarra fra un plié e una pirouette, costellata di buffonerie che ancora non smettono di farci ridere e che adesso proseguono nella chat a quattro “mamme on stage” dove condividiamo ansie, disavventure, piccole felicità di questa nuova fase.


Fontana della Apple, piazza Liberty
Sabato giornata fra il culturale e il frivolo: iniziata dividendoci per seguire vari interessi che hanno portato me alla mostra sul Romanticismo (http://www.gallerieditalia.com/it/milano/mostra-romanticismo/) e il resto della famiglia al museo multimediale dedicato a Leonardo (http://www.leonardo3.net/it/museo-di-milano/). Poi un po' di vetrine, negozi di giocattoli (https://www.nanobleu.it/) e Disney store (Pulci:«Ma se non ci comprate niente perchè veniamo nei negozi??»: in effetti un lieve sadismo c'è), foto davanti alla fontana della Apple (Pulci:«Ecco da dove venivano gli schissi quando eravamo dai piccioni!» che però erano in piazza Duomo, per cui gli schizzi erano la pioggia della mattinata) e la sera cena dal ristorante spagnolo.
Sabato mattina visita al Castello Sforzesco (https://www.milanocastello.it/), fatta un po' di corsa a dire il vero soprattutto nella parte artistica, un po' meno in quella dedicata agli strumenti e con doverosa sosta meditativa di fronte alla Pietà Rondanini (non bella secondo le piccole critiche d'arte che suggerivano modifiche strutturali a Michelangelo).








Perché spesso mi sento così..
Milano mi ha riconnesso con il mondo, con quelli che erano i mieri desideri e aspettative, visti a distanza di tempo non so se con malinconia o rabbia per la mancata realizzazione: in fondo, ciò che volevo intimamente nella vita me lo sono portata dietro.
Però ci sono momenti in cui non basta, momenti in cui mi torna insistentemente in testa il verso di Leopardi «O natura, o natura,/ Perchè non rendi poi/ Quel che prometti allor? perchè di tanto/ Inganni i figli tuoi?».
Il weekend visto dalla Princi 

Ma ciò che ho riportato a casa è stata soprattutto la gioia negli occhi delle bimbe, il loro entusiasmo per essere state in posti nuovi, aver provate esperienze inedite, essersi mescolate a tante persone senza notare diversità, peculiarità e stravaganze.
E adesso il desiderio di un altro weekend mondano è ancora più forte.




venerdì 26 ottobre 2018

Eppure crescono

Riprendiamo il post delle ormai lontane vacanze.
Ciò che avrei voluto scrivere sarebbe stato lo stupore.
Le Cornelle
Nel vederle affiatate, poco dispettose/litigiose fra loro, grandi camminatrici. Quando siamo a casa è un continuo prendersi a pizzicotti, sberle, farsi linguacce, «Tu sei brutta! Sei cattiva! Non ti sopporto! Vai via!!»: a inizio estate pensavo che, io o loro, non saremmo arrivate vive a settembre. Intervenivo in queste zuffe finchè la Princi ha iniziato a tornare dal centro estivo dicendo che «Quel bambino mi ha spinto/mi ha detto così»: quando le domandavo cosa avesse ribattuto, la risposta era sempre, con tono sconsolato, «Niente». Quindi, alle liti casalinghe in cui ero chiamata in causa, ho iniziato a reagire dicendo «Vedetevela fra voi/Non ci sono/Datevele più forte». Ma i risultati verso il mondo esterno continuano a farsi attendere.
Comunque, nella settimana trascorsa fra Bergamo, Leolandia, Parco dei Dinosauri, Parco Le Cornelle nulla di tutto ciò è accaduto, anzi. Era un piacere vederle giocare assieme, darsi la mano per camminare e macinare quei chilometri giornalieri che, a casa, nemmeno in un mese riesco a far percorrere. È in quei momenti di complicità, serenità e condivisione che capisco il senso del tutto. La fatica di alzarmi ogni mattina per incitarle a far colazione/lavarsi/vestirsi: e, per inciso, quando eravamo in ferie non serviva assolutamente incitarle ma addirittura una mattina ci siamo trovate la Princi seduta sulla panca davanti al lettone che, quando abbiamo aperto gli occhi, ci ha detto orgogliosa: «Mi sono già lavata e vestita».
Ora, in questi mesi la riflessione è pure un'altra: vabbè che sto cercando di aprire la mia vita anche in altre direzioni (e questo viene faticosamente accettato: vedi recenti attacchi di mammite) ma stanno crescendo alla velocità di razzi spaziali. Cerchiamo, non sempre riuscendoci, di agevolare la loro indipendenza nel lavarsi, vestirsi, prepararsi anche se spesso faccio io per motivi di tempi (soprattutto nei giorni di scuola) per cui i risultati sono alterni, con la Pulci che ci marcia lanciandosi in quotidiani «Ma io non so mettermi i calsini/Puoi mettermi la maglia?/Ma non se la fasso!!» (sempre accompagnati da voce frignosa). Ma poi, quando le vedi farsi la doccia da sole, seppure escano con i capelli ancora intrisi di shampoo e il viso asciutto perchè «Ah, mi sono dimenticata» capisci che tra un po' non avranno più bisogno di te. E il sollievo si mescola alla nostalgia, l'orgoglio al senso di inutilità, la prima immaginedei loro visini alla prefigurazione dei loro volti impiastricciati di trucco e furibondi perchè imponi di tornare alle dieci. In fondo sarà un attimo.
Vedo i loro caratteri emergere sempre più nitidi, con la Princi pericolosamente pendente verso il calzettonismo e la Pulci verso Lui. Entrambe sensibili, altruiste, timide con gli altri e leoni dentro le mura domestiche. A inizio anno la Princi ha avuto la sorpresa di una nuova compagna di classe, dapprima ignorata, adesso sua migliore amica. Ci siamo arrivate in un percorso fatto di «Sai che S. è romana/rumena/nata a Cervignano/vissuta in Germania»: notizie che si rincorrevano e che non riuscivamo a decifrare. Finchè un giorno è tornata raccontando di avere scambiato con lei la matita portata in regalo dalla maestra perchè S. si stava mettendo a piangere perchè voleva quella con la coccinella.
Nella casa di Peppa a Leolandia
La Pulci, dal canto suo, è molto presa dalle vicende sentimentali che la vedono protagonista di un amore tormentato con R., che «Oggi mi ha basata/Dobbiamo sposarci/Ma mamma, si possono sposare anche i bambini? (risposta negativa) Allora è più complicato del previsto!».
Ciò che spesso ci lascia spiazzati di queste due passerotte è il linguaggio: se ne escono con dei vocaboli insoliti per bimbe della loro età e, ammetto, me ne prendo il merito. A volte mi piace anche solo per ridere rivolgermi a loro con delle parole complesse per suscitarne la curiosità, già galoppante visto che l'altro giorno, nel momento della merenda, la Princi mi ha chiesto di declmarle “La cavallina storna” e “A Silvia”, di raccontarle la storia di Paolo e Francesca domandandomi poi se quello che è andato nell'Inferno era innamorato di Silvia. La Princi è quella dei domandoni che ti infilano a precipizio in un cul de sac da cui è difficile riemergere: perchè il bambino con il pigiama a righe è morto, cos'era il fascismo, perchè Hitler voleva uccidere gli ebrei, perchè quell'altro li metteva ancora vivi nei buchi, che cos'è l'Aids, perchè si muore di cancro...
La Pulci al momento è impegnata in problemi più basici come imparare l'Inno di Mameli e “Il Piave mormorava” per cantarli alle celebrazioni della Grande Guerra o a imparare a usare l'hula hop come sta cercando di fare adesso che si è appena alzata.
E quindi, il blog, anche per oggi, si conclude.
Svesto i panni della Mammaconcelzettoni per tornare Mammaintrincea.

mercoledì 24 ottobre 2018

riflessioni in download

Castello di Malpaga
È già trascorso quasi un mese dal ritorno. Un ritorno che doveva essere accompagnato dalla ripresa del blog, dall'appagamento del desiderio di scrivere – seriamente, stavolta. E invece... E invece, come da manuale, appena acceso il computer sono arrivate le belve. Comunque...
Le vacanze sono state tutte per loro.
La fattoria di Leolandia


La meta principale, quella che ha dato il la alla prenotazione dell'albergo e alla definizione di un itinerario, è stata suggerita da Pulci che negli scorsi mesi, in modo subliminale, ha espresso un velato desiderio:
«Io voglio andare a Leolandia»-«Io voglio andare a Leolandia»-«Io voglio andare a Leolandia»-«Io voglio andare a Leolandia»-«Io voglio andare a Leolandia»-«Io voglio andare a Leolandia»-«Io voglio andare a Leolandia»-«Io voglio andare a Leolandia»-«Io voglio andare a Leolandia».
E Leolandia sia. Così mi sono documentata su prezzi e altre attrazioni nelle vicinanze (ringrazio a questo proposito il blog www.potatofriendly).

Fin qui, ciò che avevo scritto a un mese dal ritorno. Se n'è aggiunto un altro abbondante, con tanti altri argomenti di cui avrei voluto scrivere nel frattempo e ancor più rimorsi per i buoni propositi che mi ero “imposta” durante le vacanze.
Nella camera di Peppa
Buoni propositi che nascono essenzialmente dalla stanchezza.
Sono stanca, stufa di accontentarmi.
Per un lavoro che mi gratifica quanto a soddisfazioni verbali ma senza un equivalente stipendio.
Sono stufa di farmi i conti in tasca se/quando/vorrei comprarmi qualcosa.
Sono stufa di scegliere fra la parrucchiera e l'estetista.
Sono stufa di desiderare di portare le bimbe in viaggio all'estero, di condividere esperienze di week end in grandi città.
Sono stufa, sostanzialmente, di comportarmi bene e cercare di essere sempre corretta perchè tanto fino adesso l'ho sempre presa in quel posto.
Sono stufa di desiderare un terzo cucciolo sapendo che il tempo stringe.
Sono stufa di avere una stanza per me ancora non arredata ma che tempo di riempire, ancora una volta, con i sogni irrealizzati.
Sono stufa di aspettare l'occasione, di attendere che “qualcosa succeda” o che “qualcuno noti le mie capacità”.
Sono stufa di sentirmi dire brava e di impiegare il tempo in progetti che, seppur mi interessano, non hanno poi un corrispettivo.
Sono stufa di ripetermi almeno una volta al giorno: “Natura, perchè non dai/ciò che prometti ai figli tuoi”.
Sono demoralizzata. Sono preoccupata. Sono stanca. Credo si sia capito.

domenica 1 luglio 2018

l'anno che è passato

È già trascorso un anno.
Un anno di scuola, di asilo, di casa nuova. 

Sono già trascorsi quarant'anni: di malinconie, difficoltà, malumori, solitudini, felicità, sorrisi, gioia, soddisfazioni. Il mio pessimismo di fondo bene è espresso dalle emozioni elencate per prime.

Era più o meno un mese che avrei voluto riprendere in mano il blog per lascare alle belve una testimonianza di questo compleanno tanto importante.
Alla mostra Gorizia Magica la scorsa estate
Il primo a cifra tonda insieme a loro.
Poi ci si sono messe le interferenze dell'anno che si stava compiendo, con le recite, gli spettacoli, i saggi, le feste finali.
E, oggi, festeggiamo pure il primo anno di vita a Gorizia.
Ci pensavo oggi, leggendo i molti – a mio avviso: scandalosamente troppi – commenti razzisti sui migranti. Senza dubbio uno dei motivi per cui sono felice di esserci trasferiti è il fatto che entrambe le bimbe abbiano delle classi con molti compagni stranieri. Impensabile a oggi immaginare un mondo chiuso, altrettano inconcepibile sparare sentenze su chi è diverso, dato poi che i diversi, in qualsiasi momento della vita e in qualsiasi circostanza, possiamo essere noi. Poi: diverso da chi e da cosa? Mi torna spesso in mente Shakespeare: «Ma un ebreo non ha occhi? Un ebreo non ha mani, organi, misure, sensi, affetti, passioni, non mangia lo stesso cibo, non viene ferito con le stesse armi, non è soggetto agli stessi disastri, non guarisce allo stesso modo, non sente caldo o freddo nelle stesse estati e inverni allo stesso modo di un cristiano? Se ci ferite noi non sanguiniamo? Se ci solleticate, noi non ridiamo? Se ci avvelenate noi non moriamo? E se ci fate un torto, non ci vendicheremo?»

Certo tutto questo pone dei problemi: rispondere alle domande che la Princi quotidianamente mi sottopone anche in orari in cui manca la lucidità è davvero una bella sfida. Ma fa parte del gioco della sua curiosità, che è uno dei lati più preziosi del suo carattere.
L'anno scolastico appena concluso ci ha rivelato molte sorprese ed è stato ricco di emozioni.
Il primo giorno di scuola
Adesso è obiettivamente troppo presto per riuscirci a cuor leggero, ma tra qualche anno sono certa che rideremo dei pomeriggi alle prese con i compiti, a cui talvolta hanno preso parte anche i miei colleghi sollecitati dai dubbi che mi venivano sottoposti via whatsApp dalla nonna e che davano l'avvio a disperate ricerche su internet sulle caratteristiche dei frutti di stagione.
Ero certa che l'apprendimento non sarebbe stato un problema ma che qualche difficoltà in più l'avrebbe posta la sua sensibilità, per cui non me ne voglia la Princi, ma le sorprese maggiori ce le ha riservate la Pulci.

La gioia dei primi giorni dell'anno
Zitta zitta si è inserita senza problemi chiedendo dopo un paio di mesi di fermarsi a scuola fino al pomeriggio, cosa che la Princi aveva sempre vissuto come una punizione. E altrettanto in silenzio ci ha stupiti con i suoi disegni e lavoretti che, una volta a casa, ha replicato riempiendo il salotto di frammenti di carta, palline di skotch appiccicoso, scie di forbici, binari di pennarelli/matite/smalti per unghie usati come colori. E poi le lezioni di educazione stradale che impartiva durante le passeggiate, i resoconti dei libri letti dal signor M.F., rigorosamente citato con nome e cognome tanto da diventare "uno di casa", i primi fidanzatini soggetti a quotidiani aggiornamenti, i racconti su Pozzallo con i suoi due mari, il "cattello" e il "pesse" che se non lo mangi non ci puoi andare.

Come spesso accade, purtroppo, della vita ti rendi conto quando è gia passata, talmente sei risucchiato dalla routine e dai ritmi del "fai colazione/lavati i denti/vestiti/metti il giubbotto/sali in auto/bacio ci vediamo dopo/avanti: siediti e mangia/apri il quaderno/infila le scarpe/prima portiamo la Pulci a ginnastica/cambia le scarpe per pallavolo/sì, la doccia va fatta con i capelli/preparo la cena/mangiate la verdura/ok, potete un po' di cartoni/fate la pipì/infilatevi nel letto/buonanotte.

So di avervi messo ansia in molti momenti, altrettanta è quella che ho provato nel sapervi a contatto con sfide tanto grandi. È stato un banco di prova per tutti. Spero solo che mi abbiate creduta le volte in cui vi ho detto, fra un urlo e l'altro, quanto fossi orgogliosa di voi.

lunedì 2 aprile 2018

ansie mattutine

Eccomi qui.
Mi sono alzata alle 4.20, ero sveglia dalle 3 credo.
Non so perchè.
Non ho pensieri particolari: se non che continuo a ingrassare, che vorrei non mangiare, che sto trascurando le bimbe, che sto trascurando Lui, che sono nervosa, stanca, che non sono coerente nel comportamento con ciò che cerco di insegnare (ma c'è qualcuno che lo sia?).
Beh, in effetti mi pare già sufficiente per svegliarsi in piena notte.
Penso alle tante cose che vorrei fare senza riuscirci: e forse, se ne facessi solo una di questa interminabile lista, le cose potrebbero andar meglio.
Scrivere.

Cavolo: è da quando ero adolescente, da quando potevo immaginare recensioni che iniziavano con «Questa giovanissima scrittrice» che mi scorrono nella mente frasi del romanzo della mia vita, poi di quella degli altri. Ma scorrono: e a volte sono così veloci che non riesco a catturarle, o non trovo mai il giusto tempo per mettermi seduta a pensarci, o mi lascio deviare dalla fatica che comporterebbe scrivere veramente.
Fatica emotiva, mentale.
Eppure so che dovrei svuotarmi, che magari così riuscirei a sciogliere questo nodo che sento costantemente dentro, questa insoddisfazione perdurante, questo desiderio di fare pulizia di sentimenti ingombranti.
E allora intanto scriviamo qui sul blog.
Di questo periodo difficile per la ripresa del lavoro, per la riorganizzazione di tempi e spazi che hanno stravolto la routine imponendo una quotidianità più faticosa, arrancante, che si è arricchita di soddisfazioni (non moltissime a dire il vero, ma alcune significative) e di nuove persone.
Ne abbiamo risentito tutti di questi nuovi ritmi, con week end completamente stravolti e passati scollegati, pomeriggi incentrati quasi esclusivamente sui compiti, mattinate impostate sul ritmo di continui «Forza che facciamo tardi!» e musi/capricci per il poco e brutto tempo passato insieme.
Spesso in questi mesi ho sperato di essere una mamma da copertina, di quelle da “Come fa a far tutto?” sempre pimpante, allegra e capace di non far pesare la casa da sistemare, gli incastri da organizzare, la spesa da riordinare.
Credo di non esserci mai riuscita.
Ho troppo spesso privilegiato la facciata rispetto al sentimento vero, l'organizzazione di feste che forse nemmeno ricorderanno e di pomeriggi con le amichette che mi sono costati qualche sclero per le pulizie pre e post gioco.
Ho cercato di continuare a essere una mamma che risponde, racconta, spiega, anche il perchè sia tanto importante lavorare. Non sempre sono riuscita ad ascoltare, guardare, vedere cosa stesse succedendo, a non arrabbiarmi o urlare. Mi sono detestata per tutto questo e continuo a farlo.
Senza contare la sensazione di disfatta per il tempo che mi sta sfuggendo dalle mani mentre loro crescono: cosicchè tra poco lo sporadico «Sei la mamma più peggiore del mondo!» non verrà blandito da «Ma sei la più bella delle mamme» così come «Odio la famiglia» (entrambe perle della Pulci) manterrà una sua perdurante stabilità.
Spero, per scaricarmi la coscienza, di non essere stata così terribile come sembro secondo il mio implacabile metro di giudizio.
Il dubbio, però, è di esserlo stata ancor di più. Anche perché loro hanno continuato a regalarmi emozioni.

mercoledì 14 febbraio 2018

Quattro anni di troppo poco amore

Non avrei potuto terminare la giornata senza scriverti quanto ti amo. Quanto ti ho desiderata, amata fin dal primo momento ma anche temuta: perchè eri una piccola rivoluzione in una routine già rodata di pannolini, passeggini, sorrisi. E a te so di averne dati troppo pochi, di sorrisi, abbracci e coccole, per il timore di farne perdere a chi ti aveva preceduta.

Ma tu sei Emma di nome e di fatto: una guerriera che dalla trisnonna ha ereditato il carattere tosto amplificando la dolcezza che mi dimostrava quando la accompagnavo in camera per il riposo pomeridiano.

Vorrei averti stretta di più, coccolata di più, guardato sempre con dolcezza e ora penso spesso che sia troppo tardi: perchè i tuoi capricci e la tua intraprendenza mi fanno scordare l'amore, la comprensione, la tenerezza e il bisogno che hai di stare insieme.
Poi però arriva sempre il momento in cui mi guardi e ti fisso anche io: in quegli occhi in cui ci si può perdere per ritrovarci tutto il bene che ci vuoi.
La tua tenerezza, che esprimi nei tuoi inaspettati ma frequenti «Mamma, ti voglio tanto bene!» o nelle volte in cui cedi di fronte alle richieste dispotiche di tua sorella per giocare a ciò che vuole lei o mangiare solo lei qualcosa.

Mi chiedo come e quando tu sia diventata così, dove siano andati questi quattro anni: perchè mi sembra di non ricordare nemmeno una delle volte in cui ti ho cambiata, vestita o fatto il bagnetto, troppo presa com'ero dal cercare di non dispensare cumuli di affetto in una sola direzione.
Sei la gioia pura del tuo sguardo felice quando hai visto accendersi le luci di Natale in piazza. Sei le tue manine con le dita martoriate perchè sempre in bocca. Sei il ricciolo che ti esce dalla coda. Sei i capricci ogni mattina per mettere le scarpe di Frozen. Sei quella che «Se non fai la brava mamma ti riprende il soldino» e tu, con sguardo di sfida, apri il portamonete e mi allunghi lo spicciolo sul tavolo. Sei “lamarrone” (il marrone), “anto” (alto), “siuaua” (chihuaua), “sarfofago” (sarcofago, perchè vieni trascinata nelle passioni di Sofia per gli egizi), "la maettra Bibiana" e “la mia sorella”, che dici con profondo, sincero e crescente orgoglio soprattutto nelle ultime settimane. Sei quella che risponde «se (=c'è) caccosa che non mi convinse» quando ti ho chiesto se ti piace il corso di ginnastica.
Sei i tuoi disegni sempre più accurati e complicati nonostante spesso tu dica di non saperli fare. Sei il semaforo quasi sempre verde all'asilo e che quindi mi fa presagire tempesta a casa.

Sei il tormento di Degas, il punchball di Sofia, un pasticcio continuo, una pensata sempre nuova, una contestazione perenne, una testardissima peste.  
Ma sei Emma. E guai se non ci fossi.
Perchè San Valentino non avrebbe più senso senza di te.

martedì 30 gennaio 2018

SEI. Sei tanto, sei tu

Vorrei ricordare la morbidezza delle tue guance sotto le mie labbra per sempre.
Vorrei ricordare all'infinito le perle luminose con cui tu e tua sorella mi guardavate stamattina.
Vorrei imprimere nel cuore il vostro comune dissenso quando avete fatto no all'unisono, senza neppure guardarvi, non appena vi ho chiesto se siete contente che la mamma lavori.

Mi piacerebbe ricordare il profumo che avevi da neonata, la difficoltà che ho fatto per tenerti in braccio nel modo giusto, i momenti in cui ti cambiavo il pannolino: ma il tempo è trascorso troppo in fretta. E, soprattutto, è trascorso con un carico di paure sul “farò bene, farò male/oddio che succederà/cosa avrà/perchè piange” che ha accelerato e portato via con sé quelli che potevano essere bei momenti.
Sarebbe bello ricordarsi solo le volte in cui hai riso, quelle in cui ti abbiamo fatto ridere, la dolcezza con cui ti guardavo e con cui mi rispondevi in silenzio, la prima volta in cui ti ho dato una pappina, quella in cui ti sei alzata da sola, quando hai detto “mamma” schiudendo un mondo di domande, affermazioni e curiosità che vorrei tenere nel cuore.
Vorrei ricordare il momento in cui ti abbiamo detto che sarebbe arrivata la Pulci, quando ti ho accompagnata per la prima volta all'asilo, la prima volta in cui mi hai parlato dei tuoi amichetti e ho capito che ti stavo lentamente ma inesorabilmente, naturalmente, perdendo. Vorrei ricordare per sempre i tuoi sguardi interrogativi quando ti accompagno a scuola, mettere da parte le volte in cui ti prende la malinconia perchè ci siamo trasferiti e vorresti tornare alla materna: ma non si può, nonostante tu voglia ingegnarti per creare una macchina del tempo e, come ti ho detto ieri sera, anche a me piacerebbe tornare indietro e ci andrei volentieri io, a scuola al posto tuo.

Vorrei cancellare dai ricordi i tuoi capricci, le tue intemperanze così come quando accadono vorrei nascondere la testa sotto la sabbia: poi ci penso, e in quella Princi malinconica, rabbiosa, che vorrebbe avere tutto e sempre di più senza neppure sapere cosa vedo che ci sono io. E non so comunque come prenderti.


Ricordo il momento in cui ho visto le due linee sul test, l'emozione delle ecografie, le volte in cui ti ho inconsapevolmente trasportata per biblioteche ancora nella navicella madre, il pomeriggio in cui ti sei calmata per la prima volta sentendomi cantare “Raggio di sole” quando tornavamo in auto da Trieste e hai finalmente smesso di darmi calci, la volta in cui ti ho vista: ed eri bellissima, ma non sono riuscita a dirti nulla così come per alcuni giorni non sono riuscita a chiamarti in nessun modo. Perchè non mi sembrava vero che fossi lì, che fossi mia, che dipendessi solo ed esclusivamente da me: un compito troppo grande e difficile.

Ma ora, giorno dopo giorno, lo diventa sempre di più.
Spero riuscirai a perdonarmi per i molti errori che sto commettendo e commetterò in futuro.
Stasera ti sei messa a piangere perchè avresti preteso, domani mattina, di trovare un regalo da scartare prima della colazione.
Spero ti accontenterai, tra qualche anno, di avere una pagina da leggere per ogni tuo compleanno


Auguri piccola Princi. Resta sempre come sei: curiosa, testarda, dolcissima.
Resta tu.