venerdì 15 luglio 2016

Ieri, oggi, domani


Ieri: il nostro anniversario di matrimonio, la prima sera delle belve sole con gli zii. Ieri: nella mia città degli immigrati hanno preso a sassate un cigno sulla riva del fiume, pare solo per passare il tempo. Ieri: a Nizza, un nuovo attacco terroristico, decine di morti, feriti, un panico incommensurabile.

Oggi: la festa per i quarant’anni di attività del papà-nonno. Oggi: una valanga di commenti su facebook su quanto accaduto. Per entrambi i fatti. Oggi: ho deciso di accendere finalmente la tv per guardarmi un telegiornale, cosa che non faccio da mesi. Oggi: ho sentito l’urgenza di scrivere, perché non posso ignorare ciò che è successo e, per farlo, devo uscire dal rincorrersi di “mamma, ho sete! mina (=mammina, in emmese), mina, mina! cappa pipì! mina, mio pancino tanta fame (in perfetto Masha style)” in cui sono involtolata da mesi, anche piacevolmente.

Ho postato qualcosa anche io a proposito del cigno. Non me la sento di commentare quanto accaduto a Nizza. Ma è da qui che ho percepito la necessità di uscire dalla mammitudine, da un commento di un’amica che ha tristemente scritto come in momenti simili quasi si penta di aver avuto dei figli.

Pure io. Ma non perché abbia paura per loro. Può sembrare innaturale e stupido. La mia paura nasce dal non sapere come crescerle. Perché non voglio che si abituino al clima di odio che sento montare tutto attorno nei confronti degli stranieri. Non voglio che abbiano timore di salire su un treno perchè potrebbe esserci un unico binario a un certo punto del loro viaggio. Non voglio che decidano di rinunciare a un’università all’estero o a comprarsi una maglietta al centro commerciale che dista dieci chilometri da casa  perché ci potrebbero essere degli attentati. Vorrei invece riuscire a far capire loro che il male c’è, purtroppo sì. Ma c’è, purtroppissimo, dappertutto. Chi invoca pene di morte, lavori forzati o simili per gli stranieri che hanno martoriato il cigno non pensa a quanti – italiani, cattolici – torturano gli animali, anche i propri: e anche in questo caso, lo fanno per il gusto di far qualcosa. Proprio come i ragazzini che deteriorano i giochi del parco con scritte oscene o che urlano fino a notte fonda sotto casa (nostra) e lasciano immondizie ovunque. E sono italiani. Vorrei che avessero fiducia negli altri ma fossero anche dotate di antenne per tenersi lontano da falsi amici. Vorrei che non dovessero mai conoscere il dolore e la sofferenza ma anche che fossero capaci di aiutare chi ha bisogno e soffre. Vorrei che fossero in grado di ragionare sempre con la propria testa, senza lasciarsi trascinare dall’opinione altrui. Vorrei che fossero in grado di difendersi, con le parole, con i fatti, se ne avessero bisogno. Vorrei vivessero in un mondo in cui anche gli altri siano rispettosi. Perché il timore maggiore è che crescano sensibili fra persone che non lo sono.

Nota: sono parole scritte di getto, con il cuore in mano. E purtroppo non riviste perché i cinque minuti di uscita dalla mammitudine sono scaduti...

Nessun commento:

Posta un commento