martedì 2 febbraio 2016

lettera a una Princi nel giorno del suo compleanno (o quasi)


Cara Princi,
da poco ti ho lasciata addormentata nel tuo lettino dopo averti cantato la solita compilation de gregoriana. Come ogni giorno, mi chiedo come saranno le ore che passeremo insieme e cerco di “istruirmi” su come ti risponderò.
Non è sempre facile, lo sai già anche tu.
Non è sempre facile riuscire a capire e gestire la tua stanchezza quando vengo a prenderti a scuola di pomeriggio.
Immaginare quello che tu a tua volta immagini di quale possa essere stata la mia giornata fino allora – che senz’altro vedi invasa da Briciolina.
Non è sempre facile gestire i tuoi capricci con pazienza, rispondere con un abbraccio e una carezza ai tuoi strilli, trovare parole sufficientemente dolci per porre fine a un braccio di ferro con quell’ “intrusa” che ti ruba papi, mamma e i tuoi giochi (non necessariamente in quest’ordine di importanza).

E allora, cara Princi, ti chiedo scusa.

Per le volte in cui alzo troppo la voce.
Per quando minaccio punizioni.
Per le volte in cui ti rimprovero se non finisci ciò che hai nel piatto.
Per quando non rispondo con sufficiente solerzia ai tuoi continui richiami.
Per le volte in cui non mi siedo con te a giocare.
Per le volte in cui spendo troppo tempo a pulire e/o cucinare.
Perché non ho la voglia, la forza, il desiderio di cercare un lavoro serio fuori casa: voci di popolo dicono che se lo facessi, il tempo passato con voi ne uscirebbe migliorato. Ma non ne sono convinta. Certo sarebbe migliore l’immagine esteriore che – necessariamente – dovrei avere, essendo costretta a controllare di non uscire con una maglia impiastricciata di cioccolata o dovendo aggiornare costantemente guardaroba e agenda con appuntamenti dal parrucchiere.

Ma spesso vorrei che anche tu potessi chiedere scusa, davvero: non come fai già, aggiungendo “non farò più i capricci”.
Vorrei che anche tu riuscissi a capire la mia e la nostra stanchezza.
Perché per parlare insieme a papi ci siamo allenati a farlo tra un “non picchiare” e un cambio pannolino.
Perché alzandomi alle 6.30, magari avendo solo dormicchiato per i vostri continui risvegli notturni, alle due del pomeriggio sono stanca anch’io: ma non posso andare a riposare, perché devo sfruttare quell’ora e mezza-due del vostro pisolino (si spera congiunto) per scrivere un articolo, prepararmi per una mostra, leggere un catalogo, impastare la pizza, pulire il bagno, svuotare la lavastoviglie, riempire la lavatrice, piegare i panni usciti dall’asciugatrice: il tutto non necessariamente in momenti diversi.
Perché non riesco a staccare da te/voi senza sentirmi mozzata, e vedo le vostre faccine nelle linee di Mirò o ritrovo le vostre buffe frasi nelle pagine di un libro (vabbè, questa è pura licenza poetica visto che non riesco a leggere veramente).

Allora, Princi, facciamo così: proviamo a chiederci scusa insieme.
Standoci vicine.
Tu, insegnandomi come si gioca al cane (io) e al padrone, alla mamma e al bambino (tu: quindi, il gioco non è veramente tale riproducendo per molti versi la realtà), al cinema spostando tutte le sedie del salotto, alla tenda aprendo la coperta di pile blu e agganciandola ovunque sia possibile.
Da parte mia, cercherò in ogni tuo momento di difficoltà di trovare nei tuoi occhi di perla l’immagine di quella bambina che – nell’andirivieni dei preparativi per il pranzo di Natale – si nascose dietro la porta del soggiorno. E quando ne uscì dopo un tempo a suo parere interminabile, scoppiò a piangere protestando perché nessuno si era accorto della sua presenza e desiderava tanto un abbraccio anziché un rimprovero. E quella bambina ero io.
Buon compleanno Princi.
Oggi, quattro anni fa, mi stavo ancora chiedendo nel letto di ospedale come sarebbe stato quando – il giorno dopo – ti avremmo portata a casa. È come un lungo e quotidiano cammino sulla fune del trapezista, in bilico fra un capriccio e una richiesta. È sentirsi costantemente inadeguati, sempre manchevoli: perché se anche hai fatto del tuo meglio, ci sarà sempre qualcosa che per te non sarà al suo posto. È sentirsi risucchiati dalle tue/vostre esigenze e bisogni, dal desiderio di assicurarti/vi la felicità: che non sempre coincide con la tua. Tranne quando fisso gli occhi nei tuoi e ci trovo dolcezza. Amore.

La tua per sempre mammaconcalzettoni

Nessun commento:

Posta un commento