Doveva essere l’evento dell’anno
(senza nulla togliere al prossimo matrimonio dei cuginetti), preparato da
almeno un mese e mezzo, pensato – nella testa della Princi ma pure nella mia –
dal momento in cui abbiamo chiuso la porta dell’oratorio alla fine di quello del
2015.
Tema Frozen? Mia & me? Masha e
Orso? Winx (dio ce ne scampi e liberi)? Gli argomenti si sono susseguiti a una
velocità 2.0. Poi: decidere se fare una festa per ciascuna o un genetliaco
cumulativo. Forse, se in questo cumulo avessimo compreso anche il compleLui e
il complenonna avremmo avuto più successo.
Tenere tutto sotto controllo è
difficile: riuscire a pensare a cosa preparare, dove festeggiare, come
allestire, che giochi proporre, che musiche mandare in sottofondo... Ma il
problema principale è quello che sembra più banale: quando festeggiare.
Quest’anno l’abbiamo presa brutta. Pur
di avere la location abituale dei compleanni di tutti i compagni di scuola, pur
di avere con noi parenti e amici che altrimenti avrebbero lavorato, abbiamo
optato per la domenica. Giorno comodissimo per chi non lavora e pure per chi
organizza.
Ma non abbiamo pensato al Carnevale. O meglio: ci ho pensato solo nel momento in cui, nei biglietti
di invito, ho aggiunto la postilla sulla possibilità di venire in maschera,
cosa che lo scorso anno era stata apprezzata.
E invece, quest’anno, le
concomitanti sfilate e/o veglioni pomeridiani hanno la meglio, così come le
possibilità di fuga dalla città incentivate dai seguenti tre giorni di chiusura
delle scuole.
Quindi, uno alla volta, la maggior
parte solo se sollecitati a confermare o meno la presenza, ha defezionato.
E quindi, zappa sui piedi per me.
Perché penso che forse avrei fatto
bene se avessi consegnato gli inviti con maggiore anticipo.
Perché forse avrei dovuto ascoltare
la Princi quando rispondeva «Sì!» a ogni nome dell’intero elenco dei bambini della
scuola che le chiedevo se avessimo dovuto includere nella lista.
Perché, in un delirio di
onnipotenza, penso che forse non vengono perché sono io a stare antipatica ai
genitori.
E poi, al di là del risvolto
positivo dato dalla conferma che ho fatto bene a non intraprendere la carriera
di organizzatrice di eventi, scatta la ricerca di un piano B.
Ma non c’è.
Ti senti ancor peggio se ripensi
alla figura barbina di sfilare davanti ai genitori per consegnare inviti
sentendoti scrutata con un cipiglio «E perché mio figlio no?»: magari chi non
ha ricevuto l’invito sarebbe venuto.
E pensi pure che avresti fatto
davvero bene a invitare il bimbo la cui mamma oggi, in attesa dell’uscita dei
pargoli, ti ha chiesto con vera preoccupazione «Come va?», “solo” perché ieri e
oggi ti ha vista male. Unico “evento” di
questi ultimi giorni ad avermi aperto il cuore. Una persona che si
interessa a te e che, nella fretta, ha avuto il tempo di osservarti, capire che
qualcosa non va e interessarsi.
Vabbè, ormai andrà come deve andare. Bene comunque, spero: perché chi ci
sarà, ci sarà con il cuore. E perchè le nostre Elsa e Anna, o Sciacscia e Upo come dice Briciolina, ,festeggeranno comunque insieme.
E perché comunque una delle
principali preoccupazioni della Princi era avere i pop corn (e li avrà). Seconda
preoccupazione, espressa mentre salivamo le scale: «Mamma, ma la festeggiata può
mangiare?». «Certo! Anzi: può mangiare le cose più speciali. Preparerò un
panino con un salame intero con sopra il tuo nome, che dici?».
Spero le basti per alleviare il
disappunto di quando le ho detto che saremo meno del previsto. E, per cercare
di compensare ulteriormente, la sera dopo ci sarà una nuova festa: il
complenonna. Ancora non si sa con quanti partecipanti.
Nessun commento:
Posta un commento