Da dove cominciare?
Da otto giorni fa, da oggi, da lunedì prossimo?
Diciamo da oggi.
Oggi che, a qualche giorno di distanza dal
soggiorno-villeggiatura in ospedale (durato troppo poco per farmi coccolare e
riposare a dovere) trascorro di nuovo
qualche ora da sola con la Pulci, complice una festa di compleanno a cui
Lui ha portato la Princi capendo (finalmente) i motivi della mia non voglia e
scusandoli con un «Hai ragione: meglio se stai a casa a riposare».
Oggi in realtà non ho
riposato molto, ma va bene così: sia perché la Pulci stanotte mi ha
regalato un solo risveglio/poppata, sia perché ho voluto prendermi un po’ cura
della casa, fatto che non credo si ripeterà con tanta frequenza d’ora in poi.
Mi sembra tutto così strano: pensare che appunto una settimana
fa ero in ospedale; che otto giorni fa ho vissuto quell’incredibile esperienza
dell’allunaggio – esperienza completamente diversa dal primo approdo; che in pochi
giorni siano cambiate tante cose e che giovedì pomeriggio, pur presentendolo,
non potevo affermare con sicurezza che di lì a breve avremmo assistito a tanti
cambiamenti.
Come mi sento oggi?
E’ una strana sensazione sentirselo chiedere dalla mamma-nonna,
solitamente più attenta allo stare fisico anziché psicologico; più “normale”
sentirselo chiedere dalla Nonna 2; piacevole sentirselo domandare dalla zia M.
e da chiunque possa, per vari motivi, ritenersi insospettabile a certe
curiosità e attenzioni.
Mi sento…
che spesso
mi viene da piangere: perché guardo il sorriso e la felicità della Princi e temo di
averle fatto un torto “regalandole” la Pulci, temo di non riuscire ad amarla
quanto merita, di non poterle dedicare le attenzioni che dovrei e vorrei: e
questo ora che è Lui a occuparsi principalmente di lei; e mi chiedo come sarà lunedì quando tornerà al lavoro.
Mi sento…
che ho paura al pensiero
che, appunto, da lunedì Lui non sarà presente h24 al mio fianco: per prendersi
cura della Princi, giocare con lei, prendersi cura di me preparandomi mezzo chilo di insalata come ha fatto ieri sera o pulendo la casa senza che io glielo chieda.
E per tutto questo aiuto, auspicato
ma di cui tutto sommato non lo credevo capace, passa davvero in quarto piano il fatto che non mi abbia portato nemmeno
una rosa in ospedale.
Mi sento…
che guardo la Pulci e mi
viene da piangere: perché è così piccola, bella, perfetta, con ogni cosa al
posto giusto, così simile alla Princi eppure così diversa. Perché come ha detto
la dottoressa A., con cui siamo riusciti a parlare in extremis giovedì
pomeriggio prima dell’allunaggio, ogni figlio è diverso perché arriva in un
momento diverso, quando noi siamo diversi. La guardo e mi viene da piangere perché
mi sembra impossibile sia stata lei a farmi sentire un dirigibile, a farmi
muovere come un pachiderma con l’artrosi, a provocarmi tante nausee nei primi tre
mesi, a farmi sentire infinitamente stanca e con forze talmente ridotte da non
riuscire a star dietro alla Princi.
Piccola fotografa all'opera: particolare di piedini e frammento di gatto |
Mi sento…
che mi viene da piangere
pensando agli ultimi giorni trascorsi a tu per tu con la Princi: giorni che
rimpiango perché eravamo appiccicosamente, forse troppo ossessivamente io e lei,
con una piacevole routine che superava gli scogli dei capricci che di tanto in
tanto ci regalava. E quando ora – la mattina – riesco a leggerle un libro sedute
vicine sul divano mi sembra un deja vù ma tutto diverso.
Mi sento…
che mi viene
da piangere perché sono entrambe così speciali, belle, divertenti, mie: perché in
questo secondo allunaggio non ho dovuto imparare il senso di maternità, aspettare
che si manifestasse scovandolo da chissà quale angolo di me. Questa volta mi sono sentita subito mamma, e non perché
lo fossi già. O, almeno, non solo per quello. Sapendo cosa stesse per succedere
“oggettivamente” prima dell’approdo, sapendo che non si sarebbe rotta prendendola
in braccio la prima volta, sapendo dove mettere le mani per cambiarle il primo
pannolino, sapendo gestire le perdite del post parto, i super sexy mutandoni di
rete, i reggiseni da allattamento: sapendo tutto questo ho potuto concentrarmi
sulle emozioni, le sensazioni di questa seconda ma nuova esperienza. Così da riuscire a chiamarla «Amore» appena
l’ho vista.
Certo: non mi sarebbe dispiaciuto trascorrere un giorno in più
nella bambagia dell’ospedale, circondata dalle attenzioni di tutto il
personale, della famiglia e degli amici per dirottare le attenzioni che
ricevevo verso la Pulci, dedicandomi solo a lei e a conoscerla. Perché, a ben vedere, quei tre giorni sono
stati gli unici in cui io sono stata solo sua e lei solo mia.
Ma è stato forse più giusto dissolvere la bolla di sapone per
tornare alla realtà e alla Princi: che di giorno fa la dura e cerca solo papà,
ma di notte si sveglia chiamando mamma. E riuscire a giostrarmi fra lei e le
poppate della Pulci è un rebus in via di risoluzione, mai definitiva.
Ancora tante congratulazioni....
RispondiEliminaKatia