sabato 22 febbraio 2014

Tu chiamale, se vuoi, emozioni


Da dove cominciare?
Da otto giorni fa, da oggi, da lunedì prossimo?

Diciamo da oggi.

Oggi che, a qualche giorno di distanza dal soggiorno-villeggiatura in ospedale (durato troppo poco per farmi coccolare e riposare a dovere) trascorro di nuovo qualche ora da sola con la Pulci, complice una festa di compleanno a cui Lui ha portato la Princi capendo (finalmente) i motivi della mia non voglia e scusandoli con un «Hai ragione: meglio se stai a casa a riposare».
Oggi in realtà non ho riposato molto, ma va bene così: sia perché la Pulci stanotte mi ha regalato un solo risveglio/poppata, sia perché ho voluto prendermi un po’ cura della casa, fatto che non credo si ripeterà con tanta frequenza d’ora in poi.

Mi sembra tutto così strano: pensare che appunto una settimana fa ero in ospedale; che otto giorni fa ho vissuto quell’incredibile esperienza dell’allunaggio – esperienza completamente diversa dal primo approdo; che in pochi giorni siano cambiate tante cose e che giovedì pomeriggio, pur presentendolo, non potevo affermare con sicurezza che di lì a breve avremmo assistito a tanti cambiamenti.

Come mi sento oggi?
E’ una strana sensazione sentirselo chiedere dalla mamma-nonna, solitamente più attenta allo stare fisico anziché psicologico; più “normale” sentirselo chiedere dalla Nonna 2; piacevole sentirselo domandare dalla zia M. e da chiunque possa, per vari motivi, ritenersi insospettabile a certe curiosità e attenzioni.

Mi sento…
che spesso mi viene da piangere: perché guardo il sorriso e la felicità della Princi e temo di averle fatto un torto “regalandole” la Pulci, temo di non riuscire ad amarla quanto merita, di non poterle dedicare le attenzioni che dovrei e vorrei: e questo ora che è Lui a occuparsi principalmente di lei; e mi chiedo come sarà lunedì quando tornerà al lavoro.

Mi sento…
che ho paura al pensiero che, appunto, da lunedì Lui non sarà presente h24 al mio fianco: per prendersi cura della Princi, giocare con lei, prendersi cura di me preparandomi mezzo chilo di insalata come ha fatto ieri sera o pulendo la casa senza che io glielo chieda. E per tutto questo aiuto, auspicato ma di cui tutto sommato non lo credevo capace, passa davvero in quarto piano il fatto che non mi abbia portato nemmeno una rosa in ospedale.

Mi sento…
che guardo la Pulci e mi viene da piangere: perché è così piccola, bella, perfetta, con ogni cosa al posto giusto, così simile alla Princi eppure così diversa. Perché come ha detto la dottoressa A., con cui siamo riusciti a parlare in extremis giovedì pomeriggio prima dell’allunaggio, ogni figlio è diverso perché arriva in un momento diverso, quando noi siamo diversi. La guardo e mi viene da piangere perché mi sembra impossibile sia stata lei a farmi sentire un dirigibile, a farmi muovere come un pachiderma con l’artrosi, a provocarmi tante nausee nei primi tre mesi, a farmi sentire infinitamente stanca e con forze talmente ridotte da non riuscire a star dietro alla Princi.

Piccola fotografa all'opera: particolare di piedini e frammento di gatto
Mi sento…
che mi viene da piangere pensando agli ultimi giorni trascorsi a tu per tu con la Princi: giorni che rimpiango perché eravamo appiccicosamente, forse troppo ossessivamente io e lei, con una piacevole routine che superava gli scogli dei capricci che di tanto in tanto ci regalava. E quando ora – la mattina – riesco a leggerle un libro sedute vicine sul divano mi sembra un deja vù ma tutto diverso.

Mi sento…
che mi viene da piangere perché sono entrambe così speciali, belle, divertenti, mie: perché in questo secondo allunaggio non ho dovuto imparare il senso di maternità, aspettare che si manifestasse scovandolo da chissà quale angolo di me. Questa volta mi sono sentita subito mamma, e non perché lo fossi già. O, almeno, non solo per quello. Sapendo cosa stesse per succedere “oggettivamente” prima dell’approdo, sapendo che non si sarebbe rotta prendendola in braccio la prima volta, sapendo dove mettere le mani per cambiarle il primo pannolino, sapendo gestire le perdite del post parto, i super sexy mutandoni di rete, i reggiseni da allattamento: sapendo tutto questo ho potuto concentrarmi sulle emozioni, le sensazioni di questa seconda ma nuova esperienza. Così da riuscire a chiamarla «Amore» appena l’ho vista.

Certo: non mi sarebbe dispiaciuto trascorrere un giorno in più nella bambagia dell’ospedale, circondata dalle attenzioni di tutto il personale, della famiglia e degli amici per dirottare le attenzioni che ricevevo verso la Pulci, dedicandomi solo a lei e a conoscerla. Perché, a ben vedere, quei tre giorni sono stati gli unici in cui io sono stata solo sua e lei solo mia.

Ma è stato forse più giusto dissolvere la bolla di sapone per tornare alla realtà e alla Princi: che di giorno fa la dura e cerca solo papà, ma di notte si sveglia chiamando mamma. E riuscire a giostrarmi fra lei e le poppate della Pulci è un rebus in via di risoluzione, mai definitiva.

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