Avviso ai naviganti: fingiamo che entrambi i post successivi siano stati completati e pubblicati il giorno in cui sono stati iniziati e cioè lunedì 30 dicembre e venerdì 3 gennaio.
Le giornate dovrebbero essere lunghe il doppio per poter tenere
il passo e registrare con puntualità ciò che succede alla Pulci e come cresce
la Princi. Inevitabilmente, il blog sta perdendo molto: perché – se possibile –
per entrambe le cose l’evoluzione è più rapida del tempo, tanto che non riesco
neppure a prendere un foglio di carta per appuntarci sopra qualcosa. E avere la testa piena di pensieri che
premono per essere scritti mi causa l’insonnia.
Comunque, partiamo. Oggi approfitto di una giornata Princi-free: faticosa, a dire il vero, forse soltanto
perché non sono abituata a stare senza di lei e mi sento tremila volte in colpa
per averla “abbandonata” dalla nonna. Non importa se so che si diverte, non
importa se so che sta bene. Magari avrei dovuto abituarmi di più e prima a
stare un po’ lontane; magari no. Chissà. Curioso, peraltro, che solo ora Lui e
io ci siamo accorti che ogni tanto ci si possa prendere un pomeriggio per noi:
ora che il tempo sta per scadere ed essere nuovamente ingoiato da un minuscolo
esserino in-toto-dipendente.
Comunque, dicevo, approfitto per fare un po’ il punto.
Pulci start
up.
Per quanto riguarda la piccola, con oggi siamo a 33 settimane. Meno sei, dunque, se
dovesse arrivare in orario; meno una alle fatidiche 34 settimane che sono
sufficienti perché l’allunaggio avvenga nel nostro ospedale. E, in ogni caso,
sarà una delle ultime nate del reparto:
perché pare che stavolta chiuderà davvero, definitivamente, il 28 febbraio.
Niente più bambini nati nell’aria di casa e di familiarità,
niente più coccole a neonati e mamme. Ci si dovrà per forza rivolgere (e non
solo per eventi felici come le nascite ma pure per eventuali problemi
ginecologici) ai partifici dei dintorni: che tanto dintorni non sono, visto che
distano 30-40 km. Mi chiedo come faranno le donne straniere, che orami
costituiscono un importante bacino di nascite anche qui e che non credo siano
tutte dotate di auto. Ma tanto, che gliene frega a chi prende le decisioni?
Ok, sto andando fuori tema. Tornando alla Pulci, ieri ho pure preparato il borsone: gigantesco come
era per la Princi, pieno di dubbi e ansie come due anni fa. Come si annuncerà l’avvio dell’allunaggio?
Come farò se sarò da sola con la Princi? Riusciremo a prepararla per uscire al
volo senza spaventarla? Lo sgancio della navicella sarà davvero più rapido del
precedente? Riuscirò a tornare a casa abbandonando l’atmosfera ovattata dell’ospedale,
che questa volta mi sembrerà ancora più morbida di fronte alla prospettiva di
trovarmi sola con due belve mamma-dipendenti? Come saranno le mie giornate? E
le nostre giornate (mie e di Lui)? E le nostre giornate (mie, di Lui e della
Princi)? E mi ricorderò come infilare tutine, lottare con bottoncini,
fronteggiare le mega cacchine sante con contorno di bacinelle disseminate in
bagno, stile campo minato, per i body in ammollo?
Speriamo che sia tutto meravigliosamente felice, che riusciremo
a uscire senza che io dimentichi i bigodini in testa (ipotesi che rientra nel
campo dell’impossibile data la lunghezza dei capelli) e con almeno un filo di
fondotinta a coprire le occhiaie. Guardiamo con tenerezza le coppie che hanno
due bimbe di età ravvicinata: se ce l’hanno fatta loro ci riusciremo pure noi.
E ci auguriamo che la Princi accetti di buon grado il cambiamento e si affezioni
alla sorellina almeno quanto si è affezionata alla sua agognata bambola con il
ciuccio portata da Babbo Natale.
Progressinci
Il pediatra mi aveva detto di non preoccuparmi se ancora non
parlava come una macchinetta. E infatti eccoci qua, con lei che stamattina –
pronta ad uscire – si affaccia alla porta del bagno per incalzarmi: «Dai mamma!». Difficile registrare i
progressi del suo vocabolario, che si amplia di attimo in attimo raccogliendo
tutto ciò che sente dire e migliorandolo quotidianamente. Quello che fino
all’altro ieri era “Giò”, ora è diventato “George” e Peppa ha il suo nome
compiuto, non più un indistinto grugnito a indicarla. L’elenco dei personaggi
dei cartoni potrebbe continuare con “Forte” (Barbaforte), Pimpa e “Mando”
mentre nel loro complesso i Barbapapà sono ancora “Barbabarbabarbapapà” (con
una quantità di barba che muta di volta in volta). La tenerezza ci si è sciolta
nel cuore quando, dieci giorni fa, è riuscita a dire Eli, Atti/Attilio, mentre
la Mamma-nonna è un giro Manu e un giro Ela. Con i nomi delle zie dobbiamo
ancora iniziare il training che sarà bello lungo dato il loro numero; siamo
invece al completo con i nomi degli animali di famiglia. Lei, oltre a essere “Ia”, è Ciccipò: questo è il nome che
recentemente si è data, senza sapere da dove l’abbia preso ma che le si adatta
alla perfezione, tondo e simpatico com’è lei.
Dal 31, poi, è un continuo esclamare «Sì cetto»: affermazione che talvolta (9 su 10) suona come una
presa per i fondelli. Ma fa tanto ridere, come certe sue espressioni serie se
apre il libro delle novelle di Verga trovato sul mio comodino o l’indice
puntato sulla bocca in atteggiamento riflessivo.
Da quando siamo rientrati a casa, però, un problema c’è ed è
tanto per cambiare con il sonno: la sera non
c’è verso di andare a nanna prima delle 22.30, preferibilmente accompagnata
da entrambi nel suo lettino. Poi però la mattina si sveglia più tardi: arriva
in salotto (a volte in camera, visto che ultimamente anche noi dormiamo di più)
con Winnie Pooh e Ih Oh sotto braccio e comincia a spargere baciotti, abbracci
e sorrisi.
E questi coinvolgono pure il
Grande Cocomero, qualche giorno fa nutrito attraverso l’ombelico con il
biberon della nuova bambolina e ieri riempito di baci. Unico problema: se qualcuno le chiede dove sia la sorellina
lei, incurante se io abbia la gonna o una maglia vestito, si premura di alzarla
per far meglio notare la già notevole rotondità.
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