martedì 3 settembre 2013

che prezzo ha la libertà?




Ieri ho avuto la malsana idea di trascorrere ben sei ore da sola; anzi: addirittura di pensare un po’ a me; di più: mi sono permessa di divertirmi e rilassarmi.
Sapevo che l’avrei pagata: o forse l’ho pagata perché, sotto sotto, un filo di senso di colpa lo dovevo avere anche se nascosto sotto lo stupore di ritrovarmi con la casa vuota e il sollievo portato dal silenzio. O forse l’ho pagata perché dovrei concedermi più momenti da single-non mamma-dottoranda di ritorno: la Princi ci sarebbe più abituata.

E credo dovrei farlo soprattutto ora: credo dovrei farlo per rispetto a Pulci.
Certo: ricalcare un percorso di incontri pre-parto, mattinate in piscina e visite analogo a quello seguito durante il viaggio della Princi è difficile, proprio perché ora c’è lei e pure un lavoro che a quel tempo mancava. Ora ci sono tre agendine da amministrare: la mia del tempo libero (ossia, per l’appunto, le visite e i corsi pre-parto, compreso quello in piscina: quindi, a ben vedere, sono comunque impegni e non propriamente “cose che mi piacerebbe fare/cose per me”), la mia del lavoro e quella della Princi, che volevo costruire attorno alla ripresa della piscina (per vedere se si placa la sua “ansia da doccia”) e dei laboratori creativi dell’associazione di cui facciamo (anzi: faremo nuovamente) parte.

Ieri la giornata aveva in programma qualche ora di studio casalingo e solitario per prepararmi al prossimo, sempre più imminente convegno cui sono stata invitata a partecipare. Grazie alla disponibilità della Mamma-nonna – cui andrebbe eretto un monumento visto che, nonostante il pessimo momento, ha sempre tempo e amore per noi – appena è venuta a prelevarla (già: perché ha fatto pure questo!)  ho chiuso la porta di casa e sono andata in palestra. Sì, roba da pazzi dato come mi sono sentita nel week end, quando ho rischiato di cadere a terra da un momento all’altro per la stanchezza unita a innumerevoli e poco piacevoli gite in bagno.

Ma la giornata era cominciata bene: brioche riempita di Nutella per festeggiare una notte in cui, finalmente, tutti abbiamo dormito meglio. E ognuno al suo posto: cosa che è stata possibile solo a seguito di un mio piccolo braccio di ferro con la Princi risolto ricordandole che Peppa dorme nel suo lettino con Teddy e non assieme a Mamma e Papà Pig.

Dunque, sono partita per la palestra: con il filo di senso di colpa di cui sopra, perché avevo ignobilmente approfittato della Mamma-nonna per qualcosa che esulava dallo studio cui mi sarei dovuta alfierianamente dedicare; e perché, appunto, mi sembrava un po’ da incoscienti ad andarci essendo stata male.
Ma lo dovevo e lo volevo fare per me e per Pulci: perché il senso di colpa maggiore è quello per la pancia che continua spropositatamente a crescere e per la fame che sembra non abbandonarmi mai. Ma anche perché quando aspettavo la Princi sono andata in palestra fino al quarto mese circa: e proprio ieri mi…aqquartavo. Poi, comunque, mi sono resa conto che la pesantezza di gambe serale la evito se mi muovo un po’: e non importa se oggi, poi, cammino come Robocop.
Insomma: per un’ora mi sono rilassata, anche se ovviamente ogni tanto alla Princi ci pensavo. Poi, tornata a casa, ho iniziato a cospargere pavimento, tavoli, sedie di fotocopie, appunti, quaderni, evidenziatori: ed è stato un altro tuffo nel passato, ai tempi in cui ogni sera la trascorrevo a mettere in ordine il caos ordinato della mia futura tesi di dottorato e non a risistemare per la centesima volta la cucinina che ora troneggia nel soggiorno. Accendere il computer a casa; lasciarlo acceso per più di un quarto d’ora: e chi se lo ricorda più?


effetti di colore a mano e... con forchettate
Così, con questa leggerezza e felicità per essere riuscita almeno a dare una scaletta ai miei pensieri e prepararli per il giorno dopo, sono andata a riprendere la Princi. Che, in verità, grazie anche alla presenza del suo cuginetto, si era molto divertita. Unico neo: in tutto il giorno, dalle 7 di mattina, aveva dormito solo un’ora scarsa. E il fatto che abbia poi compensato questa carenza con un’altra oretta prima di cena non è stato d’aiuto, anzi: dopo mangiato non ne voleva sapere di chiudere bottega. E questa volta Santa Peppa ci ha messo il .. pennello fra le ruote: perchè in uno degli episodi cui abbiamo assistito, lei e George dipingevano con le zampette, alla Princi è tornato in mente quando lo abbiamo fatto in casa e voleva rifarlo, subito. Poi voleva estirpare gli adesivi in gel dal mobile del salotto; poi ha voluto il latte, poi non lo voleva più; poi per dormire voleva la mamma, poi voleva il papà; poi credo si sia addormentata nel lettone: ma di più non si poteva fare.


disegno fatto...con i piedi
Temevo che la notte sarebbe stata tempestosa: ma la bufera si è spostata al mattino. Perché, per la legge di Murphy o per il semplice contrappasso dantesco, a una giornata di leggerezza e recupero energie doveva seguire qualcosa di devastante. E la crisi serale non poteva essere sufficiente. Come promesso, la mattina ho tirato fuori colori, album, tovaglia e pure sacchi di plastica per difendere il pavimento dall’impeto di Picasso. Ma come a dire: «Mamma: tu ieri mi ha abbandonata? E ora vedi che ti combino» la Princi ha comunque trovato il modo di combinare un macello. Pitturandosi molto meno dell’altra volta, è vero; ma decidendo a un certo punto di … trasformarsi in dalmata sprimacciandosi l’occhio con la mano inzuppata di nero. E così la doccia è stata una tragedia al massimo grado.
 
dalmata in azione
L’ho piazzata nella bacinella e sebbene sentissi un rumore d’acqua di sottofondo non mi sono alzata a guardare: nella fretta ho sistemato male una bacinella che, aprendo il rubinetto del bidet, ha provocato una piccola inondazione del bagno. Così non ho dovuto ripulire solo una stanza: e, fra l’altro, contavo sul fatto che tanto fervore artistico facesse addormentare la piccola Pollock. Invece per riuscirci siamo dovute uscire a passeggiare: pisolo di tre quarti d’ora, durante il quale mi sono massacrata al pensiero di quanto le avessi risposto innervosita durante questo esperimento laboratoriale.


Forse respirare troppa aria di libertà mi ha fatto male. Forse dovrei invece respirarne di più e più spesso.
Vai a saperlo: come ho scritto nell’ultimo post, non è abbastanza interrompere la colazione per prepararle il latte in fretta e furia; non è abbastanza leggerle ogni mattina gli stessi libri per tenerla incollata al vasino; non è abbastanza asciugare dove allaga il pavimento di pipì mezzo secondo dopo essersi alzata dal vasino; non è abbastanza permetterle di giocare con tutto ciò che trova sulla sua strada (trucchi, spazzole, cellulari…); non è abbastanza uscire carichi di borse anche se si starebbe volentieri a casa solo per cercare di addormentarla o per portarla in posti potenzialmente divertenti; non è abbastanza condividere con lei il proprio piatto a pranzo e cena; non è abbastanza giocare  assieme con la cucinetta, disegnare, guardare tutti assieme Peppa Pig, ascoltare la musica che decide lei per farla ballare, cantare per mezz’ora per riuscire a farla dormire nel suo lettino, prendersi i suoi calci nella schiena se si risveglia di notte e zompa nel lettone. Non è abbastanza: la frigna ha sempre un margine di libertà non previsto.
Speriamo che stasera sia meglio. Speriamo che abbia dormito un po’ nel pomeriggio. E ieri sera, alla faccia del mio senso di colpa, avrei fatto bene a proporre a Lui di uscire a prendere un gelato: forse si sarebbe addormentata in auto o nel passeggino e ci saremmo evitati tutto quello stress.

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