lunedì 19 agosto 2013

Perché voglio comunque (e ancora) nascere a Gorizia.






Non è stata una scelta semplice: non ci ho dormito per settimane. Ho soppesato pro e contro, ho fatto un tuffo nei ricordi, seppur recenti, e ho cercato di immaginare il futuro.

Anche la mia ginecologa, quella che ha sempre avuto una parola e un gesto gentile quando aspettavo la Princi, quella che si è fermata oltre all’orario di lavoro per vederla nascere, anche lei se n’è andata dal reparto. Complice l’incertezza sul destino del Punto Nascita, la prospettiva di un accrescimento professionale, lo stress provocato da continue polemiche e botta-risposta su ciò che sarà.

Purtuttavia, la visita per avere la conferma di questa nuova gravidanza l’ho fatta da lei, ma storcendo il naso. Era la terza volta che andavo in quell’ospedale e come ogni volta mi sono persa: una volta andando, una volta tornando, una volta all’interno, una volta – quando la Princi aveva l’otite – ci siamo persi tutti e tre nel tragitto dal Pronto Soccorso alla Pediatria. Ricevendo poi un trattamento discutibile: perché secondo chi ci ha “accolto” (parola troppo gradevole per l’atteggiamento usato) noi eravamo lì perché la bimba piangeva senza trovare pace. Non perché aveva l’otite che poi le hanno riscontrato.

Ma a farmi storcere il naso sono state una serie di altri motivi: andare in un ospedale “non mio”, più simile a un aeroporto che a un nosocomio; sentirmi un numero fra numeri da smaltire; dover attendere un’ora e mezza prima di essere visitata.

No: quel partificio non fa per me.
Ne avevo anche già parlato con la dottoressa C. dicendole che spostandosi mi aveva messo in una forte crisi di coscienza dato che, se era vero che con lei mi ero trovata bene, era altrettanto vero che mi ero trovata perfettamente a mio agio con il personale del reparto: ostetriche, infermiere, persino con la signora delle pulizie che ogni giorno diceva di volermi rapire la Princi, unica femminuccia fra sette maschietti.

Devo essere onesta: a farmi desistere dall’idea di un parto in trasferta sono state anche l’idea di essere inserita in un sistema di visite e controlli piuttosto rigido e che mi avrebbe chiesto il costante uso di un navigatore per arrivare a destinazione e, non ultimo, l’aumento della parcella della dottoressa: che, fra l’altro, sarebbe una botta di … troppo esagerata se anche questo giro fosse in zona allo scattare dell’ora X.  

Certo: mi mancherà.
E qui sono entrati in campo i ricordi. Lei che a ogni controllo sapeva quanto penoso fosse per me l’incontro con la bilancia; lei che cercava di dissipare le mie paure per il peso e la pancia che aumentavano; lei che mi diceva di non dar retta a chi diceva di non mangiare questo o quello durante il corso pre parto; lei che mi era vicina durante l’allunaggio e mi incitava contraddicendo l’ostetrica E. dicendole che ero bravissima; lei che ci ha abbracciati e baciati entrambi (Lui e io) una volta vista la Princi, subito dichiarata “bellissima”.

Però poi ho ricordato anche il corso  in piscina; le ostetriche sempre sorridenti e disponibili che ti conoscevano per nome; l’ostetrica A. che a ogni monitoraggio guardava con tenerezza quello che chiamava “il mio pancino”; l’atmosfera di familiarità che mi ha reso per certi versi difficoltoso il giorno delle dimissioni e che rendeva invece piacevole ogni visita e controllo.

Ma poi, com’è giusto, alle considerazioni sentimentali sono subentrate quelle pratiche, anch’esse condite di ricordi. La maggiore vicinanza alla Mamma-nonna, anche lei soggetta a peregrinazioni in tutta la regione prima di raggiungere l’ospedale-aeroporto; la maggiore vicinanza a tutti, che così potranno nuovamente inondare la camera appena sarà compiuto l’allunaggio; la possibilità per la Princi di venire immediatamente a conoscere il suo nuovo coinquilino/a (possibilità rigidamente negata nell’altro ospedale); e poi, a dirla tutta, un buon incentivo è stato sapere che il dottor C (quello che mi voleva rispedire a casa senza essersi accorto che avevo perso le acque) non è più nell’organico dei medici.

Il resto poco importa. Non importa se il/la Pulci nascerà di qua o di là da un confine che non esiste più e che attraverso quasi quotidianamente per pannolini, pizza o vestiti. Se servirà, lo attraverseremo anche per vederlo e conoscerlo: e così sarà ancora più libero/a da valichi mentali di quanto non siamo noi.

E al di là di tutto questo, il motivo per cui voglio comunque nascere a Gorizia è uno.
Perché è la mia città e ci sono affezionata, anche se a volte la denigro per la sua indolenza e per il suo scarso entusiasmo.
Il/la Pulci non è e non sarà meno importante della Princi, seguita con visite private; ma visto che durante la sua gravidanza e la sua nascita tutto è andato liscio conto sia così anche in questo caso.
 
 

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