Non c’è che dire: entrambi hanno il senso
dell’umorismo e del divertimento.
Il/la Pulci anche
ieri, quando il dottor D. ha iniziato il suo tour virtuale nello shuttle
attraverso l’ecografo, ha iniziato a
palleggiare. Rimbalza su e giù. Ma non solo.
«Hai visto che ti ha fatto ciao con la manina?».
Siamo scoppiati a
ridere, Lui ha esclamato «Che figo!»: e se mi fossi girata a guardarlo credo
che avrei visto un luccicore all’occhio. Perché è venuto pure a me.
Il resto della visita
è stato una piacevole sorpresa. Nel senso che non ci aspettavamo un controllo
così accurato e un atteggiamento tanto premuroso da una visita “della mutua”.
Che si è aperta con il cavallo di battaglia
del dottor D.:
«Lei di dov’è? Di
Gorizia con quel cognome?»
A parte il fatto che viviamo in una città ex di confine in cui i cognomi in “–ch”
sono ordinari: fossimo a Bologna o Milano il suo stupore sarebbe giustificato.
Ma forse il tutto è sollecitato anche dall’attuale situazione del punto nascita, probabilmente usato molto più da
donne straniere che da italiane le quali, come avevo pensato per mezzo secondo
di fare anch’io, hanno seguito i loro ginecologi di fiducia migrati in altri
lidi meno a rischio chiusura, più all’avanguardia, più frequentati. Ma di
quanta ansia mi abbia provocato la decisione di farmi seguire lì dove è nata la
Princi parlerò in un prossimo post.
Altro stupore per il
dottor D., legato proprio alla questione dell’elevato numero di forestiere che
visita, è giunto dalla mia prontezza nell’estrarre dalla cartellina analisi del
sangue, cartellina compilata in ospedale a seguito della traslucenza,
appuntamento per la morfologica.
Il terzo momento in
cui è rimasto a bocca aperta è stato quando gli abbiamo detto di avere una
bimba di un anno e mezzo:
«Ah! Fuori il dente, fuori il dolore!», che è una delle tante frasi, diciamo di circostanza, che
ci si sente rivolgere al secondo arrivo. Non oso immaginare al terzo.
«Sì, ma se non posso
mangiarlo…»
«Lo può mangiare: a patto che sia stagionato di
16-18 mesi!».
Ip ip urrà per il
dottor D.!
Però siamo rimasti entrambi
davvero molto soddisfatti, anche dall’ostetrica che lo affiancava: la stessa
che, quando aspettavo la Princi, è uscita in corridoio urlando:
«Chi è la donna gravida?» facendomi
abbassare le orecchie da mucca che in quel momento mi sono sentita spuntare.
Ieri, invece, sono
stati entrambi molto gentili: il medico mi ha addirittura prescritto una visita cardiologica perché Lui si è
ricordato che anni fa gli avevo parlato di un soffio al cuore che avevo alla
nascita e di cui non mi sono mai preoccupata; e si è poi preoccupato, persino all’eccesso,
per i globuli rossi un po’ più bassi del normale, perché sono un pò sottopeso
(e questa è stata per me la migliore notizia della giornata) e perché tendo ad
avere un umore ballerino. Tanto che, dopo
un pippone di mezz’ora sulla toxoplasmosi («Sa cosa evitare? Sa come
comportarsi?»), si è lasciato scappare:
«Cosa le piacerebbe
mangiare? Le piace il prosciutto crudo?».
L’ostetrica, dal canto
suo, mentre mi visitava mi ha consigliato di farmi aiutare, soprattutto quando saranno effettivamente in due: «Magari
l’asilo nido, valuti questa ipotesi».
E così oggi sono piombata nello sconforto: perché
mi pare che tutti attorno a me mi stiano indicando modelli di comportamento
verso i figli per dirmi che ciò che stiamo facendo noi è sbagliato.
Ma veniamo alla Princi, che anche ieri ci ha fatto dannare per un pisolo di
un’ora e un quarto da cui è stata sopraffatta facendosi cullare in braccio,
ovviamente da me.
La sera l’abbiamo portata alla sagra insieme a G. e
al cuginone V.
Prescindendo dal fatto
che avevo una fame colossale e lei si è
spolpata tre quarti del mio pollo e metà del mio strudel, mi sono divertita un
sacco a vederla piroettare sulla pista. Questo prima che venisse travolta
da una coppia di ballerini impegnati nell’alligalli per finire poi la serata
tra i pianti più acuti: perché, naturalmente, quando la pista ha iniziato a
riempirsi lei non poteva stare nella porzione ancora non trafficata ma è dovuta
rimanere in mezzo a volteggi e casquè.
Ma prima di
precipitare si è divertita a inseguire gli altri bambini e bambine che
ballavano come lei, altri che facevano le bolle di sapone, iniziando poi a
sculettare con le mani sui fianchi e a tirarsi su sulle punte fino a ricadere
per aver ecceduto nel collo del piede. E rideva. E volteggiava. E gli occhi
le brillavano come non mai. E batteva le mani quando la musica stava per finire
come se conoscesse già la melodia. E’ stata uno
spettacolo, anche se ho dovuto correrle
dietro: ma, tutto sommato, le corse sono state meno di quelle a cui mi ha
costretta nelle ultime cene fuori.
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